Piano di azione per la salute mentale

Il ministero della Salute ha da poco inviato alla Conferenza unificata, l’organismo in cui si confrontano i rappresentanti del governo e quelli degli enti locali su temi di interesse fondamentale come la salute pubblica, il nuovo Pansm (Piano di azione nazionale per la salute mentale 2025-2030).
Sull’argomento, di strettissima attualità visto l’allarme continuo che viene lanciato negli ultimi mesi dagli operatori del settore, in particolare sull’emergere di sintomi sempre più evidenti nella popolazione, in particolare nelle fasce più giovani, interviene Famiglie in rete, ente del Terzo settore che riunisce associazioni impegnate nell’ambito della salute mentale caratterizzate dall’essere costituite esclusivamente da familiari e utenti.
Famiglie in rete è presente in 17 regioni italiane con 21 sigle e 5.190 adesioni.
 L’associazione di enti espone le proprie osservazioni premettendo, innanzitutto, una serie di apprezzamenti. Tra questi: la scelta del Dipartimento integrato e il ruolo al suo interno di famiglie e utenti; il riferimento a interventi individualizzati, obiettivi realistici, valutazione dell’esito, case manager; il riferimento al budget di salute, alla collaborazione nella progettazione con famiglia e associazioni di familiari e utenti, alla partecipazione attiva degli esperti per esperienza; l’attenzione a tutte le persone con disturbi mentali autrici di reato, sia detenute/imputabili sia non imputabili in misura di sicurezza; l’idea di un maggior governo della transizione tra i servizi al raggiungimento della maggiore età degli utenti. 
 Vengono, però, rilevate anche importanti criticità.
“Affinché le azioni di un Piano vengano realizzate in modo efficace”, spiegano i responsabili, “esso va accompagnato da risorse dedicate adeguate, da misure che ne rendano possibile l’attuazione, da un sistema di governance che in tutti i passaggi decisionali sia aperto a tutti gli attori. Su queste tre questioni il Piano è silente o incompleto”.
 Famiglie in rete, dunque, avanza le proprie proposte. Tra queste:
1. aumentare la quota del Fondo sanitario nazionale (Fsn) destinata alla salute mentale che dovrebbe raggiungere in tutte le regioni almeno il cinque per cento, con incrementi progressivi fino agli standard europei (10-15%);
2. facilitare l’assunzione di personale specializzato;
3. Integrare i servizi
4. Rafforzare la governance