Parliamo di cose concrete

ADESSO LA SANITA’ IN ABRUZZO RISCHIA DAVVERO IL COMMISSARIO

Tanto tuonò che piovve. Da quanti anni scriviamo le cose che in questi giorni la Giunta regionale si è sentita dire dalla preposta commissione del Ministero a Roma? Fino alla noia; fino al rischio dello stalking, direbbe qualcuno.
Ma la risposta, indiretta, per carità, mai inviata a noi, latori delle lamentele dei cittadini, rappresentanti del fastidio di chi, nel bisogno, chiede di essere ascoltato, ma da sempre resta senza segnali di attenzione, è stata sempre caratterizzata dalla esagerazione riferita a chi si lamenta, dalla sottovalutazione dei destinatari delle nostre proteste.
E c’è chi, in questa regione ha smesso di farsi curare qui, anche perché non trova le specialistiche di cui ha bisogno, perché un DEA di II° livello questa Regione non ce l’ha.
C’è chi, legittimamente preoccupato per la salute del/la proprio/a bambino/a, non sa a quale pediatra rivolgersi perché, quando va bene, il pediatra risponde soltanto al telefono e, via etere, prescrive qualche generico trattamento farmacologico.
C’è chi è in attesa di effettuare un esame di laboratorio da anni: perché così è. E se va al pronto soccorso (soprattutto a Pescara o Teramo) rischia di ritrovarsi in commissariato per atti inconsulti che trasformano la sua malattia da “medicale” e “lesioni volontarie” contro chiunque (medici, infermieri, polizia, carabinieri…chiunque capiti a tiro) …Cose da matti, per persone che non lamentano problemi psichiatrici o mentali. E ci fermiamo qui, nell’elenco delle doglianze, perché le conosciamo bene ed è inutile ripeterle (è dal 2022, quasi dalla fine della pandemia, che abbiamo incominciato a scrivere, periodicamente queste cose).
Poi è incominciato il conto del deficit, che la Regione ha tentato di nascondere e/o negare (e siamo giunti all’oggi, quando siamo ancora in attesa la somma definitiva qual è; parliamo di un debito relativo al 2024!). Ma quando si tratta di “sbilanciamenti grossi”, che investono indirettamente anche il bilancio nazionale, c’è poco da nascondere. E la “querelle” si è aperta di fronte alla “mobilità passiva”, le cure, cioè che in regime di assistenza garantita, gli abruzzesi vanno ad effettuare in altre regioni perché qui non hanno la disponibilità di specialistica necessaria. E quando poi, a inizio anno si è passati a discutere di un piano ospedaliero regionale da ristrutturare si è scoperto che il DEA di II° livello era questione più “politica” (forse) che di scelta manageriale (dove lo andiamo a riconoscere? Sarebbe un problema stabilirlo).
Ma al Ministero si è anche tentato, da parte di Marsilio e Verì, di far passare “proposte sperimentali” (“facciamo un DEA di II° livello “diffuso” …(?) senza alcun risultato, anzi con la definizione di un’approvazione “in deroga” del piano ospedaliero proposto, privo dell’indicazione del DEA di II° livello il quale avrebbe dovuto essere indicato entro un certo numero di mesi.
E inevitabilmente i mesi sono passati. E con il tempo che passa, con servizi inadeguati, il debito è cresciuto (fenomeno elementare che capita dovunque c’è qualcuno che dovrebbe amministrare soldi, distribuendoli con criteri precisi, e non lo fa). E allora arriviamo alla vicenda di qualche settimana fa, quando la Giunta, per ripianare il debito, propone una maggiorazione della raccolta di IRPEF regionale solo per alcune fasce reddituali. Ma di fronte ad un’ipotesi di debito che sembrerebbe sforare i cento milioni qualcuno si è chiesto a cosa serva raccogliere una “mollica” di 42/45 milioni attraverso uno strumento di bilancio già ampiamente saccheggiato per finanziarie iniziative che con la sanità non c’entrano nulla, dal Calcio-Napoli a Castel di Sangro, alle sagre, alle manifestazioni culturali, ludiche e quant’altro…
Il tutto da fare di corsa, perché l’11 aprile arriva e la Giunta regionale l’11 aprile è attesa al Ministero della salute dal tavolo di monitoraggio del ministero per questa situazione pesante della gestione della sanità regionale. (I mesi trascorsi e gli anni, trascorsi, a lamentare carenze, ad avvertire il bisogno di riorganizzare un sistema carente di personale, ma anche di logica gestionale e luoghi decentrati per i servizi da offrire non sono valsi a nulla. Ora però i proverbiali nodi sono arrivati al “pettine”).
Ma l’assurdo è che forse la quantificazione del debito non è precisa. Oggi si parla sempre di cento milioni circa, ma pare che occorra reperire qualche dieci/venti milioni in più.
Lunedì 14 aprile, comunque, qualche verità è venuta fuori.
È stato annunciato il blocco delle assunzioni e delle procedure concorsuali per gli amministrativi, il congelamento dei rinnovi dei contratti interinali e lo stop alle consulenze esterne. E lo chiamano “mossa anti-deficit”.
Chissà chi, al Ministero, ha suggerito di presentarsi al monitoraggio con questo “paracadute”; non ci sarebbe altra spiegazione. Sì, ma questo sarebbe già il commissariamento del comparto. O no? Qualcuno ci faccia capire. Tanto per incominciare: quello che è stato stoppato quantifica il ripiano del deficit? Comunque: la mancata assunzione di personale amministrativo incide, e in che misura, sull’erogazione dell’assistenza, di cui i cittadini hanno bisogno? Uno dei problemi della cattiva gestione della sanità nostrana non è stato sempre o quasi riconducibile all’insufficienza del personale (tant’è che quando si è tentato di dare qualche rapsodica risposta ai bisogni dei cittadini si è fatto ricorso a pensionati, richiamati in servizio, con contratti ad personam e a tempo definito?).
Magari si dirà che non è vero niente. Ma allora qualcuno spieghi perché Marsilio nella graduatoria nazionale di gradimento dei Presidenti delle regioni in carica è all’ultimo posto.
A quante domande sarebbe necessario dare una risposta. Si resta in attesa.