La follia e l’importanza dei mass media

Ho letto con piacere la lettera, che condivido, datata 16 novembre 2024, con la quale il Presidente dell’Ordine dei Giornalisti d’Abruzzo, Stefano Pallotta, esprime al Direttore di questo Gazzettino, prof. Roberto Grossi, il riconoscimento per il suo impegno e dedizione alla professione giornalistica.
Ho apprezzato, in particolare, la nota del prof. Grossi, ove precisa che “lo scopo è stato solo quello di fondare e dirigere un giornale di vallata, un mezzo di comunicazione libero, che sapesse raccontare la storia dei nostri paesi e di “dar voce a chi voce non ha”.
Ecco, è su quest’ultima espressione che vorrei soffermarmi, giacché anche i pazienti psichiatrici gravi che ho conosciuto durante la mia professione di psicologo e psicoterapeuta presso il Dipartimento di salute mentale di Roma 2, si caratterizzavano per essere pazienti “assoggettati”. Pazienti ai quali non era sufficiente restituire la voce; era necessario, invece, dopo la chiusura definitiva del manicomio sancita dalla legge n. 180 del 1978, che si riappropriassero della propria voce, dei propri pensieri, delle proprie emozioni, delle proprie relazioni affettive. In questo consisteva il lavoro di cura: nell’aiutarli ad uscire dall’assoggettamento e riappropriarsi della propria vita.
Un lavoro complesso di fronte al quale la cosiddetta “normalità” dei sani opponeva/oppone generalmente una solida resistenza, ossia un muro difficile, ma non impossibile, da abbattere e di cui il pregiudizio verso la così detta malattia mentale è uno dei fattori costituenti. È per questo motivo che alla psicoterapia si affiancava sempre un lavoro “politico” da parte dell’équipe curante; un lavoro volto alla sensibilizzazione e alla condivisione della “presa incarico” del paziente da parte della comunità di appartenenza. La sensibilizzazione veniva e viene svolta, come ora, in questo caso, anche mediante gli organi di informazione che si rendono disponibili.
E fra questi è il Gazzettino della Valle del Sagittario nel quale, grazie, appunto, alla sensibilità del prof. Grossi, ha preso forma, da parecchi anni ormai, la rubrica dei Racconti di politica interiore. È qui che chi scrive tenta di gettare un po’ di luce sulla “follia”, che – lo ricordiamo – assume significato se osservata nell’intreccio delle dinamiche relazionali più rilevanti in cui essa prende corpo e si manifesta. È nostra convinzione che il punto di vista della “follia” possa aiutare a capire qualcosa di più della cosiddetta “normalità”. A maggior ragione se consideriamo che – come la poetessa Alda Merini, ricoverata per un periodo in manicomio ed elettroshockata,  ci ha mostrato ripetutamente – i pazienti sono portatori di grandi e inediti saperi, quelli dettati dall’esperienza della sofferenza e della continua ricerca di una soluzione attuabile ai problemi detti “psichiatrici”.