Scanno Interventi
29 Ottobre 2025
Lettera al direttore da Domenico Di Vitto
Riflessioni sulla statua del Pastore e sulla replica del direttore
Redazione
Gentile Direttore, ho letto con attenzione la sua replica e la ringrazio per aver voluto chiarire il suo pensiero.
Mi preme sottolineare che nel mio intervento non vi era alcuna intenzione di offendere né la persona né il professionista, ma solo di esprimere — come lei stesso rivendica — un legittimo punto di vista.
Il riferimento al fatto di “non essere di Scanno” non voleva certo essere discriminatorio, ma semplicemente evidenziare che talvolta il legame con un luogo, vissuto quotidianamente, può far percepire diversamente la sensibilità di certe scelte artistiche o culturali.
Ribadisco il rispetto per il suo percorso giornalistico e per il lavoro svolto a favore dei paesi della Valle del Sagittario.
Sul piano delle idee, rimane la mia convinzione che un artista del calibro di Antonio D’Alessandro meriti di essere ricordato e onorato nel modo più degno, e che la sua statua del Pastore debba trovare una collocazione consona alla sua importanza e al valore simbolico che rappresenta per la comunità di Scanno.
Resto sempre dell’opinione che il gusto si discuta, ma il talento no, e che ogni confronto civile, anche tra vedute diverse, sia una ricchezza per tutti.
Con stima e cordialità, Domenico Di Vitto
Non ho nulla da replicare per non farla più lunga del dovuto.
L’occasione mi dà, comunque, la possibilità di chiarire ancor di più il mio risentimento verso la cultura dell’esclusione.
Quel “Non di Scanno”, messo in evidenza con lettere maiuscole e in grassetto, è stato per me una frecciata in pieno petto.
Non sono di Scanno perché non vi vivo? e per questo non posso essere sensibile alle opere di un artista scannese, anche se sono stato uno dei pochi che ha seguito il pastore nel suo peregrinare?
Caro Domenico, si è di un paese, se lo si vive partecipando, se si conoscono le persone, se si lotta con le idee per il bene comune, se si amano e si rispettano le tradizioni popolari e non perché lì si è nati o si risiede.
Ho la fortuna di aver sposato una donna scannese, che mi ha trasmesso l’attaccamento al suo paese, dove ho parenti, amici e conoscenti, che mi ha fatto assorbire il suo dialetto, il suo modo di essere.
Per più di vent’anni ho insegnato le materie letterarie nella scuola media di Scanno. Ho conosciuto le famiglie dei ragazzi, ho parlato con i loro genitori, ascoltato i loro problemi.
Come insegnante ho sempre cercato di innestare negli alunni l’amore per il proprio paese, con ricerche e lezioni a “scuola aperta”, facendoli assistere a tutte le tradizioni e sopportando il disagio del viaggio per la conoscenza di altri luoghi.
Non ho trascurato in nessun modo gli insegnamenti tradizionali, perché volevo che fossero ricchi di saperi e forniti di abilità scrittorie con la padronanza della morfologia e della sintassi.
Avendo alunni di Scanno e di Villalago ho sempre messo in atto strategie didattiche per farli lavorare insieme, perché non si apostrofassero: “tu si de la Villa” e “tu si di Scanno”.
Scanno e Villalago, come usano dire i nostri padri, sono “Cambra e Cucina”. E perché non unirli in un’unica casa? Ci ho provato con incontri pubblici su la fusione dei due comuni. Purtroppo senza sortire nulla, perché osteggiata.
Arrivato il pensionamento, non mi sono chiuso nelle mie stanze, ma col giornale ho raccontato Scanno e ho criticato le scelte amministrative sbagliate, mi sono adoperato anche culturalmente con i “Sabati letterari” al Caffé Pan dell’orso e con la stampa di libri di alcuni poeti dialettali scannesi.
Caro Domenico, tu che dici? Non sono di Scanno?
Cordialmente, Roberto Grossi

