Valle Peligna Politica
9 Gennaio 2025, 06:53
Parliamo di cose concrete
SULMONA NON HA “VOLTATO PAGINA”
Andrea Iannamorelli
Il 25 ottobre del 2021 (l’archivio di questa testata lo testimonia) a commento del risultato elettorale che dava Gianfranco Di Piero eletto Sindaco di Sulmona con quasi il 70% dei consensi, in ballottaggio con Andrea Gerosolimo fermo al 30, più o meno, titolai: “Sulmona ha voltato pagina”, alludendo (anzi plaudendo, dal mio punto di vista) al fatto che la politica rientrava a Palazzo San Francesco, spazzando via la (galoppante) frenesia del “civismo”, in alternativa agli storici e decotti partiti; civismo che, dagli anni novanta in poi, non ha mai consentito a questa città di veder completare, da parte dei Sindaci eletti, un mandato quinquennale, eccezion fatta per Annamaria Casini (ma ricordiamo in quali condizioni).
Dopo tre anni circa di “graticola”, soprattutto dopo l’esito delle dimissioni in blocco di nove consiglieri comunali, Di Piero è stato costretto a “gettare la spugna”.
A Sulmona non si è “voltato pagina”; oggi, a Sulmona la storia dell’ultimo trentennio si ripete stancamente e cinicamente. Il Vice-Prefetto Ernesta D’Alessio si è insediata (buon lavoro, s’intende) e a primavera (il Governo deciderà quando) si tornerà a votare. Ed è triste, deprimente: perché è il quinto sindaco che va a casa, nel giro di qualche decennio, perché non c’è un problema grosso (dalle infrastrutture alla revisione del PRG, dalla servizio di nettezza urbana al decoro cittadino, alle scuole, alle politiche per il sostegno ai bisognosi, ai giovani, all’occupazione, ad un disegno sulla formazione) che possa essere affrontato, in ottica comprensoriale, di Valle Peligna; infatti Sulmona è il centro geografico di questo comprensorio e non c’è questione che riguardi Sulmona che non interessi o coinvolga tutto il territorio: dall’Alto Sangro alla Valle Subequana, dalla Valle Peligna propriamente identificata alla Valle del Sagittario.
E sia chiaro, torno a dirlo, se si è d’accordo con queste affermazioni, non si può non convenire che senza “la politica” le questioni sulle quali si attaglia d’attenzione di quei pochi rimasti, sul territorio, non possono trovare risoluzioni convincenti.
Ecco che senso aveva quel “Sulmona ha voltato pagina” del 2021. Considerato anche il dato (coreografico) che il comizio di chiusura della campagna elettorale di Di Piero aveva fatto registrare la partecipazione fisica di molti dei Sindaci del territorio, a testimonianza dell’attenzione che si riversava su quella vicenda.
E dire che, personalmente, avevo avuto l’opportunità di parlare, con Di Piero, di queste cose.
Era ancora estate e ci trovammo ad un appuntamento culturale molto significativo; circolavano indiscrezioni, in città, sulla possibilità che lui fosse candidato con una coalizione (ampia) di centrosinistra e parlammo delle questioni aperte (problemi e personaggi). Lo invitai a non lasciare aperti discorsi non chiari sui comportamenti di persone e gruppi che spingevano perché lui accettasse. E mi rassicurò sul fatto che tutto era chiaro.
A valutare le dichiarazioni rese dallo stesso Di Piero in chiusura del Consiglio Comunale del 30 dicembre (quello al termine del quale lui è uscito da Palazzo San Francesco “dimissionato”) sembra proprio che le “questioni aperte” non siano state affatto chiarite: altrimenti lui non avrebbe parlato di sottovalutazione, non avrebbe fatto onestamente “ammenda pubblica” del suo comportamento….Certamente sulla “graticola” non sarebbe stato messo immediatamente, da quando alcuni consiglieri comunali eletti, qualche giorno dopo l’insediamento andarono a votare per la conferma di Caruso (uomo del centrodestra) alla presidenza della Provincia (generando presto una brutta “querelle” in Liberamente Sulmona).
Insomma la verità è che il “civismo” inteso come aggregazione di singoli che si mettono insieme per scalare un rango, nella politica cittadina e non, ancora una volta ha vinto. E con le aggregazioni che nascono come sommatoria di interessi minimi ed individuali si hanno le proverbiali “gambe corte”, non si va lontano e ci si ferma al primo crocevia, perché alcuni cambiano casacca e passano da una parte all’altra, senza nemmeno comunicarlo, tanto meno “giustificarlo”.
Con questi comportamenti l’interesse pubblico diventa secondario. Anzi, scompare; non si deve render conto ad un gruppo della funzione delegata dagli elettori (con il voto a “consigliere comunale”); non si deve render conto di quel che fai e del dove stai (in maggioranza o in minoranza); i comportamenti sono estemporanei, rapsodici e “umorali”. Quest’è.
