Mondo Politica
14 Novembre 2024, 07:04
Parliamo di cose concrete
COSA C’E’ DI NUOVO? CAMBIA IL MONDO,
MA NOI CE NE ACCORGIAMO?
Andrea Iannamorelli
Attenzione: come si diceva già da qualche mese, le elezioni americane potrebbero imporre notevoli cambiamenti ai rapporti di forza nel mondo (tra Paesi e blocchi continentali; soprattutto tra corpi sociali e quindi tra le persone); forse potrebbero anche far emergere nuovi e sconosciuti valori. (Che potremmo chiamare “disvalori”, contrapposti a quelli nei quali la mia generazione è stata educata).
Trump, rieletto Presidente per la seconda volta (già questa notizia è “stravolgente”) a distanza di una legislatura, nonostante l’esito drammatico ed inedito per l’America e per il resto del mondo, al termine dell’elezione di Biden quattro anni fa, sostenuto con forza (finanziaria e quindi “politica”) da Musk, con l’impegno di farlo Ministro (DOGE, un acronimo che sta per Department of Government Efficiency: vale a dire il Ministero dell’efficienza. Anche se lui avrebbe già detto di non essere interessato a questo ruolo…) ha promesso di tutto: la fine delle guerre in atto, in Europa e in Medio Oriente; forti cambiamenti della NATO; dazi doganali per gli scambi commerciali degli altri Stati con l’America; blocco delle immigrazioni, almeno per quanto ha riferimento alle attese di quanti aspirano ad entrare negli USA, anzi, subito, “rimpatri forzati”; “carta bianca”, appunto, ad Elon Musk, il magnate miliardario dell’era che viviamo, quella digitale (“comunque mi lascia il petrolio”, ha detto il tycoon nel discorso della vittoria. Cosa che ha senso soltanto se la “sua” America, quindi “lui”, decide di abbandonare le istanze globali e le forti opzioni per le fonti energetiche rinnovabili…Intanto ha annunciato che non parteciperà al Cop29, la riunione delle Nazioni Unite sul delicato argomento dei mutamenti climatici, destinata a fallire, a questo punto; se non andrà Trump). Avendo conquistato la maggioranza alla Camera e al Senato (e qui si registra un secondo dato di novità, nella storia americana), non ha fatto riferimento all’ipotesi di cancellare l’impedimento a riproporsi una terza volta. (Sai che ci mette a farlo fare, se decide che gli conviene!).
A questo punto, scusatemi, valgono poco alcune “dotte” e stimolanti osservazioni che si leggono in questi giorni: di Massimo Cacciari (“non ha vinto Trump, ha perso la sinistra”); oppure di Mario Ajello, con le “riflessioni” postume, anche queste riferite alla sinistra e quindi fuori dal merito proprio dell’autore, sulle “lezioni americane di Calvino”: la leggerezza, la rapidità, l’esattezza, la visibilità, la molteplicità e la coerenza. Sinceramente mi chiedo cui prodest, cioè a chi può interessare leggere analisi attualizzate all’oggi degli appunti di Italo Calvino redatti tra l’85 e l’86 del secolo scorso per le sue lezioni all’Università di Harward e raccolti in un libro editato, se la memoria non m’inganna, alla fine degli anni ottanta, in pieno regime “reaganiano”; è vero riferito al secolo successivo, il presente, ma sempre pensate con la cultura del secolo nel quale furono prodotte. Sono passati più di quarant’anni, una generazione; tutto è diverso, in America e nel resto del mondo. Appunto, noi che leggemmo Calvino oramai, perlopiù, siamo alla chiusura del “nostro” ciclo di vita. I giovani non saprebbero proprio comprendere come e perché Calvino tenne quelle memorabili lezioni sull’America di allora!
E mi viene spontaneo dire che, se ci penso bene, capisco perché Trump oggi vince in America: non c’è in giro, dall’America all’Europa, dopo l’abbattimento del “muro” di Berlino, una visione politica davvero nuova. Magari esistono nuovi protagonisti dei potentati, la Cina, ma per il resto, dal Medio Oriente all’Africa le situazioni, rispetto alla metà del secolo scorso, non è che siano cambiate di molto.
