L’Editoriale

La lezione sulla speranza di Benedetto XVI
di Mario Setta
L’enciclica “Spe salvi” di Bendetto XVI è una lezione rivolta ai cattolici, clero e laicato. Un excursus storico-filosofico, sotto la luce della Fede. Ratzinger non rinuncia al suo stile “cattedratico”, al suo ruolo di  docente, che può permettersi di aggirarsi nei campi avversari per analizzare teoria e prassi, ideologia e storia, utopie e fallimenti.
Richiama l’ossimoro agostiniano della  “dotta ignoranza”, ma non cita Cusano, cardinale, che scrive il suo libro più famoso col titolo  “La dotta ignoranza” e viene  ritenuto dagli studiosi di storia della scienza precursore di Copernico e Galilei. Ed è sintomatico che Ratzinger  tralasci il riferimento alla linea metafisica nella ricerca scientifica  o al  rapporto scienza-fede esposto da Galilei, per soffermarsi a lungo su Francesco Bacone e sull ’utopia della “Nuova Atlantide” rintracciandovi le radici della crisi della speranza cristiana. C’è, da subito, una visione pessimistica della scienza e del progresso.
La  filosofia viene definita “difficile disciplina accademica, come essa si presenta oggi” (n.6), ma nel senso etimologico e originario del termine, filosofia significa amore per il  sapere, tanto che Jaspers ha scritto: “Essa insegna, e non è poco, a non farsi ingannare”.
Ratzinger individua due tappe nel percorso storico tra ‘700 e ‘800: l’illuminismo e la rivoluzione francese per la  borghesia;  il marxismo e la rivoluzione russa per il  proletariato.
Due tappe storiche,  ma anche  due esperienze fallite.
Tra queste posizioni ideologico-politiche, c’è il richiamo a Kant, che prevede  “la possibilità che, accanto alla fine naturale di tutte le cose, se ne verifichi anche una contro natura, perversa. ”  Ma Kant è fiducioso nei confronti dell’uomo, della sua capacità critica, e lancia un inno di lode all’illuminismo,  scrivendo: “L’illuminismo è l’uscita dell’uomo da uno stato di minorità il quale è da imputare a lui stesso. Minorità è l’incapacità di servirsi del proprio intelletto senza la guida di un altro. […] A questo rischiaramento non occorre altro che la libertà; e precisamente la più
inoffensiva di tutte le libertà, quella di fare pubblico uso della propria ragione in tutti i campi.”
Per Engels e Marx, Ratzinger usa parole inusitate dagli ultimi pontefici. Del libro di Engels, “La situazione della classe operaia in Inghilterra” (1845),  parla di descrizione  “in modo sconvolgente” e nelle  opere di Marx  esalta “il vigore di linguaggio e di pensiero”, e la  “grande capacità analitica”. Sembra finalmente  arrivato il tempo in cui il  clero cattolico può leggere, con più di un secolo di  ritardo,   “il Capitale”  di Marx.
La visione di Ratzinger resta  manichea: materialismo e spiritualismo, bene e male. Forse bisognerà attendere un altro  papa che, tra qualche secolo, potrà far proprie le parole di un prete-etnologo, Teilhard De Chardin: “Benedetta sii tu, Materia, nelle altezze serene dove si crede a torto che ti evitino i Santi: Carne cos ì trasparente e mobile, che non riusciamo più a distinguerti da uno spirito”.
E’ tuttavia sorprendente lo sforzo ratzingeriano  di  ricerca, unito alla missione di presentare ai “suoi” (i cattolici) la verità acquisita alla luce della Rivelazione. Di qui il tentativo  di ricorrere all’esegesi biblica, come strumento di ricerca e di approfondimento della verità. In linea, forse, con l’affermazione di Wittgenstein: “tutta la filosofia è critica del linguaggio”.
E c’è, nell’enciclica, un appello profondamente incalzante: l’autocritica. Anche i cristiani devono tornare alle radici, ripartire dalle radici. “Bisogna che nell'autocritica dell'età moderna confluisca anche un'autocritica del cristianesimo moderno, che deve sempre di nuovo imparare a comprendere se stesso a partire dalle proprie radici. ” (n.22) Sembra l’eco delle parole della “Lumen Gentium”: chiesa celeste e chiesa terrestre, chiesa di santi e chiesa di peccatori. Benedetto XVI sottolinea con passione il fatto che ci ò che redime l’uomo è l’amore: “Chi ama Dio non può riservare il denaro per sé”, citando le parole di  san Massimo. E allora? Si può sperare che il papa, oggi, sia capace di   ripetere le parole di Pietro: “Non ho né oro né argento…” ?
 

