Un Babbo Natale insolito quello che si è presentato alla porta dell'Assessore Regionale all'Agricoltura  Febbo, quest'anno: non con le renne ma comunque in pieno spirito natalizio, con pastori, pecore e zampogne. Nel segno della migliore tradizione delle nostre valli e montagne, di un territorio in cui da millenni convivono l'equilibrio naturale e produzioni di eccellenza, ma questa ricchezza è costantemente oggetto di pratiche piratesche. “I pirati di oggi non vanno in giro con uncini e bende sugli occhi”, commenta Nunzio Marcelli di Anversa, “eppure sono riconoscibilissimi. Basta entrare in un qualunque supermercato e al banco formaggi troveremo caciotte d'Abruzzo e pecorini che si autoproclamano abruzzesi a grandi lettere ma sono prodotti in Lazio o ancora più in là, ingannando i consumatori ignari e rubando letteralmente la denominazione ai nostri produttori”. Aree ricche di storia e tradizioni, aria pulita e pascoli incontaminati sui quali ancora i pastori portano quotidianamente le greggi: questo è l'immaginario che la nostra Regione continua giustamente ad associare al nome d'Abruzzo, questa è la ricchezza più vera e profonda delle nostre terre, che producono sapori unici, nei quali si ritrovano le erbe

selvatiche e il latte crudo, o l'agnello più tenero e gustoso. Ma che succede quando mercanti pirati applicano queste stesse denominazioni a carni provenienti magari da oltre confine, svendendole alla grande distribuzione a prezzi che mettono del tutto fuori mercato chi vuole continuare a produrre in modo estensivo, rispettoso dei ritmi naturali, biologico? Sulle tavole dei consumatori a Natale come a Pasqua arrivano prodotti che di Abruzzo hanno solo il nome, e questo crea un doppio danno: primo perchè mette in competizione sleale chi produce su questo territorio e chi si appropria solo del suo nome in modo piratesco; secondo, perchè confonde i consumatori che si ritrovano formaggi e carni di dubbia qualità e prodotti spacciati per abruzzesi, e il nome di Abruzzo viene associato a questi prodotti fuori da ogni controllo e da ogni legame col nostro territorio. E' per questo che i pastori e i produttori di filiera d'Abruzzo, questo Natale, hanno voluto inviare un dono simbolico all'Assessore Regionale all'Agricoltura Febbo. Un pacco natalizio che è soprattutto un “pacco” nel senso nazionalpopolare della parola, perchè i produttori abruzzesi vi hanno inserito tutti quei prodotti che si spacciano per abruzzesi,

utilizzando denominazioni come “d'Abruzzo”, abruzzese, della Majella, e così via, ma che di abruzzese non hanno un bel nulla, come si può rilevare facilmente dal luogo di produzione o dal marchio CE obbligatorio, che per esempio per i caseifici localizzati in Abruzzo deve riportare il numero 13.  “Si tratta di prodotti che purtroppo tutti possiamo trovare in quasi tutti i supermercati, e spesso negli Autogrill e anche nei negozi”, aggiunge Marcelli, “un danno ai consumatori e agli onesti produttori abruzzesi, che con questo pacco taroccato vogliono sollecitare le istituzioni a introdurre controlli più rigorosi, per i quali si potrebbero utilizzare per esempio anche i servizi veterinari esistenti senza dover spremere ulteriori risorse in tempi di bilanci pubblici sempre più ristretti”. Oltre ai controlli i produttori chiedono una normativa di tutela della denominazione d'Abruzzo, “perchè – conclude Marcelli – è inutile introdurre nuove denominazioni e disciplinari, se poi non ci sono garanzie per i consumatori e produttori che le istituzioni certifichino la correttezza di quanto indicato in etichetta e che chi se ne appropria piratescamente sia perseguito e punito”.