Villalago Ricorrenze
13 Dicembre 2025
Pagine di storia
Quel tragico 13 Dicembre del 1943 a Villalago
Il mitragliamento di un uomo di sessant'anni
Redazione
L’8 settembre 1943, giorno dell'annuncio dell'armistizio, anche a Villalago, come in tutte le città e i paesi dell'Italia, ci fu un clima di festa, con manifestazioni di giubilo. Suonarono le campane a distesa e la gente usciva fuori casa per poi recarsi in chiesa per la celebrazione di una messa di ringraziamento al santo protettore, San Domenico, che come il parroco-coadiuvatore, don Emidio Emilio, disse nell’omelia, aveva salvato il paese da tanti lutti.
Tutti pensavano che la guerra fosse ormai terminata e con essa lutti e sacrifici. Lo fece sperare anche il ritorno dal fronte di molti soldati, dopo il caos che si generò nell'esercito italiano con la firma dell'armistizio. I Tedeschi con la Repubblica di Salò continuarono a combattere contro le forze anglo-americane, per fermarne l'avanzata. Dopo la ritirata da Napoli, il comando germanico costituì in Abruzzo la linea Gustav e presidi militari dislocati in tutta la fascia confinante nel quadro di una strategia che prevedeva una linea di difesa prima di Roma. Era un baluardo che da Cassino si estendeva dal Carignano all'alto Sangro per incunearsi su Ortona a Mare, larga su tutta la sua lunghezza dai 12 ai 18 km, su cui erano stati posti sbarramenti minati.
Che la guerra fosse alle porte lo si era capito dal primo bombardamento della stazione ferroviaria di Sulmona.
Il 13 Settembre del 43 le truppe naziste entrarono con alcuni reparti a Sulmona. In pochi giorni occuparono tutte le caserme abbandonate dai soldati italiani, gli edifici pubblici e le case private per la sistemazione dei militari. Il comando del presidio militare venne installato nella camera dei carabinieri di via Mazara. A Introdacqua per la sua posizione nascosta tra le montagne fu posto il sottocomando del fronte Ortona a Mare - Parco Nazionale d'Abruzzo. Per controllare l'accesso al parco tramite la Valle del Sagittario-Passo Godi occuparono tutti i centri di questa strategica direttiva viaria.
A Villalago arrivarono il 14 ottobre, il giorno dopo la dichiarazione di guerra da parte dell'Italia alla Germania. Qualche giorno prima si videro in ricognizione del paese alcuni soldati tedeschi sulle moto.
Inizialmente vi si stabilì un presidio di paracadutisti, di circa 300 unità, arrivati su camion muniti di mitragliatori. Erano per lo più soldati convalescenti e veterani, che avevano bisogno di riposo, prima di ritornare al fronte.
Il comando fu posto nella casa di Luigi Iafolla, il palazzo sito in piazza Celestino Lupi. Contemporaneamente requisirono gli edifici pubblici e le case migliori con il sistema della “dispersione” delle unità militari, già in uso in altri centri. Furono occupate dai soldati diverse abitazioni cacciandone i legittimi proprietari.
Con l'arrivo dei Tedeschi cambiò radicalmente la vita di Villalago. Se prima la guerra era stata vissuta di riflesso, tramite le notizie che arrivavano via radio dal fronte, ora si capì che il paese era zona di operazioni militari, che erano sotto un esercito nemico che generò una diffusa paura di morte insieme a quella di essere deportati nei campi di concentramento.
Si iniziò subito con il coprifuoco, nonché con la requisizione di derrate alimentari, di coperte, materassi, utensili di rame, fedi nuziali e il razziamento di animali. Per salvare parte di questi alcuni pastori lasciarono le greggi nelle zone più impervie dove i tedeschi non potevano arrivare, ma che essi erano in grado di riprendere. Per tutto il paese vennero affissi dei manifesti in cui furono riportati gli ordini del comando tedesco, che prevedevano pene durissime per chiunque non li osservasse.
