Ezio Sbordoni

Morto a Pescara il 17 Agosto 2024

… Senti mia cara, non puoi mai immaginare come sono rimasto contento nell’aprire la lettera scrittami il giorno 23-10-42, nel trovare dentro la cara foto del nostro caro tesoro Ezio; pensa, cara, appena l’ho visto sono stato circa mezz’ora a baciarlo, e non me la potevo levare da vicino alle mie labbra questa cara foto del nostro piccolo. La gioia, la contentezza ieri non mi hanno fatto sentire né fame né sete, e tampoco il freddo che, come sai, è il nemico più grande per noi quaggiù. Tornato al mio cantuccio ho messo al mio capezzale questa sacra immagine che per me è tanto, ma tanto cara ed ogni volta che entro dentro non faccio altro che guardare, sorridere, riguardare, e la tanta contentezza mi fa piangere, finché i miei compagni mi disturbano dicendomi: “Com’è bello, eh, Sbordoni!?”; allora riprendo fra le mani la foto, e là, di nuovo parecchi bacioni, poi qualche ordine mi fa dimenticare tutto…
Così, il 15 novembre 1942, scriveva alla moglie Dora il bersagliere Tullio Sbordoni, dalla Russia sterminata, non lontano dal “colossale” Don, tra il frastuono ed il rimbombo delle katiuscia, al riparo del fortino riscaldato da una stufetta a legna, consumando il rancio – una “gustosa gavetta di pasta e patate, con mezza galletta, e una bevuta di acqua fatta con la neve…”
Pochi giorni dopo Tullio fu gravemente ferito e trasportato con mezzi di fortuna nell’ospedale di una città vicina al mare, ove si attendeva una nave-ospedale che lo avrebbe trasportato in Italia; però arrivò prima un nucleo armato di nemici che, stando a quanto ha poi riferito il cappellano militare, sterminò i feriti. In queste condizioni, fra i pianti della madre di Ezio che nella snervante attesa non sapeva se illudersi sulla sorte del marito, fu allevato e fu segnato il fanciullo. Questi restò fedele alle idee ed ai sentimenti del padre caduto; ma, ripetiamo, il trauma lo aveva segnato. Ezio era riservato e un po’ introverso: quando passeggiava solitario preferiva dialogare con qualche raro amico e nella casa, a Cocullo, dove tornava spesso nella buona stagione - e dove aveva trascorso l’infanzia e l’adolescenza protetto dall’amore della madre e della nonna materna Catella -, custodiva gelosamente una teca in cui aveva sistemato i resti del padre ritrovati in una fossa comune: tre bottoni, la piastrina di riconoscimento, la Croce al Merito di Guerra.
Ora Ezio riposa nello stesso cimitero, a Cocullo, dove hanno trovato pace i suoi cari e le reliquie del padre.