Ed il mondo, quindi, di fronte alla rielezione del tycoon dà l’impressione di rimanere a guardare e, senza farlo vedere, a seconda delle situazioni, gioisce o si preoccupa.
La verità è che questo è un dato che la cronaca ci offre e sul quale vale la pena di sviluppare alcune riflessioni che ci riguardano come Abruzzo, come Italia, soprattutto come Europa, se vogliamo continuare ad esistere e a contare qualcosa.
Innanzitutto, noi (come Abruzzo, come Italia e come Europa, soprattutto) dobbiamo davvero guardarci dentro. Se Trump riesce a mantenere “le promesse elettorali” ci fa bene o ci fa male?
Detto con franchezza i dazi doganali ci preoccupano. Alla “nostra” economia, fatta di export (di beni e servizi) significativi, un’economia segnata dai dazi doganali, pertanto “protezionistica” e “chiusa” (gli esperti l’hanno già detto), costerebbe qualcosa tra 4 e 7 miliardi l’anno. Nell’attuale situazione italiana sarebbe un disastro indicibile.
Poi “promettere” di far finire le guerre in atto, in Europa ed in Medio Oriente, e lanciare l’idea di un’economia “paleolitica” di tipo “curtense”, mi sembra una palese, incomprensibile…contraddizione. Storia alla mano, i dazi ed i blocchi doganali hanno sempre generato guerre, tra i popoli. O mi sbaglio?
L’ipotesi di politica estera trumpiana, emersa dalla campagna elettorale, è l’aggiornamento di un vecchio concetto che conosciamo bene. America first. Oggi, raccolto da MEGA, il movimento populista da lui fondato, si traduce in Make America Great Again, praticamente rendere l’America di nuovo grande, ma da sola, senza alleati storici. Gliel’abbiamo sentito dire: “tutti ci devono temere, anche gli alleati” da qui nasce l’ipotesi di revisione dei rapporti nella NATO.
E noi che siamo cresciuti (dopo una faticosa ricostruzione materiale, culturale ed etica, impostaci dall’esito della seconda guerra mondiale, evidentemente al tempo della guerra fredda, del muro di Berlino e di quant’altro, che forse, dopo i decenni che stiamo vivendo impariamo a “rimpiangere”) nella consapevolezza della valenza della politica sui poteri dell’alta finanza, più che dell’economia le cui scelte abbiamo sempre tentato di guidare e orientare a vantaggio degli equilibri più opportuni per una pace sociale fondata sulla convivenza e vantaggi complessivi, noi difficilmente possiamo capire queste “stranezze”, queste novità.
Meloni dovrebbe saperlo: mettersi nelle mani di un miliardario come Elon Musk, sinceramente a noi intimidisce e fa paura.
È ovvio che lui (Musk) alla profferta (del tycoon) del Ministero dell’efficienza, dica, più o meno, “no, grazie”. Per lui è conveniente fare gli affari nel merito delle questioni che si affrontano. Trump dice di voler far cessare la guerra tra Putin e l’Ucraina? E Musk, prende il telefono e parla direttamente con Zelensky. Stabilisce rapporti diretti con chi deve “soccombere” per entrare nella ricostruzione a costi certamente concorrenziali rispetto a quanti entreranno nella “ricostruzione” delle macerie ucraine. Lui non ha interesse a guadagnare sul cemento. Lui guadagna su altro, su tutto il resto. Rispetto alle questioni aperte relative ai rapporti tra magistratura e Governo sulla gestione degli emigranti in Albania, Musk ha l’ardire di postare su “X” un “suo” “questi giudici debbono andare via”: hai capito? In nome di chi parla? Glielo ha chiesto Trump o qualcun altro?
Questo deve ben saperlo chi ci si affida. Per il momento Trump lo ha utilizzato. Vedremo cosa accadrà.
