Interventi
24 Agosto 2025
IL DRAMMA DELL’ORSO BRUNO MARSICANO
Franco Zunino, segretario AIW
Al solito, non c’è peggior nemico di una causa, quale essa sia, di chi la sostiene non per la causa in sé ma per utilizzarla a sostegno delle proprie ideologie! Succede anche nel caso dell’Orso bruno marsicano. Prendiamo l’esempio della diatriba scatenata dalla morte dell’ultimo esemplare trovato lo scorso aprile in località “Forca Caruso” del Comune di Ortona dei Marsi, all’esterno del Parco Nazionale d’Abruzzo. Dopo 4 mesi finalmente le autorità del Parco hanno rilasciato e diffuso ai media l’esito della necroscopia. In pratica, formalmente non si sa di cosa sia morto! Neppure intuitivamente. Ma non lo si sa perché si è utilizzato solo il metodo scientifico-giudiziario. E, si sa, la scienza vuole dati che comprovino il motivo della morte. E così li vuole la magistratura. Senza questi dati ecco che risulta che l’orso (purtroppo un bell’esemplare maschio del peso di ben 203 Kg, che non è cosa consueta in Abruzzo!) dovrà teoricamente iscriversi ai casi di morte naturale. Purtroppo non è così.
Un orso non muore di morte naturale là dove è stato trovato morto quell’esemplare. Quindi si tratta di morte causata da fattore non dimostrabile, ma presumibilmente, utilizzando la logica e la conoscenza comportamentale dell’orso, risalente ad atti riconducibili all’uomo. Ed ecco che salta fuori l’ideologia! Nel caso dell’orso non può che essere l’odio verso la caccia, che in questo caso non c’entra nulla, anche perché i pallini da caccia agli uccelli rinvenuti in alcuni parti del corpo dell’animale caso mai fanno pensare a spari di chi ha subito dei danni dall’orso e che, come le autorità che utilizzano palle di gomma per spaventare gli orsi “problematici” (l’occhio accecato del povero Juan Carrito, forse ne sa qualcosa!), con irritazione, ha ritenuto di difendere i propri pollai, stalle ed orti sparando con solo volontà di far allontanare l’animale. Ovvero, con quei pallini ha certamente voluto solo spaventare l’orso, ben conscio, chi li ha usati, che per abbattere un orso servono pallottole o pallettoni!
Eppure le autorità, non sapendo a chi addebitare la morte di quest’orso, alla fine del loro comunicato, non potendo prendersela con l’uccisore, finiscono per “attaccarsi” a quei pallini (peraltro “piccoli” e che “non sono stati causa della morte”, come sostenuto dalla necroscopia, che ha anche ribadito: “sappiamo sicuramente di cosa non è morto, ovvero veleno, investimento e arma da fuoco”!) per un commento finale che non c’entra nulla con la reale ragione della morte dell’orso. Ragione che avrebbe dovuto, caso mai, far indirizzare la critica a tutt’altra motivazione, dimostrata dalla località dove avvenuta la morte, ovvero lontano dal suo areale primario di vita, segno quindi di allontanamento; allontanamento verso cosa, se non una fonte di cibo di cui l’orso andava alla presumibilmente alla ricerca?
E, allora, ecco che dall’intuizione di questa fonte si può giungere alla vera ragione della sua morte, che, sempre presumibilmente, potrebbe essere proprio quella indicata da qualcuno: prodotti con effetti velenosi non tracciabili alle analisi (e pare che oggi ce ne siano in circolazione non pochi!). Ragion per cui, alla fonte della motivazione vera della morte di quell’orso ci sta: uno, l’allontanamento dell‘orso dalla sua area abituale di vita; due, la ricerca di un cibo che non trova più in detta area. Due cose che portano alla suddetta ipotizzabile vera ragione della morte. Una ragione che farebbe addebitare ai “gestori dell’orso” la responsabilità originaria della sua fine! E, ritornando all’inizio di tutto questo argomentare, sia le autorità del Parco sia chi ne contesta l’analisi della ragione della sua morte, la smettano di dare addosso al un fenomeno “bracconaggio all’orso” che in Abruzzo non c’è mai stato! Già nel Medioevo si sapeva che il bracconiera era chi cacciava illegalmente per procacciarsi cibo, ovvero una preda da portarsi a casa, sia come cibo sia come, soprattutto ai giorni nostri, come trofeo. In Abruzzo l’orso è sempre stato ucciso solo per una ragione: la difesa della proprietà (leggasi animali domestici quali prodotto di attività economica rurale).
Nonostante questo, al mondo forse non c’è mai stata una popolazione umana che amasse e rispettasse tanto l’orso quanto la gente d’Abruzzo! Tutti i problemi relativi alla sopravvivenza dell’Orso marsicano sono strettamente legati a questi fattori. Le autorità del Parco si facciano un esame di coscienza e si chiedano in cosa hanno sbagliato negli ultimi cinquant’anni da che si occupano della sua gestione! Parafrasando un famoso titolo di un libro (Custer è morto per i vostri peccati!) dedicato al problema della sopravvivenza dei Nativi americani e scritto da uno di loro: l’orso marsicano sta sparendo per i vostri errori! E la smettano di cercare nel cacciatore (alias bracconiere, almeno per loro!) l’unico nemico dell’orso, come sembra continuamente fare il Direttore del Parco con le sue dichiarazioni alla stampa, al solito contraddicendosi non poco e in barba ai giornalisti che lo intervistano (sul citato orso morto ha iniziato col dire che era stato sparato non appena fu rinvenuto il corpo, poi ne sostenne l’avvelenamento certo di trovarne le tracce dalla necroscopia, per infine ritornare alla prima versione dopo la mancanza di tale prova, adattando la propria convinzione a quanto riscontrato con la necroscopia la quale aveva segnalato la presenza di piccoli pallini da caccia, dichiarando – RAI 3 regionale del 22.8.2025 – “…qualcuno, sì, anche dopo che l’animale era agonizzante, ha sparato e questo è un fatto comunque grave, comunque preoccupante…”: ovvero, asserendo lui quello che nessuno poteva sapere visto che l’animale è stato rinvenuto 48 ore dopo la sua morte, e che anche chi ha refertato non ha dichiarato, che qualcuno avrebbe sparato all’orso lì sul posto quando l’animale era ancora agonizzante!
Queste sono illazioni più che ipotesi, mentre ipotesi sono quelle succitate da chi scrive: è un’autorità dovrebbe sempre fare solo ipotesi e non illazioni di fronte a fatti di cui non si conosce la ragione! Infatti illazione è anche il riferimento (sempre nella suddetta intervista) al “calibro” dei suddetti pallini, termine che non indica la dimensione dei pallini da caccia, ma di pallottole, cosa che porta l’ascoltatore ad immaginare ben altro che ad un mero fucile da caccia a piccoli uccelli come stabilito dalla necroscopia!