IL MISTERO DI SANT’AMICO IN DUE PUNTATE

Prima puntata - Da giovane desistei dallo stuzzicare la memoria dei “vecchi” intesa a stabilire la possibile dislocazione dell’area dove era stata eretta la chiesa di S. Amico per le troppe discordanze su varie località; infine stimai opportuno riconoscere che quasi tutte le risposte riconducevano agli “Amici di Dio” a cui accennerò appresso e che ci si ripresenteranno nello spazio e nel tempo in varie sfaccettature e con vari corollari.Sant’Amico di Avellana, da molti confuso con l’omonimo Santo di Rambona per via del miracolo del lupo ammansito che gli aveva sbranato l’asino e che poi caricò la legna che il Santo aveva tagliato nel bosco (per cui l’altro simbolo iconografico è l’ascia sulla spalla), sarebbe nato a Camerino tra il 920 e il 930 e morto a San Pietro Avellana tra il 1040 e il 1050. Fu prima monaco benedettino e poi sacerdote. Monaco, si ritirò in eremitaggio presso Torano e lì eresse un altare dedicato all’Arcangelo Michele e più tardi un oratorio che ottenne fosse benedetto dal vescovo di Valva. Morì nel monastero di San Pietro Avellana, che era stato fondato da San Domenico abate intorno al 1020. È il patrono di San Pietro Avellana.
A Cocullo nella chiesa della Madonna delle Grazie in un trittico cinquecentesco è raffigurato nel saio cistercense dopo Sant’Antonio abate e prima della Maddalena. Queste scarne notizie preludono all’identificazione di un Santo con due nomi, poiché:
1- Picasso scrive che nel Mille una schiera di monaci riformatori percorse l’Italia centrale guidata da Domenico di Sora; può darsi che quella schiera comprendesse anche Sant’Amico di Camerino. Infatti Frattini aggiunge che Sant’Amico ebbe degli adepti: dal che potremmo arguire che quando l’eremita marchigiano, stanco e malandato, si fermò a San Pietro Avellana, almeno una parte dei suoi seguaci poi si unì al gruppo del Folignate, il quale  preferì proseguire il suo peregrinare verso la valle del Flaturno. Io penso sia più probabile che il titolo della chiesa esistente a quel tempo a Cocullo sia derivato da quel movimento settentrionale che fu chiamato “Amici di Dio”.
2- Nel 1104, anno in cui il pontefice aveva canonizzato San Domenico, esisteva una chiesa a Cocullo senza intitolazione ufficiale ma identificabile in base a diversi indizi: infatti, papa Pasquale II, che era “sceso da Roma per risolvere vertenze fra comunità locali”, visitando la Diocesi di Valva, aveva citato anche Cocullo in una Bolla del 1108 (v. REGESTI DI M. CASSINO)==
3- Quel movimento di carattere mistico sorto intorno al 1300, orientato alla radice evangelica, composto di uomini e donne, laici, preti, frati e suore, movimento che prese il nome di “Amici di Dio”, consisteva nella volontà degli adepti di annullare la propria personalità nell’estasi divina, peraltro operando e predicando santamente durante i lavori consueti. Per certe pratiche anticiparono i Valdesi e condannarono la deriva dei costumi clericali.
4- Nel 1183, scrive Mons. G. Celidonio (“La Diocesi di Valva e Sulmona”), papa Lucio III aveva indirizzato una Bolla al vescovo di Valva rimarcando le chiese erette nei paesi della sua Diocesi, in conseguenza della “ribellione dei monaci” e della reazione dei chierici e quindi anche dei vescovi nonché dei feudatari. In fondo i monaci vedevano una usurpazione del clero secolare sul seminato della loro vetusta predicazione, visto che “Nella Diocesi Valvense i monaci, per la loro pervicacia inveterata e per l’assenza dei Vescovi, osano fare man bassa sulla giurisdizione di costoro, amministrando i battesimi nelle loro Chiese, i sacri olei agl’infermi, ingiungendo la penitenza ai laici, ribenedicendo fin gli scomunicati e gl’interdetti dai Vescovi”. La Bolla era stata poi  replicata nel 1188 quasi integralmente da Clemente VIII. Rileviamo che in questa trascrizione parziale del documento datato 1183 il pontefice, elencando le chiese dei singoli paesi della Diocesi, si rende responsabile di risolvere la “prava” consuetudine di reciproche invasioni. Omissis…
“Chiesa di S. Nicola, Chiesa di S. Egidio, Chiesa di S. Magno, Chiesa di S. Pietro, Chiesa di S. Mercurio, S. Amico e S. Maria in Cocullo”. Omissis
Lamentele fatte in ordine alle usurpazioni, a parte quelle dei titolati laici, evidentemente  furono tante; forse ne fu fatta una pure per Cocullo, in cui stava per scoppiare un’altra rivolta di carattere religioso. Nel 1356 un vescovo di Sulmona (francescano OM), nominato da un monaco francescano (OM) che era stato creato rettore della Abbazia di Montecassino,anche lui Minorita, citò, nella relazione della visita pastorale, le chiese del paese fra le quali quella intitolata a Sant’Amico che era parrocchiale. Questo Vescovo fu poi definito dai cronisti “manesco”. Tuttavia nel 1392 i frati cassinesi fecero portare dai confratelli della grangia casalana di S. Giovanni in Campo le reliquie di San Domenico in quella chiesa, evidentemente retta da un chierico.
5- Nel 1294 era stato eletto papa Pietro del Morrone con il nome di Celestino V.  Questi aveva fondato la Congregazione dei “Fratelli dello Spirito Santo”, richiamandosi ai Padri del deserto, a Celestino III (che aveva riconosciuto il movimento dei “gioachimiti”) e a Giacchino da Fiore (erano i suoi  punti di riferimento) e lui, volendo riportare la Chiesa al rigorismo spirituale primitivo, si era scontrato con il successore Bonifacio VIII, il quale invece era aperto ed aveva accettato lo sviluppo del progresso sociale: di qui la svolta bonifaciana che aveva favorito da una parte il consolidamento dell’edificio ecclesiastico, rischiando però la dignità della sua istituzione. Fra l’altro, penso, la vittoria di Bonifacio aveva inciso negativamente su quello che prima del 1300 era stata l’abitudine di incuneare tutte le tradizioni nella religione. L’emancipazione comportava necessariamente l’esigenza di ingentilire e privare dalle scorie pagane l’antica usanza (usanza che, rapportata alla nobiltà delle origini, si esprimeva in un grosso mosaico per tanti e quanti tasselli diversi e connessi l’avevano alterata in modo che ad un certo punto qualche buontempone, poniamo di Antiochia, vi abbia spruzzato una tinta slavata) con le norme dell’etica adeguata alla collettività rinnovata.
San Domenico e Sant’Amico vissero in epoca longobardo-normanna, quindi allora non c’erano scrupoli sulla forma delle tradizioni pagane. (Fine della prima puntata)