Quello che può sembrare stravagante è l’interessamento di Palazzo Chigi a Elon Musk.
Infatti, quanto all’Italia e quindi a “noi”, di questa fetta derelitta d’Italia, la questione appare molto più complessa.
Che fine farà la Nato, appunto? È la prima domanda alla quale dovremmo avere una risposta convincente. Sono destinati ad aumentare gli impegni per gli approvvigionamenti militari?
Che fine farà l’UE? È la seconda domanda. E, per stare alla stretta attualità, che legge di stabilità ci aspetta, che fine faranno i fondi del Pnrr. I segnali non mi sembrano “entusiasmanti”. Si riparla di “tagli” e su alcune partite, come quella difficilissima della velocizzazione della Pescara-Roma, nonostante i tentativi di Marsilio, pare che Salvini voglia mettersi di traverso.
Magnacca dice che per la ZES si riparte. Davvero? Finora si sente parlare soltanto di una striscia di territorio, interessato. Vedremo. Mentre il silenzio più cupo regna in materia di “automotive”. Insomma, Atessa e Sulmona sono davvero destinati, chi vorrà (s’intende) a “trasferirsi” in Polonia, se non intende perdere la professionalità acquisita nel comparto?
In queste ultime ore, tuttavia, ci sarebbero due notizie interessanti: gli investimenti per la parziale diffusione della fibra ottica (saremmo parte integrante del Lotto 3 dell’investimento di potenziamento, che ci riguarda insieme a Marche ed Umbria…guarda caso da qualche parte si rivota per la governance regionale; l’Abruzzo è coinvolto per 175mila abitazioni) e “la Riviera del Gigante” (che sarebbe, nella metafora, il Gran Sasso) che interessa, per il brand che nasce sulla costa, sette Comuni del teramano (da Martinsicuro a Silvi Marina). È cosa buona che si tenti di mettere in piedi qualcosa di “sistemico” per attrarre turismo: è evidente che se il sistema funziona, chi arriva per bagnarsi nel nostro adriatico, sapientemente condotto da agenzie professionalmente attrezzate, potrebbero scoprire anche il resto dell’Abruzzo. Auguriamocelo; nelle sedi giuste (pubbliche e/o private che siano) chiediamolo. Facciamo rete, come si dice, Senza timidezze o vergogne.
Certo pensare che a Castelvecchio Subequo nasce ed opera un comitato permanente di genitori per reclamare il diritto dei propri figli a continuare ad avere una scuola locale da frequentare e chiedere deroghe agli schemi statistici che vanificherebbero questo diritto, è deprimente. La “ratio” è la stessa che genera le inefficienze del Servizio Sanitario Nazionale!
Fino a qualche decennio fa a diversi livelli istituzionali, da Roma a L’Aquila, si portavano in discussione leggi o provvedimenti speciali a difesa della montagna e delle sue popolazioni.
Oggi un’iniziativa del genere è impensabile anche perché le possibilità di ripopolamento dei piccoli borghi dovrebbero passare attraverso una politica dell’immigrazione totalmente differente da quella che faticosamente si tenta di attuare e genera soltanto conflitti istituzionali, all’interno, e perplessità nei rapporti dell’Italia con altri Paesi, europei ed extraeuropei. E ora rischiamo anche di delegare a Musk la linea da “dettarci”. (Chi pensa di aver cancellato la Costituzione?).
Insomma, il mondo cambia e noi non possiamo far finta di non accorgercene. Anche se nel merito alcuni, forse troppi cambiamenti non ci piacciono. Tuttavia meglio starci dentro, per adeguarli ai nostri bisogni, migliorarli, assecondarli, contrastarli, a seconda delle opportunità.
Sostanzialmente proprio come propone il modello Trump; il quale si capisce che forse vorrà comportarsi con gli alleati storici dell’America in relazione all’interesse preminente del suo Paese.
Un bel passo indietro, rispetto al disastroso secolo scorso. Che Dio ci aiuti!