Giovedì 30 Ottobre 2014 - Il Santo del giorno: San Germano di Capua, Vescovo

Il tempo... ieri - VARIABILE CON TENDENZA AL NUVOLOSO. In mattinata c’è stato il sole, ma dal primo pomeriggio è stato coperto da accumuli nuvolosi. Lieve rialzo termico. Temp: max 13,9°C; minima 3,5°C; attuale 5,9°C (ore 23,50).
 
Presentazione a Pescara
in anteprima nazionale
del nuovo romanzo
di Antonio del Giudice
“Buonasera, dottor Nisticò” 

Oggi 30 ottobre alle ore 18,00 presso la sala Figlia di Iorio della Provincia di Pescara, sarà presentato in anteprima nazionale il nuovo romanzo di Antonio del Giudice, -Buonasera, dottor Nisticò - (Edizioni Noubs). Partecipano: Mauro Tedeschini, direttore del quotidiano Il Centro, Silvia Mazzone, Università La Sapienza, Marco Presutti, docente, Antonio Di Marco, Presidente della Provincia di Pescara, Marco Alessandrini, Sindaco di Pescara. Antonio Del Giudice è un pugliese errante, nato ad Andria nel 1949. Ha fatto per più di 40 anni il giornalista. Ha vissuto a Bari, Roma, Milano, Palermo, Mantova e Pescara, dove attualmente abita. Ha lavorato alla Gazz. del Mezzogiorno, a Paese Sera, all’Unità, alla Gazz. di Mantova, al Centro d’Abruzzo.
 
D'Annunzio tra l'Inghilterra
e l'Abruzzo di Antonio De Nino
Oggi conferenza a Pratola Peligna

Oggi, alle ore 17,00 nella sala consiliare del Comune di Pratola.ci sarà una conferenza dal titolo “Gabriele D'Annunzio tra l'Inghilterra e l'Abruzzo di Antonio De Nino". Il professore Raffaele Giannantonio, membro del direttivo del Centro Nazionale Studi Dannunziani, ripercorrerà le tappe fondamentali del rapporto tra il Vate e la terra d'Albione, inizialmente ostile nei confronti dello scandaloso poeta straniero, poi entusiasta nei confronti dell'eroico aviatore che combatteva il nemico germanico, e poi di nuovo fredda verso chi considerava il Vate del fascismo. Il nesso con la terra peligna si deve a due dame britanniche, Anne MacDonnel e Amy Atkinson, che visitarono agli inizi del XX secolo l'Abruzzo, una scrivendo, l'altra dipingendo le loro impressioni, raccolte nel libro "In the Abruzzi", edito a Londra nel 1909. D'Annunzio è descritto a tinte forti dalla MacDonnel, che gli assegna il ruolo di maggior interprete della sua gente. Gli stupendi acquerelli della Atkinson raffigurano i paesi della Valle Peligna e del Sagittario i cui segreti il Vate penetrò grazie al suo amico e sodale Antonio De Nino, tanto da ambientare scene di suoi celebri romanzi nel territorio di Sulmona.
A concludere l’incontro la citazione di D’Annunzio dedicata alle nobildonne sulmonesi in villeggiatura a Francavilla al Mare dov'egli, per finanziare la sua arte, scriveva articoli di costume per "La Tribuna" di Roma.
 
Il 30 Aprile 1-2-3-Maggio 2015

XV marcia inteRnazionale
IL SENTIERO DELLA LIBERTA’