LETTERA AL DIRETTORE

SUI MARTIRI DI LIMMARI

Sig Direttore,
i lettori  conoscono la petizione  di centinaia di cittadini - primo firmatario il parroco di Pietransieri – che chiede di dedicare ai Martiri di Limmari la via ora intitolata sinistramente al re Vittorio Emanuele III, cio è all’assassino politico dei martiri stessi in qualità di comprimario del fascismo, firmatario della dichiarazione di guerra e vergognoso fuggiasco. Firmatario delle criminali leggi razziste. In tutta Italia non c ’è città o paese che abbia una strada o una piazza dedicata al re Vittorio Emanuele III . A Pietransieri, proprio a Pietransieri, che ha visto massacrare met à della popolazione, sì.
L’assessore di Roccaraso, Denis Di Padova,  sostiene in proposito  che sono “più costruttive” le iniziative del  sindaco di Roccaraso, Armando Cipriani, tese a far dedicare alle vittime una strada del capoluogo di provincia  e un parco della pace. A noi non sembra che ci sia contrapposizione fra le due iniziative. Quelle del sindaco Armando Cipriani - che non conoscevamo - le  condividiamo e caldeggiano, augurandoci sinceramente che vengano realizzate. Vanno nella nostra stessa direzione: onorare e ricordare i martiri di Pietransieri. Non vogliamo assolutamente polemizzare con l ’assessore ma non possiamo condividere una sua singolare affermazione. Che il re Vittorio Emanuele III “è un personaggio realmente esistito e ricordare anche la sua figura e la sua fuga meschina è utile per avere un quadro storico reale e oggettivo”. Ci auguriamo sinceramente che  si tratti di un errore di trascrizione perchè con questa logica dovremmo dedicare le Fosse Ardeatine a Priebke o ad Hitler. Il che è chiaramente assurdo.
Ezio Pelino
Presidente onorario de “Il sentiero della libertà”
 
LA DOMENICA CALCISTICA nella Valle del Sagittario

2ª: CAMPO DI FANO vs COPPITO CALCIO 0-3
2ª: CAGNANO vs FEDERLIBERTAS BUGNARA 5-1
3ª: HOPE 2000: turno di riposo
CAMPO DI FANO - E' arrivata la prima sconfitta in casa per la squadra allenata da Venanzio Ciampa. Nessuna recriminazione, perch é il Coppito Calcio ha dimostrato di essere una buona formazione e di meritare i tre punti e il quinto posto in classifica (utile per accedere ai play-off). L'incontro è stato reso ancor più duro dal terreno pesante. Gli aquilani sono partiti meglio e al 7' sono andati in vantaggio, su un'azione un po' confusa, in seguito a un calcio d'angolo. Il Campo di Fano si è spinto in avanti, ma senza troppa grinta. Al 20' gli ospiti hanno sfruttato un rapido contropiede e sono passati sullo 0-2, risultato con cui si è andati al riposo.
Nella ripresa i gialloverdi padroni di casa hanno giocato con maggiore determinazione e le occasioni per
riaprire il match non sono mancate, ma il gol non è arrivato. Al 75' l'epilogo, con gli ospiti che hanno sfruttato un altro contropiede e hanno segnato lo 0-3. Per il Campo di Fano, che prima dello scadere dei 90' ha colpito un palo, non c' è stato più niente da fare, se non rassegnarsi alla bruciante sconfitta e accantonare per il momento le ambizioni di play-off.

BUGNARA - Sul campo della capolista Cagnano la Federlibertas ha resistito bene per 75', poi ha dovuto arrendersi, causa anche le pessime condizioni del terreno di gioco. La gara è stata dura fin dall'inizio, il Cagnano ha cercato il vantaggio, ma ha avuto solo un paio di opportunit à, nelle quali il debuttante portiere bugnarese Giovanni Bartolomucci (classe '89),
ha dimostrato di avere buone capacità. Per il resto la Federlibertas ha difeso bene fino al 40', quando i locali si sono portati in vantaggio. Il primo tempo è finito 1-0. Nella seconda frazione gli ospiti si sono spinti in avanti e al 60' il solito missile su punizione di Cristian Marinucci è valso l'1-1. Dopo qualche minuto ancora Marinucci con un gran tiro ha sfiorato il palo. La partita è rimasta in equilibrio fino a 15' dal termine, quando il terreno ha raggiunto i limiti della praticabilit à: i difensori della Federlibertas (senza tacchetti di ferro) sono scivolati spesso e gli attaccanti del Cagnano (meglio attrezzati) sono andati a nozze, mettendo a segno ben quattro gol. Il 5-1 finale è un passivo troppo pesante per i ragazzi del mister Giuseppe Verrocchia.
 

