Mercoledì 23 Aprile 2014 - Il Santo del giorno: San Giorgio, Martire di Lydda (III-IV secolo)

Il tempo... ieri -  Dopo una bella mattinata di sole, nel pomeriggio il cielo si è velato e solo di tanto in tanto il sole si è fatto largo tra le nuvole. Temperature: mass. 19,8°C; min. 5,9°C; attuale 12,2°C (ore 23,30).
 
Giornata mondiale del libro
e del diritto d’autore

L’UNESCO ha proclamato il 23 aprile la Giornata mondiale del libro e del diritto d’autore con una Risoluzione del 1995 (28 C/Resolution 3.18 del 1995). Perché è stato scelto proprio il 23 aprile? Perché sono morti, nel 1616, tre illustri scrittori: Miguel de Cervantes, William Shakespeare e Inca Garcilaso de la Vega. Non solo. Il 23 aprile sono anche nati, oltre che lo stesso Shakespeare (nato e morto nello stesso giorno, ovviamente di anni diversi), Maurice Druon, Vladimir Nabokov, Manuel Mejía Vallejo e Halldór Laxness. Un altro motivo assolutamente particolare che si nasconde nella scelta del 23 aprile è la Festa di di San Jordi (San Giorgio), patrono di Barcellona, che si svolge in Catalogna. Si tratta di una festa molto originale che prevede una tradizione: gli uomini devono regalare alla propria donna una rosa, viceversa le donne dovranno regalare ai propri uomini un libro.
Il successo Mondiale del Libro e del Diritto d'Autore dipende principalmente del sostegno ricevuto da tutte le parti interessate (autori, editori, insegnanti, bibliotecari, istituzioni pubbliche e private, ONG umanitarie e mass media), che sono mobilitate in ogni paese dalle Commissioni Nazionali UNESCO, Club UNESCO, Centri e Associazioni, delle Scuole Associate e Biblioteche, e da tutti coloro che si sentono motivati a lavorare insieme per questa celebrazione.
 
“VIVI IL COSTUME”
OTTAVA EDIZIONE AL VIA

SCANNO - Come tutti gli anni si avvicina “L’Appuntamento con la tradizione”, che ormai dal 2006, rappresenta quella splendida avventura che cerca di immaginare il futuro del Costume delle donne di Scanno. Le sette edizioni precedenti sono servite a porre l’attenzione su un bene che è stato per anni la ricchezza del paese. Anche in questa edizione “Vivi il costume” lo riporta in auge. al’attenzione del media, con le numerose manifestazioni.
PROGRAMMA
VENERDÌ 25 Aprile, Ore 11.00 Inaugurazione della “Mostra Scanno e i suoi tesori” all’interno della quale sarà allestita anche una collettiva fotografica. Ore 16.00 Vestendo il Costume – Il Rituale della Vestizione: alcune donne esperte aiuteranno le più giovani ad indossare le varie parti del costume. Le stesse si muoveranno poi liberamente per le vie del Centro Storico, riproducendo quadri di vita Scannese ormai scomparsi.
SABATO 26 Aprile, Ore 11.00 Apertura della “Mostra Scanno e i suoi tesori”. Ore 16.00 Vestendo il Costume – Il Rituale della Vestizione. Ore 17.30 Tavola Rotonda. Presentazione dell’VIII edizione de L’Appuntamento con la Tradizione
DOMENICA 27 Aprile, Ore 11.00 Apertura della “Mostra Scanno e i suoi tesori”. Ore 16.00 Vestendo il Costume – Il Rituale della Vestizione
MARTEDÌ 29 Aprile, Ore 16.00 Vestendo il Costume…per le più piccole
GIOVEDÌ 1 Maggio, Ore 11.00 Apertura della “Mostra Scanno e i suoi tesori”. Ore 16.00 Vestendo il Costume – Il Rituale della Vestizione.
SABATO 3 Maggio, Ore 11.00 Apertura della “Mostra Scanno e i suoi tesori”. Ore 16.00 Vestendo il Costume – Il Rituale della Vestizione.
DOMENICA 4 Maggio, Ore 11.00 Conclusione della Manifestazione. Ju CATENACCE. Le donne, in costume nuziale e festivo, raggiungeranno l’auditorium; da qui si muoveranno per formare il corteo nuziale (ju catenacce) che sfilerà per le vie del Centro Storico.
 
Raoul Bova, Paola Cortellesi
e Marco Bocci
Hanno adottato una pecora
al termine delle riprese
cinematografiche ad Anversa

ANVERSA - “Scusate se esisto”, regia di Riccardo Milani, è il film  che ha appena concluso le riprese ad Anversa e tra le greggi dell’azienda “La porta dei Parchi” di Nunzio Marcello. Al termine gli attori Raoul Bova e Marco Bocci e l’attrice Paola Cortellesi hanno adottato una pecora per l’anno 2014. Con l’adozione hanno diritto a tutto ciò che la pecora produce, dalla lana ai formaggi nell’arco di un anno.
 