E’ uscito in questi giorni il programma della XV edizione della Marcia internazionale Il Sentiero della Libertà - Freedom Trail - Freiheitsweg - Chemin de la liberté (Sulmona- Campo di Giove - Taranta Peligna - Casoli) che si svolgerà dal 30 aprile al 3 maggio 2015.
COS'E': un trekking di circa 60 Km, di livello escursionistico, suddiviso in 3 tappe e 3 giorni, camminando sui sentieri che attraversano la Majella.
COS'ERA: la via di fuga di migliaia di prigionieri alleati dal campo di concentramento ( in particolare il Campo 78 di Fonte d'Amore a Sulmona), di giovani italiani che lottavano per la liberazione d'Italia, divisa da Nord a Sud e da Est a Ovest dalla Linea Gustav, dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, quando l'Abruzzo divenne terra di confine e angolo di speranza per i fuggiaschi che si schieravano con l'Esercito Alleato. Anche Carlo Azeglio Ciampi, Presidente Emerito della Repubblica Italiana, affrontò la traversata da Sulmona a Casoli il 24 marzo 1944, descrivendola nel diario riportato integralmente nel libro a cura del Liceo Scientifico Statale " E.Fermi" di Sulmona "il sentiero della libertà. Un libro della memoria con Carlo Azeglio Ciampi" (Laterza, Roma-Bari 2003).
L’iniziativa ha assunto valore didattico-formativo, nella consapevolezza di quanto sia necessario ricordare il passato per non essere condannati a ripeterlo, alla luce della massima.
Le modalità di partecipazione sono riportate nel pieghevole che alleghiamo per la consultazione.
 
