Valle Peligna Politica
12 Dicembre 2024, 06:07
Parliamo di cose concrete
AGGANCIATI ALLA METAFORA
Andrea Iannamorelli
Il Comune di Sulmona ha installato, per le feste natalizie, una ruota (panoramica) in Piazza Garibaldi. Soprattutto per far divertire i bambini. Benissimo. Tuttavia di fronte alla situazione socio-economica che viviamo nella Valle Peligna, molti hanno riflettuto sul significato metaforico della “ruota che gira” e…alla metafora che quella ruota racconta (“evoca”, meglio!).
Non è senza motivo, infatti, che il Sindaco Di Piero, all’indomani della festività dell’Immacolata Concezione, abbia raccolto intorno ad un tavolo la RSU della Magneti Marrelli e sembra che abbia stabilito, d’accordo con tutti (operai e sindacati), di mobilitare (per venerdì 20 prossimo?) i Sindaci del Circondario, i Consiglieri regionali, i parlamentari del territorio, i cittadini, tutti, ad una manifestazione di piazza che faccia rumore, che gridi la paura e la rabbia (repressa, per la verità, da tempo) che ci tengono ingessati per la grave e pesante crisi che ci investe.
Che dite? Che si arriva in ritardo. Forse; meglio tardi che mai! Che il problema non è soltanto il rischio di scelta forzata tra gli incentivi (proposti), per uscire definitivamente dallo stabilimento di Sulmona e la “disponibilità” alla mobilità, insieme a tutta la famiglia. In altre parole il problema non riguarda soltanto i 400 operai della Marelli ma tutto l’indotto che ancora si muove intorno al sito che nacque, negli anni settanta del secolo scorso, come FIAT “meccanica”, legato ad Atessa (FIAT “elettronica”), nel tempo diventato Stellantis e oggi, dicono dalla RSU, in via di dismissione, con molti dei 400 già in contratto di solidarietà, con i dipendenti della Sky Service, per le pulizie già a rischio di non rinnovo di contratto. Insomma una prospettiva di disastro totale che, in questa zona giorno dopo giorno, sempre di più, cancella i ricordi del passato.
Per la verità, visivamente, quest’anno la scenografia natalizia ci rimanda agli anni belli. Che pure ci sono stati, per le generazioni come la mia che alla fine degli anni sessanta, avendo completato il ciclo degli studi, non hanno avuto difficoltà a trovare immediatamente lavoro, non solo, ma anche ad impegnarsi a servizio di tutta la collettività che aveva buone speranze di crescita e che era disponibile a “scommettere sul futuro”. Perché fondato su “speranze” concrete perché possibili.
Da qualche decennio, invece, da dopo il Covid, in particolare, non solo non è più così, ma si tocca con mano l’aggravante del pressapochismo della classe politica dirigente, dai livelli locali e quelli nazionali, il peso delle promesse non mantenute, i tentativi di “raggiro” su problematiche aperte e sulle quali, anche per effetto degli impegni dell’UE, molti avevano pensato che si sarebbero trovate le soluzioni giuste: in materia di assistenza sanitaria, in materia di infrastrutture per la mobilità più efficaci/efficienti, in strumenti per la ripresa della crescita, anche demografica, di un territorio che direttamente sconta gli errori quotidiani sulle politiche immigratorie che non riescono a ridare prospettiva credibile al bisogno di attività lavorative che generano PIL sul territorio (in Italia come in gran parte dell’Europa, ad eccezione della Spagna, dove le cose, gestite con cura ed attenzione, sembra producano effetti positivi).
Non solo. Ma quei pochi giovani che sono ancora in formazione e pertanto sono ancora legati al territorio nel quale sono nati, si sentono declassati da un sistema educativo e formativo chiaramente non competitivo e difficilmente spendibile, in prospettiva. (Il rapporto CENSIS pubblicato in questi giorni è la denuncia più cruda di questa situazione insostenibile. Altre agenzie di analisi sociologiche da mesi avevano annunciato le informazioni che in questi giorni circolano su tutti i mezzi di comunicazione di massa. Ma si è fatto finta di non dare peso a quel che si andava dicendo.
Ora, alla vigilia di questo Natale, non si può far più finte di non aver capito qual è la situazione nella quale stiamo. Dei servizi sanitari di prossimità non si parla più; le carenze di personale medico ed infermieristico al nosocomio dell’Annunziata (da tempo denunciate ed attenzionate dalle organizzazioni sindacali e dal Tribunale del malato) restano lì, con tutta la loro drammaticità, con tutto il disagio che porta i cittadini verso il privato, anche per semplici esami di laboratorio di routine, chi se lo può permettere, perché molti decidono di non curarsi più; la denatalità, nell’intera Valle Peligna oramai è un dato statistico costante; i medici di famiglia, raggiunti i limiti di età, vanno in pensione, e non vengono sostituiti; per non parlare dei pediatri di base che oramai, ridotti al proverbiale “lumicino”, quando va bene rispondono al telefono di chi chiama per un consulto. Sta diventando un problema anche accedere alle vaccinazioni. Non soltanto quelle di interesse personale, che ciascuno liberamente sceglie, ma anche quelle di interesse generale e pubbliche: i “richiami” anti-Covid, che oggi, per la verità, dopo le decisioni del Governo di “depenalizzare” le scelte No-vax, quasi inducono al rischio del ludibrio pubblico chi, ritenendo di essere un cittadino corretto e consapevole del suo ruolo sociale, non si sottrae al “richiamo”).
Girerà la ruota? Cambierà il “vento”, il verso, il senso delle cose che intorno a noi accadono?
Ecco perché ho scelto di raccogliere la “botta di ottimismo” che ho letto nel giudizio di chi, vedendo innalzare la “ruota” panoramica di Piazza Garibaldi, ha detto, “se la ruota gira nel verso giusto, le cose cambieranno”.
Che dire, auguriamocelo. Natale è sempre il momento della speranza condivisa. Gli auguri che ci scambiamo in questi giorni hanno il pregio di augurarci il meglio che ciascuno si aspetta, sperando in un mondo migliore di quello nel quale viviamo, in una situazione personale e familiare positiva.
Ci avevano fatto credere che avremmo risolto i problemi dell’assistenza sanitaria. Niente da fare.
Ci avevano fatto credere che con la ZES saremmo entrati nei circuiti economici di interscambio transnazionali che avrebbero reso le “nostre” esportazioni più competitive. Siamo ancora in attesa. Certo è che non sappiamo nulla sulla accelerazione della mobilità Tirreno/Adriatico né su strada che su rotaia. Ora si dice in maniera esplicita che di problemi ce ne sono e molti, per la Pescara-Roma…
Se Magneti-Marelli chiude avremo i problemi di più di 400 famiglie sul lastrico. Dovremo rimboccarci le proverbiali maniche e sperare che la recettività turistica dia da vivere a tutti. Perché le ragioni di richiamo dei turisti (storia, cultura, tradizioni, buona tavola) le possediamo e nessuna classe politica dirigente distratta o pressapochista potrà mai togliercele. Buon Natale a tutti.