CHI È COSTUI?

«Carneade! Chi era costui?» ruminava tra sé don Abbondio seduto sul suo seggiolone, in una stanza del piano superiore, con un libricciolo aperto davanti, quando Perpetua entrò a portargli l'imbasciata. «Carneade! questo nome mi par bene d'averlo letto o sentito; doveva essere un uomo di studio, un letteratone del tempo antico: è un nome di quelli; ma chi diavolo era costui? »
Costui è un pronome dimostrativo, usato oggi per lo più con un tono ostile o di disprezzo.
Ai miei alunni ho sempre raccomandato di non usarlo, perché è un pronome arcaico, a meno che si voglia volutamente disprezzare la persona a cui è riferito.

Ho letto ieri pomeriggio su “La piazza di Scanno” un pistolotto che riporta un passo del mio editoriale dello scorso 22 Ottobre sul “Pastore errante”, scritto (secondo la fonte) da Domenico Di Vitto.
Il costui è riferito a me, persona, come l’autore tiene a precisare con lettere maiuscole e in grassetto, “Non di Scanno”. Le lettere maiuscole in questo caso sono riverenziali, perché solo in questo modo la grammatica le giustifica. Da esperto d’arte, qual egli è, si attorciglia tanto nella sua prosopopea, che alla fine finisce per contraddirsi e venire dalla mia parte.
Lo ringrazio sia di questo, sia di aver evidenziato che non sono di Scanno. Giornalisticamente non sono neppure di Villalago, ma un abruzzese della Valle del Sagittario, nato e residente a Villalago, sposato con una donna di Scanno. 
Rispetto a chi si diletta a farlo, sono un giornalista da 36 anni con tanto di tessera, con un codice etico da rispettare e con un dovere di pensiero, di cronaca e di critica verso i paesi della mia Valle e di tutto il Mondo.
Non c’è bisogno che il signor Di Vitto mi ricordi Antonio D’Alessandro. Ho avuto modo, quando venne a Scanno, di parlargli e di apprezzarlo. In suo onore la rivista il “Gazzettino della Valle del Sagittario”, da me diretta, recensì il suo libro, Signora Maria Della Valle, soffermandosi in particolare alle sue spiccate doti artistiche. Nessuna “lesa maestà” nei confronti della statua del pastore da parte mia! 
La locuzione latina, “De gustibus non disputandum est”, che Di Vitto dimostra di conoscere meglio di me, mette in chiaro che il “piacere e il non piacere” sono personali e non dovrebbero essere mai oggetto di critica. E ancora: di fronte a un’opera d’arte ognuno è libero di far volare il pensiero in analisi e deduzioni proprie.                                                         
Evidenziare, infine, in quel contesto che non sono di Scanno è un contenuto mentale retrogrado, che non valuta le mutazioni sociali e culturali dei nostri tempi.