Valle Peligna Politica
20 Marzo 2025, 06:54
Parliamo di cose concrete
RIFLESSIONI SULLA CAMPAGNA ELETTORALE CHE SULMONA PUO’ ASPETTARSI
Andrea Iannamorelli
Ora sappiamo che a Sulmona andremo a votare il 25 e 26 maggio, con l’eventuale ballottaggio 8 e 9 giugno. Pertanto, aspettando la formalizzazione delle candidature a Sindaco, il deposito delle liste (previsto entro il 24 aprile prossimo) e lo scioglimento delle riserve ancora in piedi per chi dice di volersi candidare, ma al momento non si sa bene come e con chi, è il momento di incominciare a parlare di programmi e di “cose concrete” sulle quali i candidati dovranno certamente impegnarsi con coloro che si recheranno alle urne, con la speranza che ci “tornino” molti degli aventi diritto che da tempo, invece, usano disertare.
Quali sono, fino al momento, i dati acquisiti: tre i candidati a Sindaco, Tirabassi per il centrodestra, Figorilli per il centrosinistra e Di Ianni per “Metamorfosi”. Il primo, espressione di una coalizione “autorevole” che ci rimanda alle maggioranze che governano la Regione ed il Paese, che sarà tenuto a dare risposte credibili, affidabili ma soprattutto utili e tempestive sulla mancata proroga della funzione della Procura e quindi del Tribunale, in questa città, a servizio di un comprensorio territoriale ampio, ma c’è da augurarsi anche su altre questioni; il secondo, richiamato dagli antichi legami amicali, politici e famigliari a mettere a disposizione di tutti noi (sulmonesi, peligni, sagittari, sangritani, subequani…) la grande esperienza professionale che nel tempo ha accumulato e lo ha portato a contatto con “il mondo” e che nel momento difficile pericoloso e nebbioso che viviamo, riparte da quella prospettiva di speranza che da ragazzo gli appartenne, anzi, ideò, facendo molti accoliti, allora: “Città futura”, come una sfida prospettica, proprio come negli anni sessanta/settanta, per ricominciare e…rinascere, operazione che allora dette i suoi frutti; il terzo che pensava di poter aggregare un “terzo polo” ma che, da quello che si dice, si ritroverà con la sola “sua” lista, “Metamorfosi”, di cui al momento non si conosce altro che il richiamo evocativo al poeta “icona” della città, con tutto quello che, per gli studiosi ed i curiosi, il titolo dell’opera di Ovidio significa.
Sembra che siano ancora in cantiere altre faticose e problematiche aggregazioni o altre candidature a Sindaco che dovrebbero davvero costituire “il terzo polo”, al quale tendeva Di Ianni: si parla di Catia Puglielli (Tribunale del malato) messa da parte dall’UDC e/o Marina Bianco, già vice sindaco con Casini. L’operazione la starebbe costruendo l’instancabile Bruno Di Masci, il quale fa registrare, in queste ore, un fatto di cronaca eclatante, la rottura dei rapporti “politici”, si sottolinea e non personali, con un suo seguace, da sempre a lui fedelissimo, Luciano Marinucci che accetterebbe la candidatura in una delle liste che appoggerà Tirabassi.
Confermata la presenza di una lista di Forza Italia, nella coalizione di centro destra, nella quale si ritroverebbero anche alcuni fino a qualche settimana fa nell’alveo di “Matamorfosi”. Ecco perché Di Ianni proseguirebbe da solo nella competizione.
E quindi ecco perché già qualche osservatore dice che la partita si chiuderà il 26 maggio, infatti non dovrebbe essere necessario il ballottaggio tra Tirabassi e Figorilli perché la vera “sfida” è come se fosse a due…
Tuttavia, visto il fermento, non ci resta che attendere il 24 aprile. Ed è arrivato, allora, il momento, per noi, di dire quel che i cittadini elettori si aspettano dal dibattito che necessaria si svilupperà nelle prossime settimane.
