Abruzzo Politica
17 Ottobre 2024, 07:38
Parliamo di cose concrete
QUANTI MODI DI ESSERE (O SENTIRSI)
“VILLALAGHESI DOC”
Andrea Iannamorelli
Rieccoci, ben ritrovarti. È una vita, praticamente, che non tralascio di esternare il mio personale pensiero (più o meno su tutto) su quello che ci accade intorno (da Villalago alla Valle del Sagittario, su e giù, dagli Altipiani alla Vallata peligna, sempre interpretata nella maniera più estesa possibile, fino alla Valle Subequana, che porta all’Aquilano, ovvero alla conca del Tirino, che tramite il Pescara, ci conduce all’Adriatico).
È il “vizio” (o il “pregio”, mi piace di più) di chi orgogliosamente ha fatto politica per troppi anni ed ha anche un debito di riconoscenza nei confronti di quanti, nel passato (dalla Valle del Sagittario in generale e segnatamente da Villalago) mi hanno scelto, votandomi (specie al tempo delle preferenze), per delegarmi la rappresentazione dei propri bisogni, delle attese, delle speranze legittime. E oggi, forse, avvertono un qualche malcelato fastidio, perché in qualche modo potrebbero sentirsi…dimenticati.
Ma c’è anche dell’altro. Io, professionalmente, ho lavorato nella scuola, da docente prima e, presto, da dirigente scolastico, per complessivi quaranta anni, rispetto ai quasi ottanta che oggi mi sorreggono ancora. E a Villalago proprio ho incominciato a “dare” lezioni di Lettere, nella scuola Media, chiudendo la mia carriera di dirigente nell’intera Vallata, da Scanno, che era sede staccata della scuola Media Ovidio di Sulmona nella quale sono stato incardinato per più di dieci anni. Per questa “testata”, pertanto da sempre, posso dirlo, conservo l’archivio, ricchissimo, delle cose scritte a stampa e, successivamente nella versione on-line.
Come potevo, ora che “valledelsagittario” si mette a nuovo, non esserci?
Roberto Grossi ha sentito il dovere di chiedermelo. (Pubblicamente voglio ringraziarlo). Ma non ce n’era bisogno; anche perché questa è una congiuntura storica (per l’Abruzzo, l’Italia, l’Europa ed il resto mondo) nel quale come ha detto lui, autorevolmente, citando Oriana Fallaci, “…parlare diventa un obbligo”.
Rieccomi, pertanto. Sempre a discutere con voi, liberamente, con chi ne avrà interesse, delle questioni delle quali mi sono occupato da sempre: cose concrete, dalla formazione, alla salute, alle infrastrutture e sul ruolo istituzionale che la Costituzione riconosce ai cittadini italiani, nell’ottica di una comunità pluralista e democratica che settant’anni fa, circa, ha voluto cancellare vent’anni di vicende delle quali sarebbe meglio non parlare più perché caratterizzate da sofferenze materiali, psicologiche e politiche che hanno distrutto famiglie ed hanno imposto a chi è restato di ricominciare daccapo.
Le ragioni tecnologiche che oggi ci fanno essere più “belli” ci hanno imposto un “silenzio” che praticamente ha assorbito l’estate. E la cosa triste, nonostante qualche piccola ragione di ottimismo, è che in questo trimestre ce ne sarebbero state di occasioni per essere protagonisti nella rincorsa di una speranza di futuro che possiamo (dobbiamo) ancora pretendere (in garanzia, da quanti “ci” governano. Perché non possiamo rassegnarci all’inedia).
L’estate è una “stagione bella”, per noi della Valle del Sagittario, avendo ricevuto, dalla natura regali enormi che fanno nel “nostro” ambiente una situazione invidiabile, da godere tutta, quando la situazione atmosferica ci aiuta: montagna, boschi, laghi, flora e fauna pregiate e protette, risorse gastronomiche da “consigliare” a chi ancora non le conoscesse, giacimenti culturali degni di eccezionali “escursioni del FAI”. E quindi, visto che da Sulmona il Comune apre un ambizioso e lodevole confronto su “gli stati generali della cultura”, ci viene di suggerire all’Assessore Carlo Alicandri Ciufelli che la Valle del Sagittario può starci. Ha i titoli per “starci”.