COMUNE DI VILLALAGO
APERTURA AL PUBBLICO DEGLI UFFICI
dal Lunedì al Sabato dalle 10,00 alle 12,00

UFFICIO RAGIONERIA E TRIBUTI 
Giovedì dalle 15,00 alle 17,00
Sabato dalle 11,00 alle 13,00

UFFICIO ANAGRAFE
Lunedì – Mercoledì – Venerdì
dalle 16,00 alle 18,00

UFFICIO TECNICO
Lunedì – Giovedì dalle 15,00 alle 17,00

 
ULTIME FOLLIE SULL’ORSO MARSICANO
Con solite proposte prive di logica e senso pratico
E’ morto un orso lo scorso mese di marzo. Ora ci vengono a dire che la morte è stata causata dalla tubercolosi bovina. Peccato che nessun animale del bestiame brado che da qualche anno pascola da quelle parti ne sia attualmente infetto, visto che è tutto sotto stretto controllo veterinario (sebbene sembrerebbe che vi siano stati casi in passato), ma, non solo, senza una ragione logico-scientifa che ci spieghi come sia possibile che l’orso sia potuto morire di una malattia che è sì tipica del bestiame, ma che di per sé non dovrebbe essere mortale per animali predatori se non associata ad altri fattori. E allora, perché questo scandalismo? Chi si vuole colpire? A quale provvedimento si vuole giungere?  E perché a fronte dei tanti veri e reali problemi dell’Orso marsicano, se ne inventano sempre di nuovi pur di non voler riconoscere quelli reali, ed ormai storici, che hanno spinto gli orsi a vivere ormai prevalentemente fuori dal Parco? Chissà perché, questa storia ricorda tanto quelle che a volte i politici fanno circolare quando vogliono stornare l’attenzione dell’opinione pubblica da problemi per loro spinosi o per giustificare provvedimenti che si vogliono prendere sotto pressione mediatica senza troppo riflettere sulla loro reale necessità od utilità.
Il problema dell’orso marsicano è ormai sempre più in mano a gente che si fa passare per competente, ma che segue solo logiche ambientalistiche mirate spesso ad altri obiettivi, quali la chiusura di sempre più territori alla caccia, ad ampliare sempre i più i parchi, e ad istituirne sempre di nuovi, ed a porre vincoli d’ogni genere all’attività venatoria, quando non per crearsi posti di impiego o anche semplicemente per notorietà personale. E grave è il fatto che anche le autorità politiche, chiaramente incompetenti e disinformate in materie ambientali, non sapendo che fare per salvare l’orso, sotto pressione dell’opinione pubblica diano retta alle proposte più strampalate pur di non dover toccare argomenti spinosi quali il turismo, la ripresa dell’attività agricola e, guarda caso, il sostegno alle attività pastorali ed il blocco ai tanti progetti che minano l’habitat dell’orso.
Che l’orso abbia contratto la tubercolosi bovina nessuno lo mette in
dubbio: fino a prova contraria la tubercolosi bovina la possono contrarre anche gli uomini. Da mettere in dubbio è il fatto che sia stata questa malattia a portare alla morte l’orso. Contrarre una malattia non significa sempre morire della stessa, specie se non è mortale.
Siamo certi che  non sia solo una concomitanza di eventi, per cui l’animale aveva sì contratto la tubercolosi, ma perché debilitato per altre ragioni (pare che sia così che solitamente si contrae questa malattia), per cui la morte potrebbe essere stata causata da una serie di concause, comprese quelle naturali (es. il deperimento fisico, magari per scarsità di cibo: l’animale era appena uscito dal letargo, forse anche anzitempo e magari proprio perché in autunno non aveva potuto rifocillarsi come avrebbe dovuto, cosa che avrebbe favorito la tubercolosi!), per cui, eliminando il rischio di tubercolosi allontanando i bovini come qualcuno ha richiesto, non si risolve affatto il problema della moria di orsi, moria legata alla loro sempre maggiore fuga dall’area protetta alla ricerca di quiete e di cibo (e solo così rischiando di essere investiti lungo le strade ed autostrade!).
Sarebbe un gravissimo errore se per la segnalazione della tubercolosi bovina, anziché portare ad un maggiore e più severo controllo veterinario sugli animali domestici che pascolano nella zona dell’orso, si giungesse alla proibizione del pascolo nell’area dell’orso! Non si ci si dimentichi che proprio il pascolo, sia bovino, che equino, sia ovino che caprino è il maggior apporto di proteine carnee all’alimentazione di orsi, lupi, aquile reale, avvoltoi, volpi ed altri animali predatori  che vivono nel’area del Parco d’Abruzzo. O si vuole mantenere lupi, orsi ed avvoltoio con carnai, al pari di un zoo all’aria aperta (come in qualche caso già si fa!)? Senza ignorare l’importanza del pascolo come maggiore fattore per il mantenimento della biodiversità del Parco, quella biodiversità che è notoriamente di origine antropica (si pensi alle splendide radure nelle faggete, chiaro effetto di  millenni di pastorizia ovina, bovina ed equina).
(Franco Zunino, Segretario Generale Associazione Italiana Wilderness)
 