Allo stato, il senatore Liris, Marsilio e Biondi sul candidato Tirabassi hanno già scommesso tanto. Tuttavia in questi giorni si agitano per tamponare mugugni e perplessità che originano proprio dalla dichiarata sua scelta (esclusiva?) di puntare sul mantenimento del Tribunale. Summit regionali convocati ad hoc, impegno fragoroso di Marsilio, che annuncia appuntamenti richiesti a Nordio e a Meloni, mobilitazione di impegno ai leaders dei gruppi che fanno da sostegno alla coalizione di destra che da Roma o da L’Aquila ci governa; e si parla di decreti d’urgenza per garantire le promesse di mantenimento fatte, ma finora disattese. Promesse che da sinistra (i senatori Fina e Di Girolamo) rimproverano agli avversari di non aver voluto mantenere a momento opportuno, qualche settimana fa, cioè, in occasione dell’approvazione, con fiducia imposta, al decreto “milleproroghe”, che sarebbe stato utile al bisogno (elettorale, nel caso di Tirabassi) per prolungare la vita non soltanto dei Tribunali abruzzesi ma chissà di quanti altri, in Italia, nella prospettiva del riordino della “geografia giudiziaria”…se è vero che il leghista Borghi, assicurando a Marsilio il suo interessamento per i tribunali di cui si parla, ha anche aggiunto “…ma sia chiaro, mica si possono salvare tutti”… infatti forse è proprio questa la ragione per la quale, al punto in cui siamo, Tirabassi farebbe bene a “non cullarsi sugli allori”… (Con l’aria che tira e i tempi stretti a disposizione e i “terremoti” che investono la politica estera di una maggioranza che, come parte del PD, si è diviso su decisive verifiche sulle proposte dell’UE sul “riarmo difensivo”, ci vuole poco che arrivi maggio e non si farà nulla, per i Tribunali, perché magari, nel frattempo, si scopre che maiora premunt).
Quanto a Figorilli e all’alleanza di centrosinistra che lo ha impegnato (da ieri ufficialmente sostenuto anche dal Sindaco uscente Gianfranco Di Piero), se per un verso gli avversari provano a svilirne il valore perché si tenta di alimentare la polemica che non sarebbe disponibile a “tornare a casa”, l’ipotesi di progetto (che conosceremo certamente nei dettagli) non soltanto dovrebbe avere il pregio di non essere limitato alla risoluzione di una sola delle angustie che quotidianamente, a non da oggi, ci avviliscono, ma, per le esperienze di cui è portatore, per la capacità di porre le prospettive di speranze future sulle quali da tempo questo comprensorio territoriale tenta agganci credibili con adeguate possibilità operative ed effettuali, sembra avere la possibilità di svincolarsi dal vetero provincialismo che da decenni blocca le occasioni di ripresa o quanto meno impedisce ai giovani di credere nella possibilità concreta di scommettere sul proprio futuro qui, dove oggi si può, da “casa”, essere connessi con un mondo che vertiginosamente cambia e che dobbiamo inseguire, per non essere tagliati fuori per dimenticanza.
(A questo proposito colgo l’occasione per mettere all’attenzione di chi segue queste sistematiche e ricorrenti note, la riflessione che Roberto Grossi, il direttore di questa testata, come ogni lunedì, ha sviluppato: “Entro il 2050 vivremo tutti in città”. Non credo che sia necessario sottolineare il valore ed il senso sintetico dell’istantanea che il titolo riflettono. La vita della “nostra” montagna sta scomparendo. E già questo è uno dei temi urgenti ed emergenti della campagna elettorale che s’appresta a Sulmona. Proprio in questi giorni nei quali, con tristezza e dolore atroci abbiamo dovuto accompagnare al meritato eterno riposo un nostro concittadino, grande amico di questa testata, il prof. Aldo Ronci, che con scientifica sistematicità, studiando questi problemi sollecitava le forze politiche, sindacali e le imprese ad iniziative e comportamenti capaci di drenarne gli effetti nefasti).
Tuttavia io, avendo scelto, non da oggi, di rendere pubbliche tutte le mie personali considerazioni in ordine alle questioni pubbliche che riguardano il quotidiano di ciascuno di noi, non perdo l’occasione di ripetere che oggi comunque va data una risposta credibile al quesito: come può un territorio che vanta notevoli giacimenti culturali e resti di stagioni fulgide e splendenti, utilizzare con sapienza ed attenzione tutto il patrimonio “ereditato” dalla storia e dall’adeguatezza di classi dirigenti che fino ad alcuni decenni or sono, pur uscendo da periodi disastrosi della vita civile di questa zona, ma anche del Paese nella sua interezza, hanno ricostruito materialmente e culturalmente condizioni di crescita e sviluppo, condizioni che non adeguatamente aggiornate hanno bloccato questo favorevole processo ma addirittura ci hanno fatto arretrare, impoverendoci fino al punto da farci temere la rottura vera delle condizioni minime di mantenimento e sussistenza (?).
E, tanto per entrare nel concreto, di cosa parlo: decrescita demografica non soltanto legata alla scarsa natalità, fenomeno che condividiamo con gran parte del Paese e dell’Europa, ma alla ripresa della fuga, senza ritorno, delle forze lavoro più significative, quelle giovanili; preoccupante espansione di comportamenti criminosi anche giovanili, soprattutto legati all’allargamento del mercato minuto della cocaina; incapacità attrattiva e di consenso della classe politica dirigente con eloquente conseguenza dell’abbassamento, sempre più forte, dell’attenzione alla politica, agli interessi collettivi e addirittura al voto.
