Parliamo di cose concrete

QUANTE VOLTE DOBBIAMO PAGARE UN’ASSISTENZA SANITARIA… INADEGUATA?

Nessuno se l’abbia a male, ma penso che quando la campagna elettorale per le amministrative di Sulmona entrerà nel vivo (evidentemente dopo il rituale deposito delle liste concorrenti e dei candidati a Sindaco; cioè tra pochi giorni, il 24 prossimo) non si parlerà soltanto di Tribunale, ma anche e forse soprattutto di Sanità. Per la verità è strano, perché il centrodestra sembra che abbia fatto del Tribunale l’immagine dominante e la scelta qualitativamente più significativa di questa campagna per la quale mettono in lizza quel che ritengono il meglio di simboli e persone…
 Tuttavia, dal momento che l’11 aprile (data fissata per la riunione presso il tavolo di monitoraggio del Ministero della Sanità a Roma, quando la Giunta regionale è chiamata a dar conto della copertura del debito accumulato) viene molto prima del 25 maggio, Marsilio e compagni, di fronte ai guai seri arrivati al proverbiale pettine, sul “buco” finanziario del comparto (che non si sa nemmeno bene di quanto sia... in questi giorni in commissione, su pressione dell’opposizione e sommando le rivendicazioni dei direttori generali delle ASL, si sarebbe arrivati ad una cifra vicina ai 180Milioni: 67 milioni, forse, per le sole spese necessarie a coprire stipendi del personale medico ed infermieristico, ai quali si aggiunge la voragine della “mobilità passiva”, che proprio non si sa bene a quanto ammonti, pare 100 milioni all’anno, e sia chiaro che il debito nasce dalle carenze delle prestazioni regionali per le quali gli abruzzesi sono costretti a ricorrere agli “specialisti” di altre regioni…), hanno pensato di “indire” una colletta pubblica per racimolare qualcosa (poco più di 44 milioni, sembra) maggiorando alcune aliquote dell’Irpef regionale, per dare la dimostrazione ai membri del “tavolo” romano, che loro ce la mettono tutta per tentare di risolvere l’inadeguatezza del contributo nazionale che gli è riconosciuto e che però, questo è assolutamente insufficiente a garantire il mantenimento dei servizi previsti dall’ordinamento, che, appunto, la Regione non è in grado di garantire.
(Se ne discute in questi giorni, con posizioni anche differenziate tra i gruppi della maggioranza, mentre le organizzazioni sindacali, a partire da oggi, hanno mobilitato l’attenzione della pubblica opinione con un presidio previsto davanti all’Emiciclo contro “questo aumento ingiusto ed ingiustificato” anche perché, si sottolinea, la gestione dei fondi delle addizionali Irpef regionali solo in piccola parte è utilizzata per la sanità mentre perlopiù finisce a ripiano di “spese non necessarie” che i sindacati propongono di cancellare del tutto).
 Che “pasticciaccio brutto”! Che fastidio…anche perché non tutto si può dire chiaro e tondo…
Non si può dire, per esempio che l’11 aprile a Roma su quel tavolo qualcuno potrebbe anche ricordare a Verì e compagni che il piano ospedaliero regionale fu autorizzato in deroga, ovvero con l’impegno, da parte della Giunta, di stabilire l’assegnazione del DEA di II° livello, impegno che non mi sembra sia stato mantenuto e che la dilazione per la soppressione di Ostetricia a Sulmona era legata alla sperimentazione sul numero dei parti di cui al mai revocato “decreto-Lorenzin”. Senza dire che è alquanto difficoltoso trovare argomentazioni convincenti per la mancata attuazione delle direttive in ordine alle istituzioni delle “case della salute” e di quant’altro, che, dal COVID in poi, abbiamo acquisito, come consapevolezza nazionale obbligatoria e necessaria per garantire la medicina di prossimità, quella vicina al cittadino che, in teoria, potrebbe (dovrebbe) ridurre le liste d’attesa per gli esami di laboratorio, assistere i bisognosi, soprattutto in zone come le nostre, con un’orografia difficile, evitando i rischi di mancata assistenza, come quasi quotidianamente la cronaca locale registra lamentele e rischiose “denunce”. Senza parlare di quello che sappiamo accade ripetutamente in certi pronto soccorso soprattutto in quelli che operano in realtà fortemente urbanizzate, sulle sponde dell’Adriatico presso gli Ospedali di Pescara e Teramo.
