Valle Peligna Editoriali
31 Luglio 2025
Parliamo di cose concrete
RETROSCENISMI E DISFATTISMI *
Andrea Iannamorelli
Incomincia a diventare difficile la scelta di argomenti sui quali svolgere un commento, un’analisi, eventualmente azzardare un’opinione da mettere a confronto in un dibattito aperto e pubblico.
Certo il web ha le sue responsabilità, la possibilità di consentire a tutti di dire quel che si vuole (su tutto) non solo non ha aiutato ad arricchire il dibattito, ma in molti casi lo ha defraudato di credibilità, soprattutto in relazione ai “like” di compiacenza. E comunque resta, la responsabilità del web, solo una parte di un fenomeno che sembra gestito da poche, sapienti mani, fatte a posta per dirigere un’opinione pubblica spesso impreparata comunque distratta, annoiata ovvero stanca e preoccupata per quel che accade, in paese, in Abruzzo, in Italia, nel mondo. Fino al punto che sceglie di evitare di guardare l’informazione televisiva che, soprattutto nelle fasce orarie serali, fino a qualche tempo fa, era particolarmente seguita.
La verità è che i cambiamenti che caratterizzano il mondo nel quale viviamo sono tantissimi, in ogni campo e molti pretendono competenze tecniche specifiche per essere compresi e valutati. E si riconcorrono, contraddicendosi velocemente, legati alla fonte di diffusione che nel perseguimento di interessi particolari, spesso manipola informazioni, allo scopo di sviare le opinioni del ricevente.
Sapete cosa mi viene in mente? Che tanti decenni fa, quando ancora insegnavo, insieme ad altri colleghi, specificatamente formati dal Ministero della P.I. andavamo in giro, in Italia, per svolgere “corsi di formazione”, destinati a docenti designati dai Collegi dei Docenti dei diversi istituti su “la lettura del quotidiano in classe” ed il discorso spesso tracimava dal solco tracciato perché diventava strumento per aiutare l’uditorio ad esaminare le problematiche legate a tutti i possibili strumenti dell’informazione e della comunicazione: stampa, radio, televisione, cinema…
Fu una stagione (anni sessanta/settanta) ricca di stimoli e di risultati formativi innovativi ed interessanti con esiti, come sempre, in un modello sociale caratterizzato dal dominio della democrazia e della libertà delle opinioni, con esiti contraddittori: esaltazione dello spirito costruttivo di convivenza, nell’attuazione dei principi fondamentali sanciti nella nostra Carta Costituzionale, fuga verso estremismi che hanno tentato anche di minare i principi fondamentali di cui qui s’è detto.
Ora, da qualche decennio, né a scuola, né altrove ci si preoccupa di valutare la veridicità di quel che quotidianamente viene offerto dalla cronaca. Ecco perché a ciascuno anche agli “imbecilli” (come ebbe ad osservare Umberto Eco), è data la possibilità di esprimere opinioni anche su argomenti per i quali occorrerebbe preparazione specifica e conoscenze esperte.
Ovviamente, questo è un fenomeno che non nasce oggi. È un fenomeno che nella storia si è manifestato in forme diverse, con incidenze ed esiti diversi a seconda dei livelli di democrazia di cui le classi politiche dominanti sono state espressione. Più “basso” quel livello, più alta l’attenzione ad affermare la verità (ovvero l’opinione) del governante in carica.
Io (per ragioni tutte legate alla mia antica formazione culturale) non ho smesso di seguire, quotidianamente non una ma più “rassegne stampa”, preoccupandomi di assicurarmi letture con matrici e/o interessi politici diversi e posso pertanto affermare che cresce, nella mia quotidiana esperienza, oggi, la presenza nelle fonti informative (stampate, dette o viste…) dei “retroscenismi” (vale a dire delle “verità nascoste”, ovvero delle verità non dette…) più che dei racconti cronachistici.
Quindi, in relazione a questo, cresce, proporzionatamente, anche la valutazione sul “disfattismo”, nel significato più politicamente corretto richiamabile alla memoria di chi, per ragioni anagrafiche e culturali, non può non pensare all’uso che i capi del regime fascista usavano nei confronti di chi non sembrava totalmente affine alle idee, alle valutazioni, ai giudizi che sui fatti “i fascisti” sentenziavano.
Attenzione, mi permetto di dire. Il fenomeno non appartiene soltanto alla cronaca nazionale e/o internazionale. Ma incomincia a manifestarsi in maniera sempre più pregnante anche qui, nella nostra periferia: proprio da noi, in casa nostra, ma anche in Abruzzo, oltreché in Italia.
Perché. È più agevole, per la classe politica dirigente, che vuole costantemente confermare la capacità di orientamento della pubblica opinione, proporre la narrazione di incontrollabili retroscena, apoditticamente indimostrabili come veritieri per i quali nel momento in cui esprimi un giudizio di perplessità, mettendolo in discussione, come si usa dire, ti ritrovi “appiccicato” un giudizio di “disfattista” che certamente mina alla base la credibilità di quel che dici.
In altre parole: ho la sensazione che siamo tutti condizionati, dai livelli periferici e cittadini a quelli nazionali, europei ed internazionali, da una classe politica dirigente, per carità, sempre espressione della volontà popolare, ma che è molto impegnata nel farci credere quello che vuole che si sappia e che discrimina facilmente, come “disfattista”, chi ritiene di dover esprimere pubblicamente un proprio dissenso.
Sinceramente, nei miei ottanta anni (tra qualche mese), non ho smesso mai di occuparmi di questioni di pubblico interesse o di pubblica utilità, o per attività professionale svolta per conto dello Stato ovvero per attività professionale libera e personale. E penso che quello che viviamo sia il momento più basso e degradato del confronto pubblico, personale, tra gruppi socialmente organizzati in partiti e/o comunque concorrenti nella gestione delle istituzioni.
Mai così in basso. Che tristezza.
* Nel comune “gergo” giornalistico “retroscena” è il racconto offerto da chi firma l’articolo su fatti non dichiarati, ma pur accaduti, a suo dire, all’interno di una cronaca che riguarda ciò che viene raccontato. L’attendibilità della narrazione è affidata pertanto all’attendibilità propria di chi la offre. Non senza motivo è difficilissimo, sul medesimo avvenimento leggere “retroscena” coincidenti. Pertanto il retroscena appartiene di più e meglio all’opinione di chi lo propone all’interno dell’avvenimento che riferisce.
* “Disfattismo” (in uso, nella nostra lingua, con sfumature diverse a seconda dei contesti) sostanzialmente ha a che fare con l’atteggiamento di accentuato scetticismo o di critica distruttiva nei confronti di strutture o direttive, specialmente politiche o economiche, oppure nei confronti della buona riuscita di un'impresa.