E varrà la pena, in questi giorni, porsi (negli incontri e nei dibattiti degli attesi comizi elettorali) le risposte ad alcuni quesiti (capaci di farci fare i conti, personali e collettivi) su che senso ha, nello stravolgente terzo millennio che stiamo vivendo, rivendicare un progetto di formazione integrale, che riguardi i ragazzi, ma anche le classi anagrafiche ancora attive, che non offra sbocchi concreti e tangibili nel mondo del lavoro; rivendicare il diritto ad un’assistenza sanitaria capace di dare risposte possibili ai bisogni di chi abita in città, ovvero vive ad appena trenta chilometri da qui ove opera (inadeguatamente, per la verità) l’unico centro di diagnosi, cura e riabilitazione (altro che alzare le aliquote fiscali per ripianare i debiti di una sanità mal gestita ovvero assolutamente insufficiente, comunque vittima di una “mobilità passiva” che ci obbliga ad andare in altre regioni per combattere le patologie che ci affliggono); aggiornare le infrastrutture viarie e ferroviarie per consentirci una mobilità, magari anche “pendolare”, adeguata nei tempi di percorrenza e soddisfacente per le condizioni.
Rivendichiamo la forza di PIL che un’oculata proposta turistica potrebbe generare sia nelle stagioni invernali che in estate. Ma sia chiaro che non è tiktok che può fare questi miracoli ma soltanto un’impresa complessa, gestita con coraggio e competenza imprenditoriale, soprattutto con il coinvolgimento di collegamenti professionalmente adeguati ai compiti da svolgere.
E poi c’è la macchina operativo-burocratica di Palazzo San Francesco sulla quale, probabilmente, ci sarebbe da intervenire con un’idea di gestione adeguata ai tempi e agli strumenti oggi a disposizione di tutti.
C’è il problema di alcuni servizi collettivi a domanda individuale necessariamente vasti: la raccolta dei rifiuti, il trasporto pubblico urbano (centro/periferie), una strategia (anche di sostegno al credito per le imprese) per artigiani e commercianti (è indecoroso, mi si consenta lo sfogo, assistere alla chiusura di locali, con gli “affittasi” e “vendesi” in bella vista sullo snodo di Corso Ovidio, soprattutto lato sud, di attività commerciali anche perché un piano particolareggiato del centro storico, insieme a quello per la periferia, atteso dalla fine degli anni settanta, nessuno ha mai avuto la forza di proporre; ciononostante possiamo vantare di essere una della città medie del centro-Italia che può vantare l’esistenza di un parcheggio sotterraneo che ci porta in pieno centro, un assetto urbanistico oggi sovradimensionato, rispetto ai bisogni abitativi reali con un rispetto minimo garantito, almeno sul piano del rapporto statistico, di verde pubblico che però va gestito, governato, curato, per ottenerne ricavi diretti ed indiretti…).
Ma soprattutto c’è il problema dei posti di lavoro. Se disgraziatamente dovesse chiudere la Marelli, davvero questa città rischierebbe di …” tornare agli anni cinquanta”, quando fu smantellata l’ACE. Sostanzialmente allora ci furono le energie (forze umane e forze intellettuali) che incominciarono a lavorare per invertire la pericolosa tendenza verso il tracollo. Erano anni favorevoli, quelli, in Italia, per queste operazioni: un paese che da agricolo si avviava a diventare industrializzato, in un quadro internazionale caratterizzato dalla cooperazione in un clima liberale caratterizzato da una concorrenza leale e pacifica; e vale la pena di enfatizzare, forse, il dato storico, per quel che ci riguarda, che è da lì che nacque il bisogno di riflettere su noi stessi, di mobilitare attenzioni e disponibilità delle forze politiche, sindacali e delle imprese alla ripresa e alla rinascita che nel ventennio sessanta/settanta produssero la crescita vera di Sulmona e del suo circondario che la hanno portata, all’alba di questo terzo millennio, a superare il tetto delle ventimila residenze (oggi a mala pena siamo ridotti a sedici/diciassettemila abitanti, ecco perché possiamo ben revisionare un PRG sovradimensionato, rispetto al bisogni abitativo e quindi utilizzarlo soltanto per migliorare la qualità della nostra vita ed essere davvero “una città accogliente”, dove vale la pena di venire a stare, non solo per turismo).
Ma occorrono coraggio, convinzione, prospettiva, capacità ideative e metodo di lavoro condiviso. Sinceramente ritengo che una “città futura” sia possibile. O, meglio, che “un futuro” per questa città sia possibile, con le nostre forze, con tutto quel che abbiamo, senza pregiudiziali né ripicche o risse di bassa lega. Soprattutto senza il bisogno di vivere il passato, come usiamo spesso fare, come nostalgia. O peggio con il lamento della mortificazione per qualcosa che altri ci avrebbero sottratto.
Facciamoli, una volta per tutte, i conti con il “nostro” passato, ma seppelliamo quel che va sepolto e ricominciamo: come ci suggerisce la Pasqua verso la quale saremo un mese.