Il museo della lana a Scanno
Da un articolo di Anna Cassarino
www.ascuoladaglialberi.net

Il museo di Scanno, dove sono esposti gli oggetti, i mobili, gli strumenti che servivano per lavorare la lana, ci ricorda quanto dobbiamo alle pecore, i miti animali che hanno sostentato la vita umana attraverso i secoli. Ci sono gli attrezzi di un ciabattino che usava fini pelli ovine conciate e ammorbidite per calzare i piedi dei clienti in confortevoli scarpe. Ci sono gli strumenti che servivano a trattare la lana e il latte per fare i formaggi. C’è quello che serve a ricordare la vita che, fino a cinquant’anni fa, era in parte ancora praticata. La lavorazione della lana, però, qui è stata importante solo fino all’ottocento, quando le donne se ne occupavano nei mesi invernali, mentre i mariti erano con le pecore che svernavano in pianura, sul tavoliere delle Puglie. In estate, quando tornavano al paese, le mogli li aiutavano nell’industria armamentaria, smantellata nel 1870. Da allora, il declino nella lavorazione della lana è stato costante, anche a causa della progressiva emigrazione in cerca di lavoro. Il vello era generalmente di colore scuro e serviva per realizzare il tipico mantello a ruota, le uose, i vestiti e le camicie da vendere ai mercati primaverili, che si tenevano anche in regioni lontane.
I bambini scarmigliavano i bioccoli appena tosati, le mamme li cardavano, filavano e tessevano, utilizzando i semplici attrezzi esposti nel museo. Se il filato era bianco, lo si tingeva con sostanze naturali, utilizzando foglie, radici, cortecce. L’unica tinta che si doveva acquistare era l’indaco, pianta di origine indiana, come si deduce dal nome, che non cresce ad altitudini come quelle di Scanno, intorno ai 900 metri. Il suo blu, oltre a colorare, aumenta le proprietà isolanti dal caldo e dal freddo. Il colore verde si otteneva aggiungendo al blu il giallo ricavato dalle foglie di orniello, il frassino dai fiori bianchi e piumosi che dà anche la manna, la linfa dolce ancora usata in Sicilia in pasticceria e come blando medicinale. Le foglie dovevano essere colte entro giugno, prima che si indurissero.
Il rosso si otteneva grazie alla radice di robbia. Usando sostanze acide in aggiunta, si accentuava il colore, mentre si attenuava con quelle alcaline. Il rosso cremisi (detto anche Magenta) che tende al viola, si otteneva schiacciando le cinipi purpureee, parassiti delle piante.
Il mallo delle noci tingeva dal giallo fino all’avana, così come lo faceva la fuliggine. Aggiungendo una sostanza acida si otteneva il nero, che risultava anche dall’impiego del ferro.
Nel museo si trova una valigia di pergamena, che ricorda un altro debito verso le pecore: tosata la lana, già quindici secoli prima di Cristo, a Pergamo trattavano la pelle ovina immergendola in acqua di calce e levigandola con pietra pomice fino a renderla sottile e adatta a tracciare scritti e dipinti sulla sua superficie. Robusta e flessibile, la pergamena è rimasta il materiale prediletto per copiare i preziosi codici miniati del medioevo e ancora oggi si sceglie per i documenti che si vogliono indistruttibili. Capre e vitelli sono stati sacrificati allo stesso scopo e le pelli degli animali più vecchi, per questo più resistenti,
hanno rivestito i tamburi per ritmare la musica, ma anche per trasmettere messaggi col vibrare delle percussioni.
In ogni manufatto umano troviamo dunque l’eco di ciò che lo ha reso possibile, cioè animali e piante. Su di loro l’uomo ha proiettato anche l’immaginazione più profonda: il mito e la religione.
Il maschio della pecora -l’ariete dalle belle corna arrotolate a spirale- è simbolo di impulsività e ardimento, passione e generosità del carattere umano, riconoscibile in chi nasce all’inizio della primavera, quando tutta la natura è percorsa dall’irresistibile impulso amoroso. Nella cultura antica si è impresso il mito del vello d’oro di un ariete alato, mandato dagli dei per salvare i figli di Nefele. Dopo essere stato sacrificato, il suo mantello era diventato conquista di Giasone e degli argonauti. Scanno si trova nella valle del Sagittario, che è il nome del fiume, oltre che del personaggio mitologico antico. Il museo è aperto solo nella bella stagione.
(Anna Cassarino www.ascuoladaglialberi.net)