(E andrebbe coinvolta). Anche d’inverno, tutte queste “nostre” ricchezze (il cui valore si triplica, se messo in rete con i territori e i centri vicini e circostanti, appunto) hanno i prerequisiti per essere godute (e, nella circolarità del sistema economico, produrre PIL che resta sul territorio interessato. Per aiutarci a star meglio; per convincere i giovani a restare, a non scappare via).
Evidentemente, allora, noi non possiamo tralasciare di denunciare una visibile disattenzione (un pressapochismo insopportabile) da parte di chi, dal Governo del paese, è il responsabile della efficacia/efficienza delle infrastrutture di collegamento che, nella nostra fattispecie, rendono facilmente raggiungibili questi nostri territori. Perché questo ci interessa: se il nostro territorio è facilmente raggiungibile, su gomma o rotaie, il turismo riesce ad esprimere tutta la sua potenzialità di ricchezza, per noi.
Ma verificare che ancora nelle recenti trascorse settimane i Sindaci interessati al ripristino della sicurezza e dell’efficacia di A/24 e A/25 denunciano i mancati, attesi incontri con il Ministro Salvini, ci indigna. Anche perché ora, ad indignarsi è medesima società di gestione di questi tronchi autostradali che, riavuto l’onere di provvedere, lamenta lentezze ed impedimenti che rallentano (pensate!) l’avvio di un processo che (kafkianamente) le era stato addebitato ed era alla base di una decisione che le autorità giuridicamente competenti, hanno cancellato del tutto o quasi.
Come del resto vogliamo dire “grazie” al Consiglio di Stato che, almeno per ora ha bloccato la “mattanza dei cervi”. E non perché noi siamo in sintinonia con…Amarena. Anche per questo. Insomma come è possibile che questa regione che ha nell’attrattiva naturalistica la sua forza e la maggiore e più concreta prospettiva di PIL, decida di “dichiarare guerra” alla fauna protetta. Questo qualcuno, dalla Regione ce lo deve spiegare. Ma ne parleremo diffusamente.
Allora? Allora c’è da fermarsi e da analizzare e da rimettere in evidenza le carenze di servizi fondamentali su questo nostro territorio. Che poi forse sono alla base di gran parte delle ragioni dello spopolamento che ci indebolisce di giorno in giorno e ci rattrista.
La situazione della carenza dell’assistenza sanitaria si aggrava, invece di ridarci vigore. Che prospettive di rilancio c’è per un punto nascite che dovrebbe farci consolidare (a fine sperimentazione in atto) il riconoscimento del primo livello all’Ospedale dell’Annunziata, se proprio in questi giorni si aggrava ancor di più la carenza di assistenza pediatrica già insufficiente? (Meno male che “i bambini dormono”, come diceva qualche tempo fa qualche consigliere regionale, con molta ironia, di fronte ad una carenza che non ancora faceva registrare le preoccupanti situazioni dell’oggi, quando soltanto tre pediatri di base dovrebbero teoricamente rispondere ad un’utenza che investe tutto il comprensorio, dal subequano al sagittario, passando per tutta la Valle Peligna. E come non comprendere o giustificare il timore delle giovani coppie di mettere al mondo bambini, in questo territorio.
Non è soltanto la carenza dei pediatri, che ci preoccupa; è questa sì, ma insieme alla carenza dei medici di famiglia e alle carenze, inutilmente strillate e sottolineate da tutti dei servizi ospedalieri è il quadro complessivo dell’insufficienza e delle carenze di assistenza che ci preoccupano.
