INIZIATE LE CELEBRAZIONI PER IL 150° ANNIVERSARIO
DELL’UNITA’ D’ITALIA
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Sono iniziate le celebrazioni per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Il presidente della Repubblica ha presenziato a Quarto(Ge) ed a Marsala (Tp) alla commemorazione dell’epopea di Garibaldi e i suoi Mille.
Trovo giusto dare grande risalto ai valori ed agli uomini che hanno permesso che
l’ Italia divenisse un solo grande Paese.
Sarebbe ingeneroso, dopo il sisma del 4 aprile 2009, da parte mia non riconoscere l’afflato unitario con cui il popolo italiano ha sostenuto moralmente e materialmente la nostra città.
Io credo che se non ci fosse stato un Paese unito il contributo non sarebbe stato così importante.
Non voglio fare del revisionismo di maniera, come alcuni fanno per scopi esclusivamente politici.
Voglio portare alla luce alcuni fatti che io stesso non conoscevo. I libri di storia, almeno quelli delle scuole medie su cui tutti ci siamo formati, ci raccontano che tutti gli Italiani durante il Risorgimento bramassero vivere
in uno Stato Unitario.
Iniziamo il nostro ragionamento partendo dalla struttura sociale di quel tempo e dalla sua divisione in classe:
Nobiltà, borghesia, proletariato urbano, contadini.
La maggioranza della popolazione anelava ad ottenere più libertà , ad usufruire di più diritti, ma solo alcuni intellettuali ed una parte della borghesia aspiravano Stato unitario. Vi erano, peraltro, molti opinioni sulla forma che lo Stato
avrebbe dovuto avere. Molti patrioti volevano che si creasse una struttura
federale.
In buona sostanza meno del 2 % della popolazione concepiva il disegno di un unico Stato sul territorio italiano.
Questa percentuale scenderebbe se si tenesse conto della sola popolazione del Regno delle Due Sicilie, di cui l’Abruzzo era una importante regione.
Le popolazioni rurali dei nostri territori avevano subito in precedenza l’attività punitive degli eserciti francesi guidati da Murat. A Murat si era contrapposto il Brigantaggio fideista, fedele alla Chiesa ed ai Borboni. La gente delle nostre campagne avevano subito angherie da entrambi i contendenti. Malvolentieri avrebbero sopportato l’occupazione da parte di persone che parlavano altre lingue e che, verosimilmente, avrebbero imposte altre leggi ed altre tasse.
Un atro tabù è da sfatare. La storiografia ufficiale ch ha fatto credere che il livello di vita degli Stati del Nord fosse superiore a quello del regno di Napoli.
La maggior parte degli indicatori ci rilevano un’altra verità. Lo Stato meridionale era, in quell’epoca, il terzo per la produzione industriale. La più grande industria metallurgica era la Pietrarca, la quale impiegava 1050 dipendenti. Nello stesso periodo l’ Ansaldo a Genova occupava 400 persone. L’industria, però, era accentra tata intorno alle due capitali: Napoli e Palermo.
Il sistema creditizio del regno borbonico era assolutamente più competitivo rispetto ai competitors degli altri Stati italiani. Il Banco di Napoli praticava il tasso disconto al 3% . Gli armatori genovesi usavano avvalersi di fonti finanziarie napoletane.
La fiscalizzazione era composta da un numero esiguo di imposte e tasse. I governi postunitari per armonizzare il sistema fiscale borbonico a quello
sabaudo dovettero introdurre altri 36 tributi.
Questa situazione socio-economica rendeva il Regno delle Due Sicilie uno Stato
attrattore di immigranti. Ad unificazione avvenuta diviene una regione fornitrice di emigranti.
Un’altra questione si pone sulla guerra di unificazione dell’Italia. I libri di storia ci hanno insegnato che essa iniziò con l’imbarco dei Garibaldini a Quarto e finì con la battaglia sul Volturno e l’incontro di Garibaldi e Vittorio Emanuele II a Teano.
Non fu così e lo dimostra il fatto che ancora nel 1868 il Governo piemontese cercava di risolvere il problema del Brigantaggio.
Raccontiamo i fatti con ordine. Lo Stato unitario italiane era voluto dalle potenze europee, prima fra tutte l’Inghilterra. I Paesi europei volevano una grande Nazione che tenesse a bada i pirati saraceni nel Mediterraneo e consentisse traffici più sicuri. Per questo l’Inghilterra diede il massimo appoggio a Garibaldi. Gli Inglesi consentirono a Garibaldi di sfuggire alla flotta
piemontese ( Cavour non voleva che Generale si prendesse il merito di aver fatta l’Italia. Alcuni scrittori affermano, però che fu lo stesso Primo ministro sabaudo a concordare l’azione di protezione con gli Inglesi) e poi protegendone lo sbarco a Marsala.
