"NU PAISITTE, ‘NA CHIESA, ‘NA TORRE"

Il titolo del sonetto è “Abbruzz’”: lo recitava sempre mamma e immaginiamo che esso possa essere modellato su molti paesetti della nostra terra compreso Cocullo, dove la maestra Clara venne come insegnante; però va notato che lei era nata in un paesino vicino a L’Aquila, dove aveva anche studiato e nella cui parlata potrebbe riflettersi il dialetto aquilano.
Sulla carrozzabile Cocullo-Pescina, dopo la salita della “Costa della Spada” e prima della località “Olmo di Bobbi”, guardando in fondo verso la Valle Subequana, si vede uno spicchio del mare Adriatico. Negli anni ’20 del secolo scorso nel territorio del nostro paese scorreva un torrente tumultuoso, affluente del fiume Sagittario che poi si congiungeva con l’Aterno e il Pescara. Cocullo e la frazione Casale sono ricchi di memorie antiche e pastorali e nella valle, ma anche in montagna, compaiono molti resti e macerie. Per cui un ricordo nostalgico è d’obbligo e con esso gli affetti più cari.
Sui prati vedi scorrere le “morre” di pecore che pascolano sotto il cielo sereno; i contadini, siamo sempre negli anni ’20, rivoltano le zolle mentre i boscaioli fanno rivivere antichi motivetti campagnoli.
L’implorazione alla terra in cui si è nati termina il sonetto con un peana nostalgico.
 
ABBRUZZ’
Dalle cime cchiù bbianch’ agliu mare/ va gliu fium’a crapicce ch’ corre;
tra la valle pretosa cumpàre/ ‘nu paisìtt’, ‘na chiesa, ‘na torre.

Oh, da quant’ cuntàt’ so’ l’ore/ da che manco e ddò’ aspetta ‘nu core!
Pe’ lle prate la mandra repasce,/ pe’ lle terre revann’ gl’arate,

dagli bbosch’ resonen’ l’asce/ i le vecchie canzò’ d’ gli patre.
Oh tu, Abbruzz’, tu, terra d’amore,/ chi è luntàne te pensa i c’ more!