Dalla
strada provinciale si arriva comodamente alla Piazza principale del paese.
Qui domina l'antica e graziosa Chiesa
della Madonna delle Grazie, risalente al XII-XIII secolo, costruita
con pietre conce su un basamento di un tempio pagano, dedicato a Giove. Lo
stile architettonico è quello romanico abruzzese. Al centro della
facciata vi è una porta ogivale, architravata con l'agnello crocifero. Ai
lati vi sono due lesene, sormontate da statue in edicole a nicchia. In
alto, al centro, domina un rosone ad otto colonne. All'interno sono
visibile affreschi del XVI secolo. Dalla
piazza, con il Municipio a pochi passi, ci si avvia verso il centro
storico. Svetta tra le case la Torre
del Castello Piccolomini. Sono visibili i beccatelli che fanno
ipotizzare una merlatura, andata con il tempo in rovina. Venne trasformata
prima in torre campanaria e poi in torre dell'orologio. Come
torre campanaria venne utilizzata per la Chiesa
di S. Nicola, di cui resta in piedi la sola facciata. Venne distrutta
dal terremoto del 1915. Da alcune stime sembra che la sua costruzione
risalga al XV secolo, utilizzando il granaio dell'ormai diruto castello. Proseguendo
verso destra, si arriva ad un bel
vedere della Valle del Sagittario. Andando
sempre verso destra si arriva alla Chiesa
di S. Domenico Abate, edificata tra la fine del 1800 e gli inizi del
1900, sulla stessa area, dove sorgeva una piccola cappella dedicata al
Santo. La costruzione è maestosa e all'interno c'è un ottimo equilibrio
di spazi. Oltre alla Statua del Santo, appesa al muro c'è una campanella,
che la tradizione vuole che preservi dal mal di denti, se viene fatta
suonare, tirando con la bocca la cordicella. Da
una stradina laterale si va alla Fonte
Medioevale, a tre archi ogivali, del secolo XIII. Da qui si ritorno al
punto di partenza o per Ie stradine de] centro storico o per la strada
nuova che costeggia l'abitato. La festa di San Domenico e l'offerta rituale dei
serpari La
festa più grande e che rende Cocullo nota in tutto il mondo è quella
dedicata a S. Domenico Abate. Il culto verso questo Santo venne propagato
dai monaci di S. Pietro in Lago, che nel paese avevano la Rettoria Curata
di S. Giovanni in Campo. Secondo la leggenda, invece, il culto si sarebbe
originato da alcuni miracoli che il Santo compì nell'attraversare il
territorio di Cocullo. Delle
numerosi tradizioni popolari, legate a questo culto, resta quella di
mettere, prima della processione, attorno alla statua del Santo, serpi
vive, in segno di omaggio. I rettili vengono catturati qualche giorno
prima dai serpari. Questi
la mattina della festa sostano in piazza per mettere a tutti di toccare e
farsi fotografare con i serpenti, che, come per miracolo, sono di una
docilità incredibile. Prima
dell'inizio della processione, sul sagrato circondano la statua del Santo
della loro "offerta". I rettili restano docili sino alla fine
della processione. Poi vengono di nuovo lasciati liberi nei luoghi dove
sono stati catturati. Alla
festa arrivano diverse compagnie di pellegrini, ma quella più nota è la
compagnia di Atina (Fr.), che si fa accompagnare da suonatori di zampogne,
mentre raggiunge in processione, dalla periferia del paese, la chiesa del
Santo. Arrivano
anche migliaia di fedeli e curiosi da ogni parte d'Italia, nonché
centinaia di bancarelle con mercanzie di ogni genere. L'usanza
dell'offerta delle serpi è l'omaggio che i Cocullesi rivolgono al Santo,
che, secondo la leggenda, li liberò dal pericolo di questi rettili. Al
di là della leggenda, va detto che nell'antichità in queste zone era
diffuso il culto verso la dea Angizia, sorella di Circe, protettrice dai
morsi velenosi e che molti esercitavano la professione di serpari,
conoscendo l'arte di maneggiare i serpenti e i rimedi contro il veleno. |