La strage di Pietransieri
e la sentenza tardiva della Consulta
di Ezio Pelino

Pietransieri, frazione di Roccaraso. Da sempre, dall’eternità, una vita quotidiana uguale a se stessa:  il sole, la pioggia,  il succedersi delle stagioni, la casa, gli armenti da accudire,  l’avara terra di montagna da zappare e coltivare. Un paese fuori dalla storia. Ma la storia  arriva con  la guerra. Proprio  lì, proprio in quel posto si giocano i destini del mondo.  La linea Gustav divide i due mondi in conflitto.  Pietransieri è capitato a nord   della linea, sotto il tallone teutonico.  E’ il 21 novembre del 1943. Le forze del male inceneriscono quell’atomo di mondo. Centoventotto furono gli  assassinati. Una strage senza una ragione, se non quella della più feroce  gratuita criminalità. Senza il pretesto della rappresaglia per azioni partigiane che non c’erano state. Senza volto. Non si  conosce, ancora, il comandante responsabile del crimine. Gli abitanti avrebbero dovuto lasciare la loro terra, la loro casa, i loro animali, rinunciare ad ogni mezzo di sostentamento per andare a vivere e ad elemosinare sui marciapiedi della città più vicina, Sulmona, già  “gonfia” di sfollati. La popolazione inerme,  bambini, donne e anziani indifesi,  all’ordine di sfollamento, era riparata lontano, nei dispersi casolari di Limmari, una frazione della frazione. Una mattina, un manipolo di tedeschi fa irruzione nelle case, nelle stalle, nei pagliai e   spinge fuori e ammassa gli  atterriti abitanti intorno ad un tronco morto di un albero. Fa scoppiare, quindi,  una mina e porta a termine la mattanza a colpi di mitragliatrice. Sotto il mucchio dei morti sopravvive –  ferita - una bambina di sette anni. Virginia. La sua testimonianza è stata raccolta, alcuni anni fa, dagli studenti del Liceo scientifico di Sulmona e  riportata nel libro “E si divisero il pane che non c’era”, ed. “Qualevita”. A loro, Virginia Macerelli ha ricordato   che  i tedeschi collocarono “una mina grande come un vaso di fiori....Io stavo in braccio a mia madre. Ero la più piccola dei figli... Mia madre aveva uno scialle sulle spalle e quando i tedeschi hanno mitragliato è caduta ed è morta all’istante. Io sono caduta sotto a mamma...Tutti strillavano…, che urli si sentivano! Poi è rimasto solo silenzio. Non si sentiva più niente. Tutto il mondo era silenzio. Ho visto mio fratello che mi stava vicino. Mi ha chiesto:”Virginia, è morta mamma? Gli ho risposto di sì. L’avevo, morta, su di me. Mio fratello aveva un buco da parte a parte, gli aveva trapassato l’occhio. Dopo che gli ho risposto, ha abbassato la testa ed è morto  anche lui”.
In occasione delle ricorrenze della strage,  personaggi importanti della politica nazionale hanno rievocato quell’eccidio incomprensibile, anche nella logica della guerra, e moralmente repellente. Da Saragat a Spadolini,  da Scalfaro a Veltroni, a Mancino. Ma  le semplici, povere pagine scritte da Italo Oddis, guardia comunale della piccola frazione,  restano le più vere e strazianti. Testimoniano il dolore  di un padre e di un marito, costituiscono uno  straordinario documento storico e umano. Egli ha visto con i suoi occhi la scena della  tragedia che si era da poco consumata. Da un suo compaesano  aveva saputo di cadaveri  davanti ad un casolare. Si precipita sul posto. Scrive: “Era buio e nebbioso e nel casolare  non vidi nessuno; allora uscii, mi girai intorno ed ecco che ad una trentina di metri dal casolare vidi uno spettacolo orrendo; tutti i cadaveri riversati a terra a forma di cerchio intorno ad un tronco di albero che non esisteva più, bruciato dallo scoppio di una mina. Piangevo ed il cuore mi diventò di pietra, le gambe mi tremavano ed affannosamente cercavo i miei, ma non riuscivo a trovarli perchè era molto buio”. Con il    lume di alcuni  compaesani sopraggiunti, che erano alla macchia, Oddis riesce a riconoscere il figlio Evaldo,  in ginocchio, con gli occhi aperti,  lo sguardo rivolto verso l’alto.  “Gli presi la testa fra le mani, pareva volesse dirmi qualcosa ma una pallottola gli aveva forato la tempia; l’abbracciai, lo baciai e ribaciai, e lo stesi poco lontano dal cerchio; poi presi mia moglie e la misi accanto a lui.  L’altro mio piccolo bambino, Orlando, era sotto la madre in una pozza di sangue. Presi anche lui e lo  stesi vicino alla madre e al fratello. Non mi usciva più una lacrima. Tutti pensavano di dare sepoltura ai cadaveri.” Ma il casolare antistante, che era pieno di foraggio, prende  fuoco e illumina tutta la zona.  Uno spettacolo d’inferno. In quel momento sentono   tornare  “i tedeschi da tutti i lati, sparando come pazzi”. Fugge con gli altri a valle, ma: “prima di allontanarmi riabbracciai di nuovo mia moglie e i miei figli e li baciai imbrattandomi di quel mio stesso sangue”. Racconta, ancora, che i morti rimasero insepolti per quattro mesi perchè non fu possibile dare loro sepoltura a causa del manto della neve che li  ricopriva. I cannoni inglesi continuarono a  colpire la zona e un elicottero a sorvolare tutti i tutti i giorni  la Valle del Sangro e la terra di nessuno. Solo nella  seconda quindicina  del mese di aprile, di notte, con tre amici,  uno di sentinella per prevenire l’arrivo dei tedeschi, scavarono una lunga fossa. Lavorarono per otto notti.  Deposero i corpi l’uno accanto all’altro, li coprirono  con  degli stracci e  con delle tavole bruciacchiate del tetto della masseria e li ricoprirono con la terra.  Dopo averli sepolti tutti, fuggirono  ad Ateleta, che era stata liberata dagli alleati.
Sono passati oltre settant’anni. Tardi, troppo tardi, con i tempi della storia, non della  vita, una sentenza
della Consulta ha dichiarato incostituzionali le norme che impediscono di agire in giudizio contro la Germania.  
Virginia Macerelli (nella foto), l’unica sopravvissuta, ora  ha quasi ottant’anni, ne  aveva solo sette, allora. Si sentirà soddisfatta,  felice, nella sua infinita solitudine,  per la sentenza  che ha, finalmente, negato l’immunità giurisdizionale  ai criminali  dell’eccidio nazista  di Pietransieri?
Dopo tanto  tempo da quel silenzio di morte, non è ancora  giustizia. Siamo ancora all’inizio. Virginia deve ancora attendere. Altre udienze, altri rinvii, fino all’ultima  sentenza, quella della  Cassazione. E a condizione  che la Germania acconsenta al giudizio.
Il  sindaco del Comune di Roccaraso ha esultato per la sentenza:“ ci permette di portare avanti la nostra battaglia che non è finalizzata all’aspetto economico ma al riconoscimento di un principio fondamentale di tutela della memoria delle nostre vittime. Questa pronuncia ci legittima e ci dà la forza di andare avanti insieme agli altri Comuni italiani che da tempo hanno avviato battaglie analoghe. E’ un riconoscimento che dobbiamo alle vittime della barbarie nazista e alle loro famiglie”.
 