Mentre la politica, al contrario, necessita di un disegno, di una linea di condotta, di un percorso che deve seguire una via per traguardare una meta. Altrimenti non si va da nessuna parte.
E non è rilevante, a mio personale giudizio, stabilire se dietro le nove firme c’è stata una regia.
Mi sembra scontato ed evidente, in questo momento, che lo sconfitto di tre anni fa, Andrea Gerosolimo, ribadendo, oggi, formalmente il suo disinteresse a ricandidarsi, dica altro. Importante, tuttavia, è quel che afferma. Dichiara che lui, addirittura, con una “sua” lista, andrà in competizione ad Avezzano per sostenere la rielezione di Di Pangrazio, sostenuto da una coalizione di centrodestra. Dove sbaglia Gerosolimo, a mio parere (e sbaglierebbe, evidentemente, Di Pangrazio a dargli credito), è fare affidamento su un’aggregazione “civica” che dichiara, oggi, di voler entrare in un raggruppamento costituito da partiti strutturati come tali, appartenenti ad un’area politica ben definita, soprattutto se, quantitativamente, l’apporto dell’appartenenza è decisivo per il funzionamento di un disegno politico. Capiamoci. Gerosolimo, quando rende noto di aver incontrato Tirabassi ed esponenti del centrodestra cittadino per proporre un’aggregazione dei “suoi” civici con loro, a Sulmona, non fa altro che un’operazione simile a quella per la quale oggi Sulmona, fino a primavera, dovrà tenersi il Commissario prefettizio.
È la individuazione dello strumento politico che garantisce affidabilità e certezza dei percorsi che un’amministrazione municipale è chiamata a garantire, non le persone che possono, “liberamente”, dal giorno alla mattina, decidere di stare da un’altra parte.
Di fronte ai problemi che questo territorio ha, occorre chiarezza di impostazione e certezze di gestione.
Non si può pensare che un Sindaco, perché lontano dalle posizioni di Fratelli d’Italia non possa chiedere con la necessaria forza a Marsilio che la Regione faccia e dica cose che interessano il territorio. Almeno fino a quando il sistema democratico è garantito dagli ordinamenti vigenti che conosciamo. E Marsilio non può far finta di non aver recepito quello che le amministrazioni locali, pur di segno politicamente diverso da quello di sua appartenenza, chiedono e si aspettano. Funziona così, nei rapporti istituzionali. Non possono aver udienza cittadini “a titolo personale”, perché troppe sarebbero le istanze, spesso contradittorie e/o addirittura contrastanti.
Questo è il nodo vero, la ragione profonda che ha portato questa città e questo territorio fuori dalla gestione diretta delle problematiche più grosse per le quali lo spopolamento aumenta con ritmi preoccupanti, quel poco di “occupazione stabile” che resiste (Magneti Marelli) nonostante le crisi di sistema che bloccano tutta l’Europa, addirittura da mesi galleggia tra una cassa integrazione ed un’altra, senza un futuro fatto di certezze; gli artigiani, ma anche gli esercenti commerciali ad un certo livello (penso ai tabaccai, per esempio) chiudono; è vero che il movimento turistico foraggia, in qualche modo, operatori economici di tipo diverso (dai ristoratori ai titolari di posti-letto)…ma da solo, nel complesso, il sistema non tiene, anzi è a rischio di rottura vera, se oramai i “nostri” giovani sognano soltanto di andarsene (come fanno).
L’assistenza sanitaria, sul territorio, diventa ogni giorno di più evanescente e per riuscire a veder mantenuti gli impegni (presi a chiacchiere) sulla sanità di prossimità, sulle case della salute (che non ci sono) sul bisogno di impinguare il personale ospedaliero del S.S.Annunziata (medici ed infermieri)…non bastano “civici” (incontrollabili) che da trent’anni monopolizzano la richiesta di consenso per andare ad amministrare Palazzo San Francesco. Occorrono scelte capaci di coinvolgere ed attenzionare gruppi politici strutturati che non solo abbiano possibilità audizione presso il Consiglio regionale ma, nel caso, anche alla Camera e al Senato, e/o direttamente, presso gli uomini di Governo. È elementare.
Quest’è la storia dei fallimenti degli ultimi trent’anni di fronte a noi. Questa la storia di un’utilizzazione (in gran parte incomprensibile) dei fondi europei per la “resilienza” e la “ripresa” post-COVID. Questa è la ragione delle difficoltà di casa nostra.
Sì, ma chi ricorderà tutto questo nel momento in cui, a primavera, saremo richiamati a votare per gruppi di candidati che conterranno “tutti” …e il contrario di tutto, insieme?
Che sia chiaro, chi scrive, con queste riflessioni, non ritiene che si possa e si debba impedire a chiunque di decidere di sottoporsi “liberamente” al giudizio elettorale. Ci mancherebbe altro. È soltanto una tesi sul modo di fare la politica, tesi suggerita dai fallimenti con i quali facciamo i conti, in questa (triste) alba del 2025.