Cocullo Elzeviri
13 Novembre 2024, 07:00
IL DUCA “SARCHIA”
il feudatario che signoreggiò su Cocullo
Nino Chiocchio
Così fu soprannominato il feudatario che signoreggiò su Cocullo cinque secoli fa e ricordato così dai nostri nonni fino all’epoca recente; ma fu un nobile con tratti somatici ben delineati o un signorotto che impersonò il signore del feudo al tempo dei Piccolomini? In verità un riferimento piuttosto verosimile potrebbe attagliarsi all’ultimo rampollo dell’ultimo ramo dei Piccolomini-Todeschini: Alfonso, duca di Montemarciano, nato nel 1558 e morto nel 1591. Il personaggio sarebbe stato definito “Sarchia” per il simbolo del casato che somiglia ad una mezzaluna e, nel caso specifico di questo Alfonso, sarebbe stato definito con quell’appellativo per la somiglianza del simbolo del casato (Piccolomini-Todeschini) ad un falcetto, dialettalmente noto qui come “sarrecchia”.
Il castello di Cocullo fu restaurato dai Piccolomini nel 1585 su un vecchio maniero costruito dai Berardi-Ruggeri e di esso ora restano soltanto la torre e la facciata della terremotata chiesa di San Nicola, in cui sono incisi i loro simboli araldici. Cocullo è stato un semplice feudo, passato dai Ruggeri ai Piccolomini alla fine del 1400, dipendente dalla baronia di Pescina a sua volta circoscrizione della contea di Celano, la quale, come dice il nome, ebbe un conte a capo della signoria; ma nel nostro paese si ricordava un “duca Sarchia”. Tale era l’ultimo discendente dell’ultimo fratello di Antonio Piccolomini-Todeschini, il quale discendente era appunto duca e fu coinvolto nella vicenda che cerchiamo di riassumere.
Antonio Piccolomini-Todeschini fu il primo conte di Celano e l’ultima sua discendente in linea diretta era Costanza, la quale avrebbe donato poi ai Chierici Teatini il palazzo di Pio II, su cui sarebbe successivamente sorta poi la chiesa romana di Sant’Andrea della Valle. Come ultimo discendente dell’ultimo fratello di Antonio, Alfonso Piccolomini-Todeschini, duca di Montemarciano, avrà rivendicato a Costanza un pezzetto del palazzo papale poiché, verso il 1585, essendo stato punito severamente con l’incendio della sua rocca di Montemarciano, era costretto a scorrazzare ramingo per la Penisola.
Nel 1576, dopo la morte del padre, Costanza aveva ottenuto dal re Filippo II di Spagna il diritto di successione al titolo di baronessa di Scafati, già spettante al suo capostipite. Però nel 1580 questi era stato ucciso da Alfonso di Montemarciano, forse prima dell’attacco a Tolfa, Giovanni zio di Costanza. L’anno seguente morì pure la madre della predetta, Silvia, oltre che moglie di Innico signora del Giglio e della Pescaia. Intanto, nel 1572 Giovanni aveva comprato dalla nipote Costanza, tra altri feudi, Cocullo.
La morte di Silvia gettò nella costernazione la figlia, ma costei fu accolta e consolata dalla contessa di Celano, vedova di Giovanni e dal figlio Alfonso, cugino in prima di Costanza e barone di Scafati. Con il passare dei mesi l’affetto dei parenti dell’ultima discendente in prima linea scarseggiò ed emersero le frizioni a causa della baronia di Scafati.
Nella targa lapidea affissa su una parete esterna del castello l’iniziativa del restauro indica un anonimo Piccolomini. Non credo che possa essersi trattato di Giovanni II di Scafati, poiché questi era occupato dai pensieri delle prossime nozze con Lucrezia Carafa; né rivela la sua firma nel futuro contratto di vendita alla Peretti poiché egli firmava per il padre Giovanni. Penso che, invece, le spese per il restauro del castello se le era accollate Costanza: donna pia e figlia di una madre devotissima sarà stata lei che avrà fatto apporre al centro della targa della lapide un calice.
Nel 1590 il duca di Montemarciano, bandito gentiluomo, Alfonso (da non confondere con l’altro Alfonso cugino di primo grado mentre il gentiluomo bandito era cugino della stessa contessina, ma in settino grado), scorrazzava nell’Italia centrale e nella zona di Allumiere; forse in queste circostanze si incontrò con Marco Sciarra e ne divenne amico.
Ma nel marzo 1591 il bandito gentiluomo fu arrestato in Romagna e poi giustiziato a Firenze mediante impiccagione. Nel mese successivo Alfonso II di Scafati e la cugina Costanza vendettero la contea di Celano, compreso Cocullo, a donna Camilla Peretti, sorella del papa Sisto V.
In definitiva il Montemarciano, prima protetto dai Medici di Firenze, alla fine era stato ricercato da tutti dopo la condanna a morte in contumacia inflittagli dagli stessi Medici e quindi era normale, e per questo forse ricattava la cugina Costanza per avere un ricovero sicuro, e, mentre continuava nelle scorrerie, trovò posto ai margini del maniero per i masnadieri di Marco Sciarra.