"Il tessuto sbrindellato..." in sei puntate

(II PUNTATA) Nel 1420 un Pietro conte di Celano indirizzò ai sudditi cocullesi una pergamena con cui riconosceva loro il diritto di successione ereditaria. Che era successo? Evidentemente la missiva era stata emanata in seguito ad una sommossa a cui forse non era estraneo il movente religioso.

Traduzione[1]
Pietro da Celano, per grazia di Dio conte di Celano ecc. ecc.
A tutti ed ai singoli nobili, agli uomini distinti e saggi, agli amministratori della masseria e dell'università del nostro castello di Cocullo ed a ciascuna delle persone che sono a noi amici cari - a qualsiasi autorità, stato, grado, ordine e condizione esse appartengano - (mando) un saluto e l'espressione di sincero affetto.
Senza dubbio la petizione, presentata in vostro favore a noi ed alla nostra Curia, aveva per oggetto ciò che nel nostro predetto castello di Cocullo è stato in vigore dai tempi passati fino ad oggi, e specialmente ai tempi del fu Magnifico signor don Cola[2] da Celano, conte di Celano, gran giustiziere del Regno di Sicilia, molto venerabile genitor nostro.
È stata inviolabilmente osservata la consuetudine per cui il padre e la madre succedevano al figlio, ed il figlio al padre e alla madre, il fratello e la sorella al fratello e alla sorella, gli altri consanguinei dei due sessi per linea ascendente, discendente e collaterale, sia (che) non vivessero nella stessa casa sia (che) non indugiassero minimamente a succedersi vicendevolmente l'uno all'altro[3] tanto per testamento quanto anche fuori del testamento, contrariamente alla tradizione degli ordinamenti e dei regolamenti di questo Regno di Sicilia nonché del diritto comune. Però, poiché gli antenati dell'assai rispettabile[4] signore, padre e genitore nostro, ed a tempo opportuno lo stesso padre e genitore nostro, succedevano[5] nei vostri beni, specialmente in tutti e nei singoli immobili, e anche noi, con la forza e le motivazioni della consuetudine come (che) si è detto precedentemente, succedevamo dopo la morte degli stessi dopo aver escluso tutti i suddetti; per questo motivo in vostro favore ci è stato chiesto e implorato umilmente, con una lunghissima istanza, che ci degnassimo di provvedere benignamente su questa materia e di accordare, con una concessione particolare di grazia, che le persone su dette possano succedere vicendevolmente tanto per testamento come anche senza testamento, disporre dei loro beni mobili e immobili, e regolare legittimamente tanto per loro ultima volontà quanto anche fra vivi, secondo che proceda con il giudizio della vostra volontà, non opponendosi la predetta consuetudine che è stata fin qui e per tanto tempo osservata; quindi noi, in considerazione della vostra leale fedeltà e poiché avete persistito come si conviene in quella fedeltà in ogni tempo, sia di guerra che di pace; riflettendo non poco sui rischi delle persone e sugli enormi disagi, considerati i danni e le fatiche continue e le spese, trascurando ciò che (ci) spetta per sovranità ma ritenendo che la consuetudine di diritto, nelle regioni e nella terra ove essa vige da lungo tempo, deve essere [fermamente] osservata come legge; ma tenendo conto dell'uno e dell'altro diritto, il canonico forse più del civile....(vogliamo?) accedere molto volentieri alle richieste e concedervi le cose che (riguardano) la vostra dignità, il vostro interesse e vantaggio, nonché la pace della vostra mente e la tranquillità della vostra anima e i (vostri) desideri.
E rivedendo le prescrizioni..... (sulle successioni?) di ambo i sessi, di qualunque stato, grado, ordine e condizione siate; per nostra ferma convinzione e presa una matura decisione,.... permettiamo che voi e ognuno di voi disponga di tutti e singoli beni immobili e mobili vostri animati e rustici acqui..(che siano stati acquisiti?).tanto per testamento quanto anche senza, e faccia donazioni tanto per ultima volontà, a causa di morte e tra vivi secondo..non opponendosi la detta consuetudine, che in questa parte aboliamo nella sua disposizione, per certe cause [feudali]…giuste [e mutabili], anche che la successione in parola avvenga ai discendenti per linea retta e per linea collaterale secondo che...(lo consentano?) [gli usi] e gli ordinamenti dei feudi e dei capitolati..., mancando i quali, sia rispettato il diritto comune. E anche nel beneplacito feudale...completamente i servizi e le imposte in perfetta armonia con i nostri..... completamente riservati, in tutte e in ciascuna alienazione di qualunque bene feudale come è avvenuto fino a questo momento proprio per i beni feudali all'interno della nostra contea di Celano e...mentre vi accordiamo le predette cose, ve le concediamo, anche per un particolare favore,...con la regola, col diritto e nella forma con cui meglio possiamo e siamo capaci.
In fede ed a testimonianza di tutte queste cose dette, noi abbiamo fatto fare il presente documento con l'apposizione del nostro grande abituale sigillo.
Dato a Gagliano il 7 marzo dell'anno del Signore 1420....(l'indicazione dell'indizione è scomparsa per via di un'abrasione)

