Corsi e ricorsi storici

DA ESIODO ALLA CAMPAGNOLA E DAGLI OMINIDI AGLI OMUNCOLI

Prima parte. “La guerra è un atto contrario alla ragione umana e a tutta la ragione umana.” (Tolstoi, da “Guerra e pace”)
Un rombo lontano e cupo fu sovrastato e poi soffocato da un plumbeo, greve polverone, che infine si diradò in seguito all’azione di ottocento pale dei mulini a vento ruotate vorticosamente dalle lance di don Chisciotte e del suo stato maggiore costituito dal palafreniere Sancio Panza e dalla compiacenza della contadinella Dulcinea del Toboso che la fantasia del signorotto avrebbe voluto trasformare in un’ideale principessa. Era un minaccioso annuncio della nascita di un mostriciattolo partorito su un promontorio roccioso da una pitecantropa (femminile di “homo erectus”); quel mostricino, uomo (antropos)-scimmia (pitecos), indossava una magliettina incredibilmente con la scrittura, sul pettorale, di “guerra” e con accanto il disegno di un moschetto modello 91 (quello della grande guerra), mentre sul dorso appariva la scritta “pace” con accanto disegnato un laboratorio di bombe nucleari. Nel frattempo a Roma l’eterno Meo Patacca spopolava le discoteche con le sue bravate alle spalle di Rugantino. Quando cominciò a spuntare giorno la tempesta fredda si placò e le tenebre si alternarono alle prime timide luci rafforzate dai piccoli balenii delle lucciole.
Intanto si apriva lo scenario su un mondo relativamente primitivo. Esiodo, cantore dell’antica Grecia vissuto otto/sette secoli a.C., è famoso soprattutto per “Le opere e i giorni”, ove si rivela un aedo, che oggi definiremmo poeta, per la descrizione minuziosa e per i consigli preziosi dei lavori che vanno praticati sulla terra e per aver vinto un certame poetico con Omero (quale Omero? Considerato che vi furono diversi cantastorie, secondo molti critici, che intesserono storie di carattere epico; a meno che Omero non sia quello che ha collazionato e riassunto le dette storie): Esiodo forse vinse perché, realista, si attenne a riferimenti etici e non a quelli eroici a cui aveva attinto l’autore dell’Iliade e dell’Odissea, visto che i suoi tempi erano di per sé eroici; e quel che più interessa egli manifesta la sua condizione di autentico contadino: quindi dell’ “homo sapiens” che aveva riscattato la natura animalesca dell’ “homo erectus” e perciò lo potremmo definire “uomo nuovo” di allora. Il poeta descrive l’importanza, anzi la necessità, del lavoro nei campi da parte dell’uomo, nelle varie fasi sull’avvicendarsi dei cicli stagionali nelle varie età della storia, facendo riferimenti chiari alle epoche remote (età dell’oro, in cui l’uomo vive senza preoccuparsi della produzione del cibo, ma mangiando erba e frutti e altri prodotti che la terra offre spontaneamente; l’ultima età, quella del ferro, in cui è la stirpe che tuttora vive sulla terra caratterizzata dalla sofferenza, dalla necessità di dover procurarsi il sostentamento con la propria fatica). Insomma l’aedo greco esalta il lavoro come strumento per valorizzare l’uomo che collabora con la natura e porge consigli pratici agli agricoltori.
 Purtroppo l’umanità intera non apprezza la natura espressa nel mondo georgico e bucolico, ma pensa solo alle risorse belliche. La “Batracomiomachia” è un poemetto dell’antica Grecia che alcuni critici ritengono possa essere stato scritto da Omero. Il lavoro appare come una parodia ironica dell’epica eolica in quanto vede come protagonisti impegnati in un conflitto ridicolo tra animali ridicoli: la lotta è inutile, quando non è tragica o assurda, scoppiata per ragioni futili. E ciò lascia alquanto perplessi il fatto per cui è attribuita ad Omero, a parte i rlflessi linguistici: quest’ultimo invece non disdegnava le imprese eroiche: potrebbe essere attribuita l’operetta ad un rapsodo ignoto? In ogni caso ora l’opera sembra attuale, quindi profetica.
Ancora si poteva scherzare sulla guerra, però il mostriciattolo cominciava a camminare bene, cioè non muoveva più i primi passi accanto alla ranocchia e spesso riuscì a rincorrere il topolino. Ahimé!