MASS MEDIA E PREGIUDIZIO VERSO LA MALATTIA MENTALE

C’è ancora bisogno di Ideologia

     Il lavoro di scrittura è analisi che si offre all’analisi
     Da Il piccolo Hans - Il lavoro di scrittura. Frammenti di un programma comunista. Sul corporativismo dello “spirito”, n. 11, 1976, di Antonio Prete, leggiamo: «La scrittura è un lavoro di sterramento e di scavo, che invece di vedere affiorare tracce di antichi edifici, incontra ogni volta dei segni che confermano che l’edificio è sepolto altrove, sotto un terreno che nessuno ha mai dichiarato zona archeologica…
Il lavoro di scrittura è analisi che si offre all’analisi. La prima analisi è produzione di diversioni, spostamenti, sintomi, attraverso un lavoro che contemporaneamente sopprime le tracce e le porta altrove; la seconda analisi (ri)costruisce il movimento della sparizione delle tracce, e dall’altrove risale non più all’autore né al progetto, ma alle contraddizioni reali che il lavoro della scrittura aveva trans-formato (cioè messo in forma, spostato nello spazio rassicurante e risolto della forma)».

     Dare voce a chi voce non ha
     Il 6 e 7 dicembre 2024 si svolgerà a Roma, nel Centro congressi Frentani, la seconda Conferenza nazionale autogestita per la Salute mentale. Riprendiamoci i diritti è lo slogan. Ripartiamo dai servizi territoriali per il budget di cura è il tema con il quale le associazioni Altri Orizzonti, 180 amici, Cosma, Percorsi, Unasam, Cittadinanzattiva Abruzzo, Arci Abruzzo Molise, Cisl Abruzzo Molise, Uil Abruzzo indicono una mobilitazione sociale per sostenere rivendicazioni chiare e affermare il diritto alla tutela della salute mentale e alle cure, costruendo alleanze e strategie di promozione dei diritti. (Paolo Di Vincenzo, in Gazzettino della Valle del Sagittario online).
     Pressoché contemporaneamente, il 7 e 8 dicembre 2024, si terrà a Scanno il corso formativo, riservato ai giornalisti, “La deontologia come requisito indispensabile per un giornalismo di qualità nell’era della comunicazione digitale”, per festeggiare gli 80 anni del giornale locale “La Foce”. Si parlerà di “Editoria e stampa locale e dei fattori di crisi dei giornali locali”. Qualora uno degli argomenti trattati nel corso cadesse sul tema specifico, cruciale per noi, “dar voce a chi voce non ha”, allora siamo interessati alla discussione. Come accennavo su queste pagine, ne La follia e l’importanza dei mass media, 17 novembre 2024, è esattamente sull’espressione “dar voce a chi voce non ha” che vorrei soffermarmi un po’, giacché anche i pazienti psichiatrici gravi che ho conosciuto presso il Dipartimento di salute mentale della ASL Roma 2, si caratterizzavano per essere pazienti “assoggettati”. Pazienti ai quali non era sufficiente restituire la voce (sappiamo che lasciar parlare di sé non è lo stesso che parlare di sé). Era necessario, invece, dopo la chiusura definitiva del manicomio sancita dalla legge n. 180 del 1978, meglio nota come “Legge Basaglia”, costruire le condizioni affinché si riappropriassero essi stessi della propria voce, dei propri pensieri, delle proprie emozioni, delle proprie relazioni affettive. In questo consisteva il lavoro di cura: nell’aiutarli a superare l’assoggettamento e riappropriarsi della propria vita intera. Un lavoro complesso di fronte al quale la cosiddetta “normalità” dei sani opponeva/oppone generalmente una solida resistenza, ossia un muro difficile, ma non impossibile, da abbattere e di cui il pregiudizio verso la malattia mentale – ossia cronicità, incurabilità, pericolosità – è uno dei fattori costituenti: “contrariamente a quello che si crede – afferma la psichiatra dell’ospedale di Piacenza, Ester Pasetti – è forse meno facile essere aggrediti da una persona malata di mente in questo momento rispetto alla cosiddetta popolazione normale” (nella trasmissione de La7: Otto e mezzo, 20 novembre 2024). È per questo motivo che alla psicoterapia si affiancava/si affianca sempre un lavoro mass-mediatico e “politico” da parte dell’équipe curante; un lavoro volto alla sensibilizzazione e alla condivisione della “presa in carico” del paziente da parte della comunità di appartenenza. La sensibilizzazione veniva e viene svolta, come ora, in questo momento, anche mediante gli organi di informazione che si rendono disponibili.
    