ANTONIO GIOVANNI SILLA
E’ IL NUOVO VICESINDACO
DI SCANNO

SCANNO - Dopo le dimissioni dalla carica di assessore e vicesindaco da  parte del Consigliere Luca Silvani, il Sindaco con atto del 28 ottobre ha nominato assessore e vicesindaco il presidente del Consiglio Comunale Antonio Giovanni Silla. Si conclude così la crisi comunale, iniziata con la lettera di dimissioni di Silvani del 3 ottobre scorso. Dimissioni rigettate dal sindaco, ma accolte dopo che l’interessato le ha riproposte con una mail il 27 ottobre.
E' la conseguenza dell'ultimo consiglio comunale, quando Luca Silvani
non ha accettato che Roberto Nannarone, consigliere della maggioranza, sollevasse alcune eccezioni sulla deliberazione di asservimento di terreni comunali a favore di privati, a fini urbanistici, di cui il Silvani, come assessore all’urbanistica, era relatore. Per chiarire le diversità nel gruppo di maggioranza venne chiesta una sospensione del Consiglio. Silvani non vi partecipò e alla ripresa del Consiglio, preferì restare seduto tra il pubblico, contrariato dal rinvio dell'esame della deliberazione per approfondimenti.  Decise poi di uscire fuori dall’aula, quando si passò a discutere la variazione di bilancio.
Le dimissioni sono state reiterate e il sindaco questa volta le ha accettate.
 
Massimo, quest’ultimo concertista e direttore del Conservatorio “Luisa D’Annunzio” di Pescara. Stimato e rispettato da tutti, risulta ben inserito nel contesto della struttura e partecipe del program-ma di attività culturali e ricreative offerto agli ospiti. Quotidianamente si dedica alla lettura dei giornali e, da sempre appassionato di fotografia, è in grado di adoperare anche un tablet regalatogli dai figli. Sino a circa tre anni fa era solito utilizzare la bicicletta per gli spostamenti all’esterno, sebbene an-cora attivo con il progredire degli anni ha abbandonato tale mezzo di trasporto. Attualmente evita di uscire da solo, non disdegnando di farlo in compagnia di altri ospiti o dei pa-renti e godendo della tranquillità della struttura, circondato dall’affetto dei familiari, che vengono costantemente a visitarlo gratificandolo di premuroso affetto, degli altri ospiti e del personale tutto che a lui sono legati e affezionati e per tutti è il grande “Peppino” che regala sorrisi e belle paro-le  a chiunque lo avvicini. Meriterebbe l’oscar come ospite modello, per la sua grande dignità manifestata quotidianamente per tutti gli anni condivisi con gli ospiti e il personale della Casa Albergo. (Comunicato Stampa Inps) 
AUGURI A Giuseppe Magri
che venerdì compirà 100 anni

Domani, venerdì 31 ottobre 2014, alle ore 11,00, presso la Casa Albergo “La Pineta” di Pescara - Viale Filippo Palizzi, sarà festeggiato Giuseppe (Peppino) Magri, per il compimento dei 100 anni di età, ospite della Casa Albergo dal 1° aprile del 2000. Chi è Peppino?
Classe 1914, forte temperamento, amore per la vita e per i figli, Giuseppe Magri è ospite della Casa Albergo Inps dall’1.4.2000. Ha prestato servizio ininterrottamente alle dipendenze del Ministero delle Poste e Telecomunica-zioni dall’1.9.1933, come ausiliario, sino al 31.10.74, data di collocamento a riposo con la qualifica di dirigente d’ufficio. Il padre, deceduto durante il primo conflitto mondiale, lasciò la madre vedova con quatto figli. Le difficoltà economiche gli impedirono di completare gli studi, ma nel 1933, pur lavorando, riuscì a diplomarsi a Milano. Sposatosi e rimasto vedovo, ha tre figli: Rita, Pietro e