LETTERA AL DIRETTORE di Ezio Pelino Sig. Direttore, non sono mai riuscito a capire se il sud d’Italia era una volta economicamente depresso o lo è diventato con i Savoia. Fra storici neoborbonici e storici leghisti, fra nordisti e suddisti non si riesce a disporre di uno studio serio e affidabile. E’ proprio di questi giorni un saggio che sostiene che il Regno delle Due Sicilie era “fino al momento dell’aggressione, uno dei paesi più industrializzati del mondo (terzo, dopo Inghilterra e Francia)”. Sono stato recentemente a Caserta, a S. Leucio. Era nel sette-ottocento una realtà industriale e sociale d’avanguardia nella produzione della seta. Splendidi monumentali palazzi neoclassici, macchine per l’epoca modernissime, case per gli

operai confortevoli, con acqua e servizi igienici, scuola per tutti, promozione della donna. Una sorta di comunità utopica sulle ali dell’Illuminismo d’Oltralpe. Oggi, questa straordinaria archeologia industriale in un contesto di bellezza architettonica da reggia potrebbe richiamare fiumi di turisti, diventare una ricchezza per la città. Invece non c’è nessuno, nemmeno un turista. Deserto. Non una guida, non un audio-guida, un opuscolo illustrativo. Ci dobbiamo accontentare di un accompagnatore di buona volontà ma semianalfabeta. E il tutto manifesta abbandono, trascuratezza, indolenza, caratteristiche tipiche del sud. Viene da domandarsi se quella realtà era solo un  fiore all’occhiello come la ferrovia Napoli-Portci in un contesto depressivo. Oppure, se il nord ha depredato il sud, come è stato possibile nel volgere di poche generazioni strappargli l’anima industriale e progressiva, ridurre i meridionali in terroni, restringerli nel familismo e nel clientelismo e privarli del senso dello Stato?