Ora Marsilio si avvia a richiedere (dice, forse anche in vista della campagna elettorale nella città d’Ovidio) che il riparto nazionale dell’assegnazione del budget va rivisto, nella dimensione e nei criteri. Ma sa bene che deve stare attento a stendere la mano, perché potrebbe anche trovarsi nella condizione di vedersela…” tagliata”.
Ed è difficile dimostrare, per evitare un possibile “commissariamento”, che il debito, la “voragine” del debito, sia attribuibile a chi lo ha preceduto. Lui è al secondo mandato, con la medesima squadra, praticamente, ne ha avuto di tempo (ma anche di input, di consigli, di suggerimenti…) per appianare e rendere più efficace ed efficiente un sistema che in dieci anni circa, per quel che è accaduto, in negativo ed in positivo (dal COVID, appunto, alle disponibilità di cui al PNRR) comunque ha messo in campo, almeno in teoria, gli strumenti per avvicinare sempre di più il SSN ai bisogni quotidiani dei cittadini: i “nostri” bisogni.
 C’è chi, da queste parti, è diventato noioso e stucchevolmente ripetitivo nelle sottolineature polemiche sulle deficienze del sistema.
(Mi ci metto io che firmo queste note, non da oggi: chi voglia verificare, può accedere agli archivi di questa testata e scoprirà da quando scrivo quello che qui sto ripetendo.
Ci sono le organizzazioni sindacali, generali, ma anche professionali: medici di famiglia, pediatri, psicologi.
C’è il Tribunale del malato che, rappresentato in loco dall’avvocato Catia Puglielli, per continuare a sostenere e difendere le ragioni di chi giustamente lamenta diffusi disservizi dei cittadini, dal giorno alla mattina si è vista “sostituire” dal responsabile provinciale, alla guida dell’UDC peligno, qualche settimana fa, soltanto perché, forse, avrebbe preferito parlare più di Sanità che di Tribunale, nella coalizione targata Liris-Marsilio-Biondi.
Soprattutto ci sono le lettere quotidiane dei cittadini, da Scanno o dalla Vallata del Sagittario, ovvero dai paesi alle pendici della Maiella o dalla Valle Subequana, o dall’Alto Sangro che lamentano la difficoltà di avere un contatto con personale medico che non sia già da tempo in pensione e che non si sottrae al dovere professionale e alla responsabilità, anche se strutturalmente non dovuta, di correre a vedere le necessità di chi chiama e racconta di aver cercato inutilmente qualcuno che avrebbe dovuto rispondere ma non lo fa…).
 Che “pasticciaccio brutto”! Non c’è che dire. Anche perché la “colletta” che si tenta di fare con l’aumento di alcune aliquote IRPEF dovrebbe raccogliere poca cosa, rispetto ai reali bisogni necessari per evitare, appunto, la presa d’atto del default e quindi il commissariamento, come nei tempi lontani, dal quale la Giunta D’Alfonso uscì con scelte, per la verità non tutte gradite, tuttavia utili a riprendere un percorso di gestione più ordinato e “vicino ai bisogni degli abruzzesi”: le scelte che nonostante tutto, hanno consentito una gestione della tragedia epidemica, tra il 2020 ed il 2022, allineata alla media delle prestazioni nazionali.
 Pasticciaccio odioso perché non riesce a persuadere i contribuenti sull’utilità dei sacrifici. Si raccoglie poco, non solo rispetto ai bisogni che oggi si manifestano, ma soprattutto non dà prospettive di cambiamenti utili per il futuro. Mentre è di questo che abbiamo bisogno; di una prospettiva di cambiamento positivo.
Altrimenti è davvero inutile parlarne!