Villalago Interventi
18 Ottobre 2024, 07:52
La verità, nient’altro che la verità, sulle pianticelle morte nella “Foresta di Amarena”
Roberto Grossi
“Quello che è stato fatto una sola volta è come se non fosse mai stato fatto”.
E’ un proverbio che mia nonna mi ripeteva, quando m’incitava, essendo io restio, a tornare a dare l’acqua all’orto del Prato. Allora ero un ragazzo e non ne capivo il vero significato. L’ho compreso più in là con gli anni nel leggere “L’insostenibile leggerezza dell'essere” di Milan Kundera.
Nel dare la notizia della morte delle povere pianticelle della “Foresta di Amarena”, scrissi: “Circa la totalità della pianticelle sono morte per il mancato “accudimento”. Sono morte di sete, perché nessuno si è preoccupato nei mesi caldi di andarle a irrigare”.
Mi rispose, tramite il suo account FB Rosaria Maria Gatta, con una lettera molto garbata in cui sosteneva che lei, insieme a Vittorio Caputi e con l'utilizzo e l'aiuto di una ditta specializzata di Scanno “avevamo provveduto all'irrigazione delle piantine che, nel mese di agosto e nonostante la forte calura estiva, non mostravano (secondo lei) segni di sofferenza”.
A leggerla, non specificando nulla, ai più è sembrato che l’irrigazione sia stata costante nel tempo.
In una seconda lettera, Rosaria mi ha "rimproverato", data la nostra corretta amicizia, di non aver sentito il suo parere sull’accaduto.
Ieri ci siamo incontrati casualmente mentre lei tornava a casa e io andavo in piazza.
Le ho spiegato che non ho chiesto nulla a lei, perché avevo saputo da altri, che l’irrigazione era avvenuta una sola volta nella prima decade di Agosto. Con quel caldo agostano, secondo me, è stato come bere, assetate com’erano, un mezzo bicchiere d’acqua. L’irrigazione doveva essere continua e ripetuta almeno due volte la settimana.
Tornando al proverbio: per me è come se non fosse mai stata fatta. Va detto anche che (andai a vederle) erano ormai in agonia.
Me ne dispiacque molto, perché le piante sono degli esseri viventi e vanno curate con amore. Lo so bene, perché mio nonno aveva un frutteto con un centinaio di piante e tutta la mia famiglia l’ha curate, finché non sono morte di vecchiaia. Ogni primavera mi mandavano a zappare il terreno intorno ad esse, stando accorto a fare un ampio “cerchio”, che potesse accogliere quanto più acqua piovana, altrimenti sarebbe stata dilavante.
Alle povere pianticelle questo non è stato fatto.
Lo sguardo e gli occhi di Rosaria esprimevano, mentre parlava, il dispiacere di quanto accaduto e soprattutto per essere stata lasciata sola con questa incombenza, da chi aveva avuto l’idea della “foresta”. La notizia della loro morte, le è arrivata come una sconfitta personale, per un progetto a cui aveva creduto che potesse essere realizzato.
Auguro a Rosaria, che a Primavera avvenga il miracolo di poter vedere quelle pianticelle rifiorire.