Dopo troppi anni di forsennata spesa pubblica ci si avvia sulla strada giusta del risparmio. Che
cosa sta succedendo: che i signori seduti sulle poltrone ben incollate al loro
didietro non le vogliono mollare. Facciamo delle semplici considerazioni che
nascono anche dalle notizie apparse sul Gazzettino on-line. Premesso che i
troppi organi pubblici, ora come ora e come sono organizzati, creano una
elefantiaca burocrazia con un elevato costo sulla pelle del cittadino nonché tanti disservizi e lungaggini burocratiche. Ci sono organismi ripetitivi e
pertanto inutili. Perché due Camere? Ne basta una. Perché le 110 Provincie se ci sono le 20 Regioni? Al momento del varo delle Regioni le
Province dovevano essere eliminate. Perché le Prefetture? Perché una miriade di Comuni? Ci sono ben 45 Comuni che vanno da 33 a 100 abitanti. È logico tenere in piedi queste strutture? E i tanti altri con pochissimi Comuni
con pochi residenti? Sono essi una spesa sulla pelle del cittadino. Allora è necessario che la realtà sia guardata in faccia. Con il convincimento che lo stato di fatto non può continuare. È arrivato il momento di riesaminare tutto l’apparato che gestisce lo Stato, in maniera rilevante, decisa e senza
tentennamenti di sorta. Il blaterare di chi vuole sostenere il mantenimento
dello status quo non ha ragione di essere. Quando si legge: "ci sono sindaci e
amministratori (assessori e consiglieri) che, nella maggior parte dei casi,
svolgono gratuitamente la loro funzione, e riescono a supplire alla
mancanza/carenza di personale dipendente, e quindi fanno un po' di tutto. C'e'
chi si occupa dello sfalcio, chi garantisce il rispetto dal Codice
dell'Amministrazione Digitale e si occupa della formazione ai dipendenti in
materia di ICT, chi effettua gli interventi di manutenzione o riparazione e o
svolge il ruolo di operaio generico e chi, all'occorrenza, si occupa della
segreteria in amministrazione, apre e chiude il municipio, sostituisce
l'Ufficiale dell'anagrafe che ha diritto alle ferie ed altro". (il sindaco di
San Valentino in Abruzzo citeriore, Angelo D'Ottavio). È una poco credibile ragion d’essere. O ancora la filosofesca descrizione delle realtà locali che ne fa “Patrizia Boccaccio: NEL MOMENTO IN CUI TUTTA ITALIA si fermava per rilassarsi e
godere di un momento di riposo siamo piombati in un incubo. L’incubo di vedere le nostre realtà, annullate e di trovarci in un Paese diverso, un’Italia senza i suoi borghi che tanto la caratterizzano con tutte le proprie
peculiarità …. Ma quanto turismo, specie quello dell’interno montano, potrebbe esistere e resistere senza la presenza dei piccoli
Comuni sparsi nel territorio? E quanti e quali prodotti tipici potremmo ancora
orgogliosamente offrire al nostro turismo enogastronomico per cui siamo tanto
famosi in Italia e non solo? Eccellenze come il Pecorino di Farindola, il
Pecorino di Castel del Monte, il Farro di Abbateggio, tanto per citarne alcuni,
sono l’emblema dei piccoli Comuni dove sono prodotti.” È questa una dimostrazione di non aver bene afferrato e/o di non avere il senso
del reale. È una dimostrazione di essere lontani dalla realtà. Come si può pensare che accorpando i Comuni, uffici e gestione, si perdono le realtà locali? È un’improvvida sollecitazione a opporsi contro un miglioramento operativo con una
sostanziale diminuzione della spesa pubblica. Le realtà locali restano al loro posto e seguitano a fare oggi quello che hanno sempre
fatto. Avranno più benefici a minor costo. Come si può dire, o meglio, paventare che questa
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situazione, nuova, crea l’incubo che le attuali realtà sono annullate? Accorpando i piccoli Comuni si traslocano, forse, i loro
abitanti per essere sistemati nelle nuove sedi? Che pensieri assurdi che si
tirano fuori. Sono essi utili al mantenimento delle poltrone. È giusto tenere in piedi le attuali strutture o è necessario un violento ridimensionamento a beneficio del popolo? Facciamo una
più approfondita analisi della situazione attuale: lo stato dell’arte dalle statistiche ISTAT ci porta a questa situazione e solo per Comuni fino
a 2.000 abitanti residenti.
