Villalago
24 Aprile 2025, 06:51
Domani Festa della Liberazione: il ricordo va anche ai cinque martiri di Villalago, uccisi dai Tedeschi
Roberto Grossi
Quest’anno ricorrono in Italia gli ottant’anni della Liberazione dall’occupazione nazista. Il 25 Aprile del 1945 Milano insorse e i Tedeschi furono costretti a ritirarsi. Contemporaneamente insorsero anche altre città del Nord liberandosi dei nazi-fascisti. Tre giorni dopo, il 28 Aprile venne catturato Mussolini e giustiziato. Con la fine della guerra s’incominciarono a contare i morti civili, trucidati dai Tedeschi.
Nel nostro circondario cruenda fu la strage di Limmari, a Pietransieri, dove vennero trucidati 128 persone, di cui 34 bambini, senza motivazioni documentate, ma per il semplice sospetto che la popolazione civile nascondesse i partigiani.
La zona di Pietransieri era uno dei capisaldi della linea difensiva Gustav, dove si attestarono i Tedeschi dopo lo sbarco degli alleati a Salerno.
Anversa subì l’arresto e la fucilazione del pastore Michele Greco, accusato di aver dato da mangiare nel suo stazzo di montagna ai soldati inglesi, fuggiti dal campo di concentramento di Fonte D’Amore, dopo l’armistizio.
Villalago ebbe cinque vittime civili: Domenico Grossi, di anni 60, Antonio Buccini di anni 14, Lello Angelo Grossi di anni 19, Antonino Carmelo Gatta di anni 20 e Luigi Erino Buccini di anni 32.
La mattina del 13 Dicembre del 1943 alcuni Villalaghesi scorsero nella zona della Difesa e a Tassito, sovrastante il Lago di Scanno, delle casse, legate al paracadute. Si sparse la voce e molti si recarano nel luogo dov’erano cadute.
Erano casse di vimini, molto grandi, simili a cestoni. Dentro c’erano coperte, vestiti, scarpe, sigarette, scatolette di carne, medicine e tutto ciò che potesse essere utile ai soldati alleati che vagavano sulle montagne dopo la fuga dal campo di concentramento.
A Villalago ci furono molti lanci e in varie zone del paese. I Tedeschi erano vigili e requisivano tutto. Diedero ordine che nessuno vi si doveva avvicinare, pena la morte. La fame vinse la paura perché dentro c’erano alimenti d’ogni genere.
Le casse non erano solo di vimini, ma anche di lamiera.
Domenico, padre di cinque figli, quella mattina andò insieme agli altri dov’erano cadute le casse. Vi arrivarono anche i Tedeschi. Essendo una persona anziana non l’obbligarono a caricarsene una sulle spalle per portarla al comando. Proseguì, quindi, lungo il viottolo di campagna per andare allo “Sterparo”, dove aveva una casetta a pochi metri dal Lago di Scanno, con un orto dove seminava di tutto.
Un Tedesco gl’intimò da lontano l’alt, sparando alcuni colpi in alto. Con l’età aveva perso l’udito e non sentì né le voci, né gli spari.
Seguitò a camminare e venne mitragliato. Il Tedesco, sergente Hudi, raccontò di aver visto un uomo dirigersi verso le casse e gli sparò, credendo che fosse un inglese. Sul suo corpo furono contati 12 colpi.
Verso le ore venti del 5 Marzo 1944 due camion tedeschi sostavano in Piazza Celestino Lupi. Erano in attesa di partire per andare alla stazione ferroviaria di Anversa a caricare le balle di biada per i cavalli. L’approviggionamento delle truppe avveniva tramite ferrovia e le persone che dovevano scaricare e caricare venivano rastrellate o indicate dal Comune.
Una dopo l’altra scesero in piazza otto persone che presero posto sui camion. Erano le ventuno quando partirono,
Sul secondo camion alla guida c’era un tedesco visibilmente ubriaco. Antonio, il ragazzo di 14 anni non era nella lista. Quella sera salì sul camion nella cabina di guida per accompagnare il tedesco, di cui era divenuto amico. Dietro sul vano di carico: Lello (uno dei cinque figli di Domenico ucciso l’anno prima), Antonino, Erino e Peppino.
Peppino, quando il camion rallentò alla curva del Lago Buono, saltò fuori.
Dopo un breve tratto dal traforetto, la strada tutta in discesa invita a correre.Prima del “Ponte dei carabinieri” c’è una curva a gomito, se non si rallenta in tempo diventa pericolosa. A peggiorare la situazione era in atto una tempesta di neve.
Il camion non riuscendo a curvare irruppe violentemente contro il paracarri in muratura, che in alcuni punti era franato, abbattuto da un gippone tedesco, finito sul fiume.
L’automezzo nella sua folle corsa imboccò la parte del muro franato, precipitando al di sotto. Nel cadere si ribaltò, mettendosi di travero al corso del fiume, imprigionando dentro la cabina Antonio e sotto di sè i tre malcapitati, mentre l’autista venne proiettato a cento metri di distanza.
Il camion mettendosi di traverso al corso del fiume, formò una piccola diga. Le povere vittime, non potendosi muovere, affogarono.
A salvarsi fu solo l’autiero tedesco.
Cos’era successo? Stabilire la verità è impossibile, perché a raccontare i fatti fu solo il soldato tedesco ubriaco, che parlò di rottura dei freni.
I fatti sono raccontati, sulle testimonianze di chi li aveva vissuti, nel libro di Roberto Grossi, “Villalago nella Seconda Guerra Mondiale”.
I loro nomi, insieme a quello di Domenico, sono riportati nell’elenco dei caduti della Seconda Guerra Mondiale.
Sarebbe cosa giusta ricordare questi martiri civili con delle pietre d’inciampo in un luogo della memoria opportunamento scelto. (Fonte, “Gazzettino della Valle del Sagittario”, anno 2025, n. 1)