Ecco perché noi, di questa fetta d’Abruzzo, andiamo a farci curare altrove incidendo in maniera pesante sul deficit della mobilità passiva, sulla quale la Regione, alle strette delle proteste, a fatica fa i conti ma pare che non riesca a trovare soluzioni utili, perché rischia il commissariamento, anche se continua a dire che non è vero. E non parliamo delle soluzioni che timidamente si tenta di sperimentare: tagliare anche la spesa per i farmaci. Sarebbe una follia!).
Cos’altro deve accadere per leggere che qualche decisione di positiva ripartenza si sta prendendo?
E della formazione dei nostri ragazzi parleremo al dettaglio la settimana prossima. Certo è assurdo che nel 2024 i servizi essenziali, per le scuole, anche quelli dei ragazzi della fascia dell’obbligo, a metà ottobre siano inesistenti!...
Bene la prospettiva di costruzione del polo regionale di protezione civile a Sulmona. Nel medio e lungo termine, come dicono gli economisti, la decisione potrebbe generare anche nuova e qualificata occupazione. Ma attenzione ad evitare che qualcuno possa all’improvviso scoprire che…sono insufficienti le infrastrutture. Soprattutto dopo che l’estate passata ha prodotto l’avvio del processo di rifunzionalizzazione dell’ex Caserma Cesare Battisti. Non scherziamo. Quanti immobili inutilizzati, oramai, “dormono” (inutilizzati) nel capoluogo peligno!? Immobili che, a servizio di tutto il vasto territorio, potrebbero esser funzionali a far rinascere una ragione di permanenza o ritorno su questo nostro territorio che continua, al contrario, a rischiare la “rottura” strutturale (sempre per tornare al linguaggio che usano gli esperti in economia).
Ma gli “esperti”, nei diversi settori, oramai in questo nostro Paese pare che non voglia ascoltarli nessuno.
A fine agosto, infatti, allarmati sono stati gli appelli di imprese e confindustria per rilanciare l’asse Tirreno/Adriatico.
Dopo la pandemia l’Italia di mezzo, dalla Liguria, addirittura, all’Abruzzo, registra un PIL dimezzato; e non recupera, rispetto ai tempi pre-crisi come il Sud (grazie ai fondi UE) e il Nord (con gli stanziamenti del Pnrr). Decrescita e denatalità sono i mali profondi di questo pezzo d’Italia. Dalla SVIMEZ al CENSIS si fa un gran parlare (altamente qualificato, s’intende) dei “guai” dello spopolamento che pesa su tutto il Paese. Addirittura l’anziano prof. De Rita, nei giorni scorsi (a proposito del Giubileo) è tornato, con una lunga intervista su “Il Messaggero”, ad avvertire che lo Smart Working non fa bene allo sviluppo perché snatura le città (le case diventano B&B e la chiusura degli uffici aggrava una tendenza negativa, perché impoverisce i luoghi dell’incontro e del confronto, che invece fanno ricchezza e “cultura”. È una situazione che conosciamo bene).
Ma la risposta positiva a queste apprensioni non la vediamo. Anzi. È come per sanità abruzzese. Andarsi a curare fuori regione ci impoverisce. Lo sappiamo, non da oggi; ma pare che non importi nulla ad alcuno, né del livello locale di Governo, né di quello nazionale.
Ecco perché, per esempio, abbiamo sperato che la ZES potesse restituirci un ruolo di attività produttive, capace di generare mobilità positiva del tipo di quello che caratterizzò gli anni settanta/ottanta del secolo scorso, per questa regione e per le zone interne, in particolare. Ma la ZES, almeno finora, cosa ha prodotto?
Ci siamo lasciati all’inizio di luglio, mentre ci ponevamo la domanda su che fine stesse facendo la ZES, dopo che la gestione era stata accentrata a Palazzo Chigi. Ma la risposta non è arrivata e per ora non credo che arriverà. Fiduciosi nel futuro, non disperiamo.
Nel frattempo, tuttavia per far crescere davvero quel poco di turismo che ci sostiene davvero, proviamo a mettere insieme le forze di tutti, dalla confluenza dell’Aterno nel Pescara, fino al Sangro. Non si sa mai.