ALL'AMICO GIORGIO MORELLI

Nonostante tutto, la notizia della scomparsa del mio amico carissimo Giorgio Morelli mi ha trovato impreparato. Quando, ieri alle ore 13, l’amico comune, direttore di questo Gazzettino, Roberto Grossi, mi ha telefonato per comunicarmelo sono rimasto senza parole. Mi ci sono volute delle ore per poter realizzare che qualcosa di grave era accaduto nella mia vita, la perdita cioè di una parte di me.
E adesso, che dire?
Con Giorgio ci eravamo conosciuti nei primi Anni ’70 al baretto di Tonino su la riva del lago di Scanno. Fu mia moglie, Lucia Silvani, a presentarmelo. Un caffè noi, un aperitivo lui e fu subito amicizia a prima vista. Il suo tono scherzoso era la cifra con cui affrontava la vita. [Com’è triste parlare di lui già al passato!]. Ogni discussione avviata con lui prendeva sempre una piega, diciamo così, facilmente risolutoria. Ovviamente, dopo ci siamo incontrati ogni estate a Scanno.
Qualche volta ha viaggiato con me, in macchina, sull’autostrada Roma-Scanno. Sono state queste le occasioni in cui si è confidato un po’. Mi ha fatto cenno alle sue difficoltà da ragazzo, alle sue paure, alle sue speranze. Devo dirlo, per me questi sono stati i momenti più belli che ho trascorso con Giorgio, insieme a quelli in cui si andava in Vaticano per consultare l’Archivio. Ho potuto toccare con mano la sua sensibilità e capire da dove proveniva la sua generosità. Poi, abbiamo conosciuto le nostre rispettive famiglie. Abbiamo attraversato insieme difficoltà e successi. Preferii che fosse lui a presentare il mio volume Pastori nell’anima, 2002, del quale ritenevo Giorgio co-autore, intendendo con ciò suggellare un’amicizia che prevedevo, come è stata, lunga e leale. Seduti in panchina, in piazza Santa Maria della Valle a Scanno, abbiamo scherzato mille volte sul destino dei suoi preziosi lavori.
Tipica e ricorrente era la sua frase: “Chi vorrà studiare la storia di Scanno, dovrà passare sul mio cadavere!”. In quelle occasioni, tanto ironiche quanto sincere, io mi spingevo fino al punto di sostenere che il Comune – in un futuro mai determinato – avrebbe certamente posto un suo busto di bronzo in piazza o, comunque, in via subordinata, si sarebbe impegnato a porre una targa in suo ricordo nella sala lettura della biblioteca comunale. Rideva, come sapeva fare lui. Ma ci teneva. Lo si capiva dagli occhi, sempre vivi e attenti.
E adesso? Caro Giorgio, avrei dovuto imparare a scherzare come sapevi fare tu, meglio di chiunque altro, ma non ne sono stato capace, non ne sono capace. Provo a prendere la tua dipartita come uno sgambetto del destino, ma sarà difficile digerirlo. Al momento non mi viene altro da fare, se non abbracciarti e dirti ancora una volta ciao Giorgio, fai buon viaggio, ovunque tu abbia deciso di andare. E un caldo abbraccio vada anche alla tua famiglia: Marta, Alessandro e Gianluca.