NECROLOGIO

VILLALAGO - Si sono svolti ieri, domenica 9 Dicembre, alle ore 11,30, i funerali di MICHELE CIANCARELLI, di anni 85, deceduto il 7 Dicembre nell’ospedale di Sulmona, dov’era ricoverato da alcuni giorni. Condaglianze alla moglie Pasqualina, ai figli Arteo e Domenico, alle nuore e ai nipoti
 
Nelle chiese della nostra Valle è tempo di allestire i presepi
A COCULLO PRESEPE CON LE STATUINE DI AVOLIO
Il maestro dell’arte figulina di Pacentro
COCULLO - Nella Chiesa della Madonna delle Grazie, su iniziativa del consigliere comunale Vincenzo De Cicco, è stata allestito un bellissimo e prezioso presepe. Nelle scene della natività, infatti, rivivono in miniatura le figurine di Giuseppe Avolio. Le statuine del noto maestro dell ’arte figulina hanno un loro indubbio valore. Il consigliere De Cicco, napoletano di origine, ha saputo inserire i vari personaggi in una scenografia del tutto simile a quella dei nostri paesi. Nell ’allestimento del presepe c’è stato anche il contributo di altre persone.
 
Fabio Spinosa Pingue, Presidente dei giovani imprenditori d’Abruzzo,
SUL LAVORO PRECARIO E SERENITA’ SOCIALE A RISCHIO
In occasione della presentazione del libro “Generazione Tuareg”
“La serata di presentazione a Pescara del libro “Generazione Tuareg”, edito da Rubbettino, di Francesco Delzìo, Direttore nazionale Giovani Imprenditori di Confindustria, è stata gravida di spunti particolarmente interessanti sul tema della precarietà. L’invito del Presidente del Consiglio Regionale Marino Roselli alle forze politiche, sindacali e del mondo produttivo a condividere un progetto per diminuire gli effetti devastanti della precariet à viene immediatamente raccolto. I giovani di Confindustria partono dalla considerazione che la precariet à non piace a nessuno: tanto meno agli imprenditori, almeno a quelli che non vivono ancora in mercati protetti o in finti mercati. Sicuramente non piace a chi vive quotidianamente in un immenso mare aperto che è il mercato pieno di insidie, di agguati ma anche di opportunità ed occasioni uniche e straordinarie. Dove sopravvivere dipende solo e soltanto dalla capacit à dell’impresa - intesa come insieme di dipendenti, management, proprietà - di innovare, di creare, di stupire e coccolare il cliente. La precarietà non piace agli imprenditori perché non aiuta a costruire una società serena, una elevata qualità della vita; non aiuta la famiglia. Soprattutto quella lunga crea tensioni, squilibri, incertezze. E ’ devastante per la società e per il mercato. La precarietà si può tollerare solo come strumento per i giovanissimi di ingresso nel mondo del lavoro. I giovani imprenditori sono perfettamente consapevoli che il miglior coinvolgimento possibile dei propri collaboratori nella costruzione del valore, la giusta dose di passione nello svolgere le proprie mansioni non si ottengono con collaborazioni precarie, sporadiche. Soprattutto se durature. Per combattere la precariet à dobbiamo condividere un progetto che veda il coinvolgimento di istituzioni, forze sociali, mondo delle imprese e banche dove ognuno mette la sua parte con l ’obiettivo di costruire un nuovo patto per il lavoro che metta al centro il merito, l ’assunzione di
responsabilità, il costo del lavoro ed il salario del lavoratore. Che è basso. I giovani di Confindustria hanno sufficiente coraggio per riconoscerlo. Non dobbiamo ricorrere all ’aiuto delle dichiarazioni del Governatore Draghi per affermare che il salario netto dei nostri dipendenti è troppo basso. Per farlo crescere ognuno ci deve mettere di suo senza dimenticare che c ’è una competizione globale con una popolazione di circa 2 miliardi di persone che vogliono avere il nostro stesso livello di benessere. Il governo abbassando il costo del lavoro e riducendo il cuneo fiscale, il lavoratore accettando gli strumenti legislativi che favoriscano il licenziamento, l ’introduzione del merito, il legame alla produttività, l’impresa incrementando il salario e la premialità. Le banche favorendo ed agevolando l’accesso al credito e/o mutui per la casa anche a lavoratori con contratti a tempo determinato e/o contratti atipici senza fare discriminazioni tra lavoratori del pubblico impiego e delle imprese private. Come, non di rado, purtroppo avviene. E per iniziare basta solo copiare quello che avviene altrove. Ci sono paesi, nel resto d ’Europa, dove la precarietà è minima perché figlia di una cultura, di una legislazione - di un sistema paese insomma - che permette il licenziamento senza tensioni sociali, senza drammi in quanto lo stesso è foriero di maggiore mobilità e bassi tassi di disoccupazione. E’ accompagnato da maggiori ammortizzatori sociali per sostenere chi perde il lavoro. Non chi rifiuta il lavoro preferendo rimanere in cassa integrazione di fronte ad offerte di lavoro. Non è solo questione di articolo 18. Francesco Delzìo raccomanda alle nuove generazioni di tirare fuori il coraggio. Quello che ha contraddistinto la generazione dei nostri genitori. In un ’era come quella che stiamo vivendo è condicio sine qua non…”

Cordialmente, Fabio Spinosa Pingue
 
lunedi’ 10 Dicembre
santa Vergine Maria di Loreto
martedi’ 11 Dicembre
s. Damaso I papa