In pratica alcune navi inglesi calarono gli ormeggi all’imboccatura del porto di Marsala e fecero da schermo ai due battelli dei Mille.
Le truppe borboniche non difesero la fortezza al mare per evitare di colpire le navi inglesi.
Questa è la versione più benevole, quella più cattiva sostiene che i vertici della Marina militare e dell’Esercito borbonico fossero foraggiati di sterline dal governo di Sua Maestà brittanica.
Il generale Lanza, a capo della difesa di Palermo, fu pagato sicuramente per permettere a Garibaldi di entrare in città senza colpo ferire. I Garibaldini prima e l’esercito piemontese poi non ebbero vita facile nelle campagne Essi si trovarono ad affrontare una sorte di guerriglia, che fu chiamata guerra al Brigantaggio,1 E per vincerla fecero ricorso ad ogni mezzo, anche a quelli più efferati. La repressione della rivolta di Brontè, conclusasi con la distruzione del paese siciliano da parte degli uomini in Camicia Rossa guidati da Nino Bixio, fu il primo atto di una serie di episodi tragici.
I cosidetti Briganti erano autentici partigiani e combattevano con i mezzi che avevano e con le modalità a loro più congeniali. Avevano bisogno della connivenza delle popolazioni locali e sicuramente l’avevano. Spesso godevano di silenzi omertosi degli uomini e donne dei paesi che occupavano.
L’esercito piemontese, che era considerato dalle popolazioni indigene esercito di occupazione,
cercarono di sciogliere il legame tra la gente ed i Briganti con qualsiasi mezzo.
Fu usata perfino la rappresaglia. 45 soldati piemontesi uccisi in battaglia furono vendicati con lo sterminio di
5000 abitanti di Pontelandolfo. Era il 13 agosto 1861. L’imperatore dei Francesi Napoleone III stigmatizzò tale repressione sostenendo che nemmeno i Borboni, che certamente non erano sovrani liberali,sarebbero giunti a tanto.
Un altro modo per stroncare la guerriglia era cercare di abbattere lo spirito degli avversari. I briganti combattevano per il loro Re, ma anche per le loro terre, per le loro bestie. I Piemontesi
usarono, per indebolirli,il sistema di allontanarli dai loro territori.
I prigionieri venivano condotti in carcere al Nord del Paese, carceri che per la loro inadeguatezza sono stati considerati i primi lager. Il piu importante fu quello del Castello delle Fenestrelle a 2000 metri di altitudine sull’Alpi occidentale al confine con la Francia.
Da lì pochi prigionieri uscirono vivi.
I prigionieri meridionali, per evitare i campi di concentramento, avevano un’altra opportunità, potevano andare a combattere nella guerra di Secessione negli Stati Uniti.
Il Governo li vendette agli Stati Confederati. I Sudisti ebbero la cattiva idea di chiamare il battaglione di ex_-briganti :
Legione Garibaldi, ovviamente i soldati non accettarono tale denominazione ed ottennero di chiamarsi Legione italiana.
Una legione Garibaldi esisteva, peraltro, nell’esercito Nordista ed era composta principalmente da emigrati VENETI
Dopo otto anni dall’epopea delle Camice Rosse nel 1968 il Brigantaggio non era ancora vinto.. IL d’Azelio , insieme ad altri liberali piemontesi, riteneva che non conveniva mantenere uno Stato unitario. In effetti a Sud del Fiume Tronto il Governo doveva utilizzare 57 Divisioni..
Ed ai costi di una guerra cosi lunga si assomavano i costi del mantenimento , seppure in condizioni
disumane, dei prigionieri.
Il ministro Luigi Federico Menambri cercò di inviare i soldati del Sud in esilio.. Cercò di creare delle colonie penali lontane dal suolo patrio.
Non avendo l’Italia ancora un Impero coloniale il ministro cercò accordi con Paesi amici. Chiese spazi all’Argentina, alla Tunisia, all’Inghilterra ed all’Olanda ( per le loro colonie americane).
Il Governo italiano ricevette da tutti i Paesi contattati un fermo e cortese
rifiuto.
Felice Gentile
Alcuni scrittoriri ritengono che dopo l’unificazione il Brigantaggio fosse qualcosa di più del banditismo endemico. Era una sorte di “banditismo sociale” che s i ponevain difesa di un proprio modo di vivere ed allo stesso tempo
cercava di conquistare diritti. Diritti, per esempio la proprietà delle terre incolte,che non avevano sotto i Borbonie non avevano conquistato
con Garibaldi, né, tantomeno, con l’avvento dei Savoia.
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