Parliamo di cose concrete

GLI UFFICI DI PROSSIMITÀ

Mantengo la promessa: quindici giorni or sono avevo raccontato di aver pensato di scrivere qualcosa sugli “Uffici di prossimità”, argomento che, preso dall’urgenza dell’attualità della cronaca (la destituzione e sostituzione di Pantaleo nella giunta Tirabassi a Sulmona), fu “sacrificato”. Oggi lo recupero.
È di questi giorni la notizia delle “aperture” (20 in tutta la Regione) di questi nuovi “uffici” che, realizzati con costi a carico di fondi europei (quelli per la “coesione”) hanno la finalità di migliorare la vita di cittadini che, residenti in Comuni disagiati e comunque lontani da centri provinciali e/o Comuni di maggiore residenza, sono costretti a muoversi per il disbrigo di pratiche di vita ordinaria, quelle, cioè, per le quali non è obbligatoria una commissione legale affidata ad un rappresentante avente titolo di accesso ad uffici per il disbrigo di documenti rilasciati dagli “Uffici Giudiziari territoriali”. La misura integra, per volontà della Giunta regionale in carica, le iniziative volte a tentare di drenare lo spopolamento, soprattutto dei centri montani e disagiati, offrendo servizi ai residenti in comuni non ricadenti nelle aree territoriali servite dai Tribunali non provinciali per i quali si è trovato il modo, da parte del Governo, di soprassedere alla prevista soppressione (Avezzano, Sulmona, Lanciano e Vasto); servizi minimi, sebbene necessari, evitando il disagio del viaggio da casa presso il Tribunale di competenza. E ciò anche per alleviare e diminuire l’aggravio di lavoro dei Tribunali medesimi, in cronica carenza di organico.
Per carità, non si può non plaudire all’iniziativa anche se è innegabile che non potrà accadere che con questa tipologia di servizi che si riesca a “contrastare” lo spopolamento e l’abbandono dei piccoli centri della “nostra” montagna. Non soltanto perché per drenare la scelta dei giovani di “andare lontano” occorrono offerte di lavoro (che non ci sono), oltreché “servizi” (burocratici, come nel caso di cui ci occupiamo); ma anche perché se si entra nel merito di quello che questi uffici possono offrire si scopre che è ben poca cosa, rispetto ai bisogni veri per i quali da tempo, tra la gente residente nelle montagne abruzzesi, si attendono risposte positive. Un esempio? La fruizione di alcuni servizi sanitari, quelli che obbligano il cittadino a recarsi negli ambulatori della ASL, per utilizzare i quali le liste sono strapiene e ci rimandano a mesi di attesa. La Regione lo sa, ora ne è consapevole, tant’è che Marsilio tenta, a livello nazionale di far accreditare più risorse, dal Governo dal plafond per l’esercizio del diritto alla tutela della salute (“per salvare le zone interne occorre cambiare la gestione del fondo sanitario”, pare che abbia detto in un recente convegno) e Verì ora scopre giornate di rincorsa (con lavoro straordinario da espletare e da remunerare in eccedenza all’ordinario), per il recupero di chi è in lista d’attesa e prevede tempi di espletamento degli esami richiesti eccessivamente lunghi ed insopportabili (l’ASL di L’Aquila anticipa 600 trattamenti in lista d’attesa…).
Dico questo non per amore di polemica, ma perché seguendo con attenzione quello che accade intorno a noi, avendo segnalato, su queste colonne, dalla fine dell’emergenza Covid in poi, le aspettative diffuse tra la popolazione convivente, in questi giorni, avendo preso atto con interesse che fondi europei sono stati destinati a garantire servizi territoriali “di prossimità”, non abbiamo potuto fare a meno di associare alla cronaca di questi giorni, le idee che da anni rappresentiamo, fino alla “nausea” (sia per chi legge che per i sottoscritto che propina gli argomenti…).
E vado oltre, facendo quello che, piaccia o no a chi “governa”, è uno dei ruoli propri della stampa locale: il pungolo. Allora, ecco una proposta: è possibile che con accordi legittimati dai poteri territoriali e periferici (Sindaci/ASL/d’intesa con la Regione) si possa incrementare la gamma dei “servizi” in questi “uffici di prossimità”, utilizzando in maniera programmata locali e personale, per collegare i residenti nei Comuni montani a rischio di abbandono, ai distretti sanitari territoriali senza obbligarli ad accedere fisicamente ai CUP per prenotare gli accessi agli ambulatori specialistici pubblici, con un risparmio di tempo e di spese, per analisi ed esami di cui il cittadino necessita?
Visto che da alcune settimane si parla diffusamente di strategia a vantaggio delle zone interne e dando l’attesa rilevanza alla nascita di questi “spazi” che certamente, anche se con molti limiti, aiutano la “resilienza” in queste zone, perché i Sindaci non assumono l’iniziativa di porsi come interlocutori dei bisogni reali dei loro amministrati e non fanno qualcosa che dia il segno della speranza?
In definitiva ora Marsilio non dovrebbe contrastare una simile iniziativa, pena una palese contraddizione, tra i suoi comportamenti “romani” e quelli abruzzesi.