Comuni da 30 a 99 residenti n° 45 con residenti pari a n° 3.473; Comuni da 100 a 199 residenti n° 161 con residenti pari a n° 24.672; Comuni da 200 a 299 residenti n° 203 con residenti pari a n° 50.466; Comuni da 300 a 399 residenti n° 213 con residenti pari a n° 75.404; Comuni da 400 a 499 residenti n° 208 con residenti pari a n° 93.389; Comuni da 500 a 599 residenti n° 246 con residenti pari a n° 131.027; Comuni da 600 a 699 residenti n° 221 con residenti pari a n° 143.452; Comuni da 700 a 799 residenti n° 225 con residenti pari a n° 168.340; Comuni da 800 a 899 residenti n° 218 con residenti pari a n° 185.460; Comuni da 900 a 999 residenti n° 209 con residenti pari a n° 198.908; Comuni da 1000 a 1099 residenti n° 181 con residenti pari a n° 189.435; Comuni da 1100 a 1199 residenti n° 174 con residenti pari a n° 200.016; Comuni da 1200 a 1299 residenti n° 192 con residenti pari a n° 240.189; Comuni da 1300 a 1399 residenti n° 164 con residenti pari a n° 221.040; Comuni da 1400 a 1499 residenti n° 186 con residenti pari a n° 269.838; Comuni da 1500 a 1599 residenti n° 146 con residenti pari a n° 487.678; Comuni da 1600 a 1699 residenti n° 162 con residenti pari a n° 267.716; Comuni da 1700 a 1799 residenti n° 139 con residenti pari a n° 243.134; Comuni da 1800 a 1899 residenti n° 123 per residenti pari a n° 227.489; Comuni da 1900 a 1999 residenti n° 125 con residenti pari a n° 243.992.
Per un totale di Comuni n° 3.141 con residenti pari a n° 3.665.118.
Dividendo questo numero di persone per 2.000 (media) si ha come risultato che i
Comuni in Italia si ridurrebbero dagli attuali 8.094 a 6.261. Un notevole
risparmio di spese. (La stessa tabella si può fare includendo i Comuni da 2000 a 4999 abitanti). Quindi, deciso l’accorpamento, fino ad una concorrenza di 2.000 residenti per Comune essi si
ridurrebbero in numero notevole, ben 1.833 unità, con un risparmio di spesa significativo e quindi un miglioramento in termini
di tasse e tributi a carico dei singoli. Se la fusione si porta a 5.000 persone
residenti, il numero dei Comuni scenderebbe della metà. Esiste il piccolo-grande problema per coloro che, legati alla poltrona e ai
privilegi, non la vogliono mollare. Nel corso dei 150 dell’unità d’Italia molti Comuni sono stati accorpati-aggregati eppure le popolazioni che li
abitano non hanno perso la propria identità. ERGO, convinciamoci che i tagli sono i benvenuti e che più sono rilevanti, a questa tornata, molto maggiori saranno i benefici per tutto
il popolo italiano. Oltre i Comuni ci si deve auspicare che: si riducano a soli
350 gli onorevoli, si elimini il Senato o se riduca il contenuto a un numero
minimo per sorveglianza del comportamento delle regioni, si eliminano le 110
province si fondino le piccole regioni. Questo è voler dire puntiamo al risparmio, tagliando in maniera corposa il costo della
politica.
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