Pietro si dichiara figlio di Cola (Nicola Ruggeri, morto nel 1418) e il preteso figlio resse la contea per quattro anni (?), e dal 1422 ereditò la contea la figlia maggiore di Cola, cioè Icobella (Jacovella). Per tradizione la famiglia Berardi-Ruggeri era angioina, ma forse avrebbe risentito degli scossoni aragonesi incombenti (il penultimo scossone potrebbe averlo avuto circa nel 1200, quando il feudo passò dai Berardi ai Ruggeri, cambiando però solo il cognome del casato da “Berardi” al binomio “Berardi-Ruggeri”). Intanto il pontefice Pio II segnalava al re di Spagna la disponibilità della contea, dopo l’uccisione di Ruggerotto figlio di Icobella da parte di Alfonso Piccolomini. Un ascendente di quest’ultimo, Antonio I Piccolomini, era stato di conseguenza infeudato dal re spagnolo nella contea di Celano e nel ducato di Amalfi nel 1463.
Questa pergamena è importante perché potrebbe suggerirci chi ne è stato il vero firmatario. Potrebbe essere stato Odoardo Colonna, perché nel 1417 era stato consacrato pontefice Martino V della famiglia Colonna. Costui calamitò la giovane contessa, evidentemente ripromettendosi di farla sposare al nipote Odoardo Colonna; ma Jacovella riuscì a sfuggire all’attenzione dei Colonnesi per farsi proteggere, e quindi sposare, Jacopo Caldora, allora vicino agli Aragonesi e perciò ai ghibellini; ma costui era vecchio e Jacovella contrasse matrimonio con Lionello Acclozamora.
 L’Italia meridionale, ripeto, subiva ancora molti scossoni. In quel tempo il Regno di Napoli era governato da Giovanna II d’Angiò Durazzo, figlia di Carlo III d’Angiò. Giovanna era nata ne1326 circa ed era morta nel 1382. Il poeta nostro corregionale Gabriele D’Annunzio, conversando con i pastori transumanti, seppe da costoro, succubi di nebulose memorie avite, che “una” regina Giovanna spuntava da una vicenda da cui il Poeta trasse ispirazione per la compilazione del dramma “La fiaccola sotto il moggio”; ma quale Giovanna, la prima o la seconda? Forse era questa, la quale dovette essere coinvolta indirettamente in qualcuna delle esperienze dei suoi “favoriti” e cortigiani.  Quando morì le successe un nipote di Carlo III, Renato di Valois-Angiò e qui si estinse definitivamente il casato degli Angioini.
Ma torniamo al firmatario della pergamena, firmatario che ho dedotto essere stato un anonimo per il fatto che dopo l’intestazione “Petrus de Celano dei gratia Celani Comes…” insisteva sul possesso della signoria di Celano ma non elencava tutti i titoli posseduti (come se non li ricordasse o non li volesse sapere, considerato che, malgrado la preferenza che la madre gli desiderava nella successione, a lui interessavano più gli studi umanistici). Ricordo che scrissi un saggio in proposito sul “Gazzettino della Valle del Sagittario”-online.
Potrebbe avere emanato la pergamena, magari retrodatandola, il Pietro figlio di Jcobella e perciò nipote del Pietro “reggente”. Inoltre (altra ipotesi) potrebbe egli aver ripreso la sua schiatta successivamente, cambiando il suo cognome con un aggettivo (“Gentile”), ovvero che un altro  rampollo della sua prosapia si sia chiamato con quell’aggettivo per prudente cautela indicando solo l’estrazione e la provenienza da una stirpe nobile, anche considerato che "da un vecchio atto del Municipio cocullese risulta che un “Don Lonardo Gentile, conte di Aschi[nota 6]” nel 1799 reclutava uomini a Cocullo in favore dei Borbone per arginare l’invasione francese. Ma non possiamo escludere l’intervento di Odoardo Colonna, il quale – ripeto - avrebbe sposato (matrimonio non consumato) Jacovella nel 1424."

NOTE
1 Questo documento fu ripiegato come un foglio qualsiasi e presenta frequenti abrasioni e irrimediabili lacerazioni, specialmente al centro e verso la fine: ovviamente con pregiudizio della trascrizione e della successiva traduzione.
2 Si può arguire che Pietro alludesse ad un ascendente. Infatti al conte Nicola doveva succedere Icobella, la maggiore delle quattro figlie che lasciò quando morì nel 1418; ma costei fu impedita a succedere e le subentrò provvisoriamente, appunto, il Pietro della pergamena.
3 Naturalmente i parenti stretti, abitando insieme, succedevano immediatamente.
4 Lett. “reverendissimo”, termine che allora indicava una persona degna di riverenza.
5..ignorando la consuetudine dei sudditi.
6 Paese della baronia di Pescina, appartenuta alla contea di Celano, vicino a Cocullo.