      Al Parlamento europeo di Strasburgo
     Ricordo l’11 maggio 2005. Siamo un gruppo di psichiatri, psicologi, pazienti, familiari di pazienti e giornalisti. Ci troviamo alla Sala conferenze del Parlamento europeo di Strasburgo. Ci accolgono diversi parlamentari, tra i quali gli on.li Giovanni Berlinguer e Roberto Musacchio. Tra gli altri pazienti, prende la parola Mario D’Arrigo (v. il volume Europa senza manicomi – Il viaggio di un’idea – 44 matti a Strasburgo, 2005):
“Buongiorno, sarò sintetico, breve ma preciso. Mi chiamo Mario D’Arrigo e vengo da Roma. Sono un utente del Dipartimento di salute mentale di una ASL di Roma. Sono in cura dal 1968 e convivo con le mie problematiche, ma queste non mi impediscono di sentirmi una persona viva e attiva, nel vero senso della parola. Venendo al dunque, vorrei parlare della Legge Basaglia entrata in vigore nel 1978, che partendo da alcune esperienze pilota, Arezzo, Gorizia, Perugia, Trieste, ha prodotto effetti benefici nel resto d’Italia e anche in Europa. E anch’io ne ho beneficiato: questa è stata la prima legge che ha promosso la chiusura dei manicomi e il conseguente decentramento territoriale dei servizi, stando così all’avanguardia del disagio psico-fisico. Dalla mia esperienza personale posso sostenere che questa legge ha portato grandi benefici. Riflettendo sul senso dei manicomi questi mi rivengono in mente come veri e propri lager dove venivano rinchiusi tutti i malati mentali e non solo: quelli malati, affetti dal morbo di Parkinson, Alzheimer e altri disagi. Posso sostenere che attualmente ci si sta impegnando per promuovere la convivenza e l’integrazione sociale di persone che presentano disagi mentali, orientandosi su un miglioramento del loro benessere attraverso formazioni di lavoro più adatte ad ogni soggetto. Io, per esempio, sono socio fondatore della Cooperativa Il Grande Carro e lavoro nella manutenzione del verde e come meccanico. Alla luce di questi fatti chiediamo la chiusura dei manicomi in Europa e non solo, e una maggiore attenzione a favorire forme di convivenza senza discriminazione sociale che tendono ad emarginarci dalla società non considerando il nostro modo di essere persone vere e civili. Sperando che questa mia testimonianza possa esservi utile per comprendere questo problema, ringrazio Psichiatria Democratica che si sta battendo da anni per questo progetto. Inoltre, ringrazio tutti i presenti per l’attenzione. Grazie”.
     
     C’è ancora bisogno di Ideologia
     Nel 2009, scrivevo con Luigi Attenasio – allora direttore del Dipartimento di salute mentale della ASL Roma 2 e presidente nazionale di Psichiatria Democratica – che con la caduta del muro di Berlino non ci siamo illusi sulla fine della storia (Fukuyama, 1992), su una “politica senza ideologia”, con la pace in un mondo finalmente libero e “trionfante” sul comunismo o una “post-politica” retta da una visione ottimistica, non conflittuale, della globalizzazione. Il mondo va a destra – scrivevamo sul quotidiano Gli Altri –, l’aggressività soprattutto verso il diverso, “icona del male”, è a livelli di guardia; in più da noi si tenta di scardinare l'assetto istituzionale nato con la Carta costituzionale: presidenzialismo, federalismo anti/solidale, bipartitismo anti/proporzionale, rifiuto della laicità, attacco al sindacato, al diritto di sciopero... Per la psichiatria poi si tenta di svellere la 180 dall’humus democratico del paese con disegni di legge francamente impresentabili, proprio costituzionalmente (Obbligatorietà di cura di nuovo eterna e in strutture private!!!).
     Il giurista, già presidente della Corte Costituzionale, Gustavo Zagrebelsky ritiene la democrazia un ideale che, per concretizzarsi, deve essere calato nella realtà, come anche la legge 180, (e in fondo anche la Costituzione è “sulla stessa barca”) avvertendo, noi con lui, un certo turbamento nel raffronto tra ciò che l’ideale richiede che debba essere e ciò che la pratica dimostra essere. “La democrazia in cui viviamo è come l'aria che respiriamo… ci si fa caso quando viene a mancare o diventa tossica”. Come non pensare subito a Basaglia, alla sua attualità, al Basaglia “disobbediente”, “ideologo ma anche trasformatore instancabile della realtà”, “costruttore di una etica diversa dei legami sociali più che filantropo”, “utopico come è chi non si arrende alle cose così come sono e per questo dà senso alla vita perché la vita abbia un senso”.
     Lo abbiamo ripetuto più volte: la legge 180 emana un forte odore di umanità, ha resettato, in positivo, l'esistenza dei “colpiti” dall'esclusione manicomiale e anche di coloro che dal 1978 sono riusciti ad evitarla. Siamo pochi? Anche se fosse, la 180 è ancora legge di Stato, e come dice Zagrebelsky, rafforzando così il nostro convincimento: non esiste nessuna ragione per sostenere in generale che i più vedano meglio, siano più vicini alla verità dei meno. Anche Basaglia, nelle Conferenze brasiliane, scriveva: “Noi, nella nostra debolezza, in questa minoranza che siamo, non possiamo vincere, perché è il potere che vince sempre. Noi possiamo al massimo convincere. Nel momento in cui convinciamo, vinciamo, cioè determiniamo una situazione di trasformazione difficile da recuperare”. E per convincere coloro che sostengono disegni di legge miranti a modificare la 180 noi ci ostiniamo a difenderla attivamente mediante l'estensione dei suoi principi, oltre a quello sanitario, anche in altri settori ed altri ambiti, in particolare quello culturale, mass-mediatico e pedagogico (si veda, a questo riguardo, il volume edito da Armando, Roma, 2009: Chi ha paura della follia? La 180 nella Scuola: roba da matti, di L. Attenasio, M. Ciani e A. Di Gennaro. Un racconto di come collaborare proficuamente con gli studenti delle scuole superiori nella distruzione del pregiudizio verso il mito della incurabilità e pericolosità del cosiddetto matto).
     Insomma, verrebbe da dire che, oggi più di ieri, c’è ancora bisogno di Ideologia, di Etica, di Politica, di Democrazia.