Animalismo a senso unico: le campagne di Brambilla affossano la pastorizia, la biodiversità e le tradizioni locali

Le recenti rivelazioni dell’inchiesta giornalistica di Report hanno acceso i riflettori su una questione che non può più essere ignorata: le campagne mediatiche promosse dall’onorevole Michela Vittoria Brambilla non solo danneggiano economicamente interi settori produttivi, ma rischiano di compromettere il fragile equilibrio ambientale e sociale delle aree montane italiane, mettendo in pericolo la stessa esistenza di alcune specie animali.
Da anni, la deputata conduce una battaglia contro il consumo di carne di agnello e capretto, con una propaganda martellante che ha contribuito a un drastico calo della domanda di questi prodotti, mettendo in ginocchio centinaia di aziende agricole. Queste campagne, spesso veicolate con slogan semplicistici e privi di un reale approfondimento sulle conseguenze economiche e ambientali, hanno avuto un impatto devastante sulla pastorizia italiana, costringendo molte piccole realtà alla chiusura e spingendo intere famiglie ad abbandonare le aree interne del Paese.
La pastorizia non è solo una tradizione secolare: è una risorsa strategica per la tutela del territorio e per garantire la continuità delle specie ovine e caprine. Questi animali esistono in virtù di un sistema agricolo che ne promuove la riproduzione e ne assicura la sopravvivenza. Senza la pratica della pastorizia, la popolazione ovina e caprina subirebbe un drastico declino, portando all’estinzione di razze storiche e alla perdita irreparabile di biodiversità.L'allevamento e di conseguenza la specie si rinnovano ed esistono in quanto vengono utilizzati l agnello ed i capretti e per nessun altro motivo. Non è solo una questione economica, ma anche ecologica: la presenza delle greggi nei pascoli contribuisce al mantenimento del paesaggio montano, alla prevenzione del dissesto idrogeologico e alla conservazione di un equilibrio tra uomo e natura. Se l’onorevole Brambilla sostiene di voler difendere gli animali, chi difenderà il tessuto economico e sociale di queste comunità, ridotte ormai allo stremo da una retorica fuorviante e divisiva?
Come se non bastasse, l’inchiesta di Report ha sollevato interrogativi inquietanti sulla gestione dei fondi destinati alla tutela degli animali da parte della Lega Italiana Difesa Animali e Ambiente (LEIDAA), presieduta proprio da Brambilla. Secondo le accuse, le donazioni raccolte per il benessere animale sarebbero state utilizzate per finanziare attività personali e politiche della deputata. Una rivelazione che mette ulteriormente in discussione la reale finalità delle sue campagne mediatiche.
Ancora più paradossale è il fatto che, mentre promuove battaglie mediatiche contro la carne ovina, l’onorevole Brambilla risulterebbe legata ad attività imprenditoriali nel settore ittico, con aziende coinvolte nella commercializzazione di salmone e gamberetti. Un’evidente contraddizione che mina alla base la credibilità delle sue posizioni e lascia spazio a dubbi sulla reale coerenza del suo impegno animalista.
Questa vicenda impone una riflessione urgente: l’animalismo non può essere strumentalizzato per finalità politiche o economiche, né può diventare un’arma per distruggere interi comparti produttivi senza offrire alternative concrete. È tempo di smascherare l’ipocrisia e di difendere chi ogni giorno lavora nel rispetto della natura, delle tradizioni e della sostenibilità reale.
Basta propaganda distruttiva: il futuro delle nostre montagne, della biodiversità e delle nostre tradizioni non può essere sacrificato sull’altare di un animalismo a senso unico.
Nunzio Marcelli, Presidente Consorzio di Tutela Agnello del centro Italia
Presidente RETE PASTORALE APPIA