Le case venivano perquisite stanza per stanza, e perfino le casse e gli armadi erano rovistati. Molti cercarono di salvare il salvabile murando attentamente beni non deperibili. Il bestiame requisito venne lasciato in custodia ai relativi proprietari, infatti alcuni pastori erano costretti a pascolare le greggi che erano di proprietà dei tedeschi. Da Scanno transitavano quasi ogni giorno morre di pecore che venivano condotte verso la campagna romana e poi in zone di guerra per le truppe in armi.
Quell'anno il freddo e la neve comparvero molto presto. Il Natale si avvicinava nella desolazione e nella povertà più assoluta. In chiesa per la messa di mezzanotte, che venne anticipata alla sera, ritardando di un'ora il coprifuoco, si ritrovarono solo donne, ragazzi e qualche uomo anziano, insieme con alcuni soldati tedeschi.
La mattina del 13 dicembre, si scorsero delle casse di vimini, legate a paracaduti di vario colore. Si sparse subito la voce e molti si recarono nei luoghi dov’erano caduti. I tedeschi alloggiati da Bradamante, notarono da lontano quel viavai di persone e spararono in alto credendo che fossero i fuggitivi inglesi dal campo di concentramento di Sulmona. Gli anglo-americane per soccorrerli paracadutavano casse con viveri, medicinali e quanto di necessario per l'immediata sopravvivenza.
Una decina di soldati si misero in assetto di ricognizione e andarono a verificare cosa stesse accadendo. Le persone impaurite si fermarono.
Il sergente tedesco Hudi raccontò di aver visto un uomo, di bassa statura, con i capelli bianchi dirigersi verso una delle tante casse paracadutate dagli aerei inglesi atterrate nella zona dello Sterparo. Insospettito lo seguì e lo vide fermarsi vicino ad una di quelle casse. Il sergente credendo che fosse un inglese l'intimo da lontano l'alt, sparando alcuni colpi in alto. L’uomo non si fermò. Arrivato ad un muretto, cercò di scavalcarlo per andare nell’orto che aveva vicino il lago di Scanno. A questo punto sparò una sventagliata di colpi, finché non lo vide accasciarsi senza vita sul muro.
L’uomo era Domenico Grossi, detto Pupacchio, di anni 60, coniugato in seconde nozze con Maria Carmela Colangelo, padre di cinque figli. Era un bravo muratore. Quella mattina era andato insieme con gli altri per vedere cosa fossero quelle casse. Con l'età aveva perso l'udito e quindi non poteva sentire nessun passo, ne udire i rumori. È vero che era vicino ad uno di quelle casse, ma taglio solo alcuni legami del paracadute per farne dei lacci. Furono trovati ridotti a gomitolo vicino al suo corpo.
La ferale notizia si diffuse in un attimo per tutto il paese ma nessuno sapeva chi fosse stato ucciso se non che avessi i capelli bianchi. così come era stato riferito dal sergente Hudi.
Questi portò alcuni uomini con sé. Domenico era appoggiato al muretto che aveva cercato di scavalcare. Stava ancora in piedi, leggermente piegato. Aveva sangue da tutte le parti e perfino dentro le scarpe. Con una barella venne portato al cimitero. Quando arrivarono i familiari tra i pianti lo lavarono e rivestirono. Sul corpo nudo si contarono12 colpi.
Domenico Grossi fu il primo civile di Villalago ucciso dai Tedeschi. La sua morte suscitò sdegno e paura per il futuro.
I funerali furono celebrati direttamente al cimitero. (Fonte, Villalago nella Seconda Guerra Mondiale, di Roberto Grossi)
Il 5 Marzo 1944 perirono quattro giovani, su un camion tedesco, partito per andare a caricare alla stazione di Anversa delle balle di biada per i cavalli.
Sarebbe cosa degna se Villalago li onorasse con delle pietre d’inciampo, insieme a Domenico, in un luogo della memoria, anche se i loro nomi sono segnati nella lapide dei Caduti di Guerra, per preservare la memoria di chi fu vittima innocente dei nazifascisti.

